“Magnus Norman sarà il nuovo allenatore di Jannik Sinner“. A chi segue il tennis, anche per i meno avvezzi, la notizia non sarà di certo sfuggita. Manca l’annuncio ufficiale, ma salvo sorprese dell’ultimo momento sarà lo svedese il super coach a cui l’altoatesino affiderà le sue ambizioni. Tifosi di Sinner e media (sportivi e non) andati fin da subito su di giri. Ma adesso la prossima domanda è: chi è Magnus Norman? Per gli appassionati di tennis non si tratta sicuramente di un nome nuovo, ma il suo (probabilissimo) ingresso nel team di Jannik ci dà l’occasione di tracciare insieme il suo identikit.
Magnus Norman è nato il 30 maggio 1976 a Filipstad, un piccolo comune svedese di poco più di 6 mila abitanti a 300 km di distanza da Stoccolma. Inizia a giocare a tennis all’età di otto anni, quando la nonna gli regala la prima racchetta per il suo compleanno. Nel 1992 gioca nella capitale scandinava il suo primo torneo ATP, passando per le qualificazioni e perdendo al primo turno. In quello stesso anno, entra anche nella nazionale svedese di bandy (uno sport nazionale simile all’hockey e praticato anche dal padre Leif e dal fratello Marcus). Nel 1995, invece, l’ingresso ufficiale nei pro di tennis dopo una serie di tornei Satellites giocati nei due anni precedenti.
Da quel momento, Norman inizia una carriera che lo porterà a vincere 12 tornei ATP, a raggiungere una finale al Roland Garros nel 2000 (persa in quattro set contro il brasiliano Gustavo Kuerten) e, nella stessa stagione, a vederne il culmine con la seconda posizione del ranking. Nel mezzo, anche la vittoria della Coppa Davis con la Svezia nel 1998, nella finale giocata contro l’Italia a Milano. In quell’occasione, lo scandinavo portò il primo punto alla sua nazionale approfittando del ritiro a match in corso di Andrea Gaudenzi, oggi presidente dell’ATP.
LA CARRIERA DA ALLENATORE – Nel 2003 Norman gioca l’ultimo match della carriera, ai quarti di finale a Shanghai, prima di mettere fine all’attività agonistica pochi mesi dopo, a soli 27 anni, per il susseguirsi di problemi alle anche e al ginocchio destro. Cinque anni più tardi, l’inizio della carriera da allenatore. Le prime esperienze sono come coach dei connazionali Thomas Johansson e Robin Söderling, che aiuterà a raggiungere due finali del Roland Garros nel 2009 e nel 2010. Ma è con Stanislas Wawrinka che lo svedese ottiene i migliori risultati dalla panchina, portandolo a grandi traguardi nell’era dei Fab Four. Norman ha allenato lo svizzero nel periodo migliore della sua carriera, contribuendo ai tre successi Slam di Wawrinka: Australian Open 2014, Roland Garros 2015 e US Open 2016. Grazie a quest’ultimo trionfo, nello stesso anno lo svedese ha vinto l’inaugurale premio come ATP Coach of the Year.
Suo allenatore dal 2013, con una breve pausa tra il 2017 e il 2018, Wawrinka ha parlato così di Norman quando i due hanno messo fine al loro rapporto di lavoro nel 2020: “Abbiamo avuto un rapporto solido, piacevole e di grande successo. Abbiamo raggiunto insieme il top in questo sport e voglio ringraziarlo per avermi aiutato a vincere tutto ciò che ho sempre sognato di vincere. È stato un allenatore fantastico, un amico e un mentore. Lo voglio ringraziare pubblicamente per tutto il suo duro lavoro e la sua dedizione per rendermi un tennista migliore. Vincere tre titoli dello Slam è stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita e non ce l’avrei fatta senza di lui“.
IL FUTURO – Insomma, è certo che Sinner si stia affidando a mani sicure. Il cambio di allenatore non sarà un passo semplice nella sua carriera, è chiaro, ma l’età di Jannik e l’esperienza del coach svedese potrebbero portare a un felice connubio. L’obiettivo è chiaro: salire in classifica sempre più su nella top-10 e raggiungere risultati Slam più soddisfacenti. Non che i due quarti di finale a Melbourne e Parigi siano di poco conto, anzi. Il lavoro fatto da Riccardo Piatti e dal suo staff, sin da quando Sinner aveva tredici anni, lo ha portato ad una notevole precocità. A Magnus Norman adesso il compito di non far rimpiangere l’allenatore italiano (che per il suo lavoro con l’altoatesino ha ottenuto il premio di coach dell’anno ATP nel 2019), mentre Jannik dovrà dimostrare con i risultati sul campo che un cambio in panchina era necessario. Ci riusciranno? Così come Manzoni si interrogò su Napoleone: “Ai posteri l’ardua sentenza“.