[2] A. Rublev b. [Q] J. Vesely 6-3 6-4
Era stata una settimana da sogno finora, quella di Jiri Vesely. Ha eliminato, nell’ordine, per arrivare in finale: Cilic (ex n.3), Bautista Agut (ex n.9), Djokovic (n.1, che ha perso il trono a causa sua) e in tre tie-break degni di un thriller Shapovalov (n.12 ed ex n.10); sembrava tutto apparecchiato per una delle più belle imprese viste negli ultimi anni del circuito, una di quelle sorprese che arricchiscono il nostro sport. Peccato che Andrey Rublev, dall’altra parte, non la pensasse esattamente così. Anche il russo aveva sofferto, seppur con avversari certamente meno probanti, nel corso della settimana, dovendo rimontare ben tre volte da un set di svantaggio; ma veniva dal titolo di domenica scorsa a Marsiglia, e sembrava finalmente aver trovato il suo miglior tennis, quello che gli ha permesso di essere il miglior giocatore negli ATP 500 tra il 2020 e il 2021. Infatti ha vinto ben quattro tornei, tutti diversi, appartenenti a questa categoria, e ha un record di 36-4 (ben 11 vittorie in più del secondo migliore nello spazio di tempo considerato, Tsitsipas).
Oggi ha portato a casa il quinto 500 diverso, ma soprattutto il secondo torneo in una settimana e il decimo della carriera, raggiungendo quindi la doppia cifra di vittorie e diventando il secondo giocatore con questi numeri dai nati dal 1997 in giù, insieme ai 19 di Zverev. Dall’altra parte esce senza troppi rimpianti Jiri Vesely, che ha già fatto ben più del dovuto arrivando fin qui e che oggi, come si evince dal punteggio, salvo un breve blackout a metà del secondo set, niente ha potuto contro la costanza e l’incisività del russo, in solido controllo dall’inizio alla fine. Scala in ogni caso quasi 50 posizioni in classifica il ceco, da lunedì passerà da numero 123 a numero 74 rientrando nella top 100 dopo la triste discesa; Rublev invece risorpassa Berrettini, seppur di poco, al numero 6.
IL MATCH – dall’inizio subito Rublev si dimostra solidissimo al servizio, con tanti ace e tante prime (chiuderà con un buon 72% di punti vinti al servizio e soprattutto concedendo un solo break in tutto il match), lasciando meno delle briciole all’avversario. Da parte sua Vesely doveva sfruttare quantomeno al meglio la sua arma più importante: il servizio, cercando di variare il più possibile così da togliere riferimenti al russo, e non permettergli di incidere con il suo super dritto da fondo. Ma nella pratica non riesce ad applicare il tutto, e già nel quarto game (in cui commette anche due doppi falli) regala due palle break a Rublev, che capitalizza di classe la seconda, con una bella risposta bloccata e forzando poi all’errore Vesely. Ottenuto il break, il primo set si conclude velocemente e senza nessuno squillo, né di ritrovato equilibrio né di qualche giocata degna di nota; uno spartito eseguito unicamente da un Rublev tra i migliori visti negli ultimi mesi, privo di sbavature e spaventosamente calmo; Vesely non può fare altro che cercare di arginare il fiume che lo sta travolgendo.
Il secondo parziale sembra seguire a specchio il copione del primo, con un Vesely totalmente in balia di Rublev, incapace di entrare veramente in partita ed esprimere il suo tennis d’attacco, da erbivori vecchia scuola. Addirittura il break arriva nel game di apertura, con un po’ di fortuna per il russo (un nastro frena il suo dritto e una risposta giudicata out viene salvata dal challenge) che sembrano aprire le porte a un cammino tranquillo alla vittoria del numero 7 al mondo. A maggior ragione se consideriamo le due palle break che ha Rublev sull’1-3 e che avevano il sapore di match point; a questo punto, per la prima volta nel match, sembra scattare finalmente qualcosa in Jiri Vesely, che ritrova il servizio e si salva d’orgoglio a un passo dal baratro. Rientra del tutto ottenendo un insperato break nel game successivo, sul primo (e unico) passo falso di Rublev: sul secondo punto del game, avanti 15-0, il russo lamenta con veemenza una distrazione e riesce anche a beccarsi un warning, prendendo a giocare in maniera decisamente nervosa e frustrata, perdendo la prima e regalando tanto, troppo al ceco, che è bravissimo a buttarsi nella prima piccola crepa offerta dall’avversario. Riesce così a recuperare il break e prendersi un bel vantaggio emotivo. Il livello del tennis si alza sensibilmente in questo game e in quello immediatamente successivo, strappando finalmente qualche applauso convinto a un pubblico che solo poco prima era ormai pronto ad andare a casa.
Ma, purtroppo per Vesely, questo effetto si esaurisce subito: torna a commettere errori grossolani e doppi falli, lasciando troppo campo e facendo recuperare fiducia a Rublev, che subito ritrova il break (omaggiato gentilmente da un doppio fallo del ceco) e da lì si avvia con disinvoltura alla vittoria del torneo. Chiude 6-3 6-4 sul secondo match point, con Vesely che, con onore fino alla fine, prova a battersi, ma nulla ha potuto quest’oggi contro un Rublev sublime in ogni aspetto del gioco: debordante al servizio, incisivo al massimo da fondo (specie col suo drittone), calmo nelle fasi calde. Crolla in ginocchio alla fine Andrey, in lacrime: un titolo che vale molto di più del semplice trofeo e dei punti in classifica, in un periodo così delicato anche per tutti i russi, specie per lui che si è esposto pubblicamente contro la guerra. Ha ritrovato il suo miglior tennis nel momento forse più difficile, e non resta che alzarsi in piedi ed applaudire un grande giocatore, troppo spesso sottovalutato e non celebrato abbastanza.