In molti erano già pronti a celebrare, ancora una volta, l’ennesimo trionfo di Rafael Nadal, l’ercole di Manacor che mai, fino a ieri, aveva perso durante questa stagione. Dopo il successo in semifinale contro Alcaraz, in cui si era ancora una volta salvato dopo essere stato a pochi punti dal baratro salvo poi uscirne vincitore, il più sembrava fatto. Uno stato di salute non ottimale del 21 volte campione slam ha però rimescolato le carte e, almeno in parte, condizionato la finale. “Mi sembra di avere un ago piantato nel petto”, ha dichiarato Nadal nella conferenza stampa post partita, ma sarebbe ingiusto non riconoscere ampi meriti a Taylor Fritz. Considerando che, tra l’altro, nemmeno lui si presentava all’incontro più importante della carriera nelle migliori condizioni, dato che aveva dovuto rinunciare al riscaldamento mattutino sullo Stadium 1 per un problema alla caviglia destra.
Eppure, nonostante questo inconveniente, il 24enne statunitense ha fulminato Rafa in avvio, ne ha arginato il rientro sul finire del primo set e, nel momento cruciale della partita, ha approfittato di due inusuali e inattesi errori del maiorchino, chiudendo 6-3 7-6 (5) al secondo match point e lasciandosi andare alle irrefrenabili lacrime di gioia. Le stesse lacrime che hanno poi felicemente lambito il trofeo, permettendogli di diventare il più giovane campione al BNP Paribas Open da Novak Djokovic nel 2011 (allora il serbo trionfò a 23 anni e 303 giorni, Taylor ci è riuscito a 24 anni e 143 giorni) e il primo a vincere “in casa” da Andre Agassi nel 2001. Fritz è inoltre divenuto il più giovane tennista a stelle e strisce a conquistare il torneo di Indian Wells da Michael Chang nel 1996 e, in generale, il più giovane statunitense a vincere un Masters1000 da Andy Roddick nel 2006 (quando l’ex numero uno del mondo alzò al cielo il trofeo di Cincinnati).
Da tempo – ma addirittura troppo poco, probabilmente, viste le sue qualità – Fritz si trova a lottare con i migliori giocatori del panorama mondiale e, volendo un po’ romanzare la sua storia, si può ipotizzare che questo stesso torneo gli abbia regalato l’attesa scintilla per l’esplosione definitiva, dato che proprio qui, lo scorso anno, era giunto fino alla semifinale, respinto poi da Basilashvili. Ci sarà ovviamente grande attesa per il Miami Open, a cui Fritz arriverà da imbattuto. Un torneo che, anche vista l’assenza di quel Nadal apparentemente inscalfibile, lascia diversi spiragli per gli outsider. Compreso, chiaramente, il 24enne di San Diego.
C’è ancora qualche dato interessante a proposito dell’impresa californiana di Fritz, che diventa il quarto campione diverso negli ultimi quattro anni dopo che, per vedere quattro vincitori distinti prima del 2018, si sono rese necessarie 14 edizioni. Dal 2004 al 2017, infatti, Indian Wells è stato vinto cinque volte da Federer (2004, 2005, 2006, 2012, 2017) e Djokovic (2008, 2011, 2014, 2015, 2016), tre da Nadal (2007, 2009, 2013) e una da Ljubicic (2010). Al contrario, negli ultimi quattro casi a trionfare sono stati quattro tennisti diversi, tutti alla loro prima vittoria in un Masters 1000. Parliamo di Del Potro (2018, battuto Federer 6-4 6-7 7-6), Thiem (2019, ancora su Federer, 3-6 6-3 7-5), Norrie (2021, affermatosi contro Basilashvili 3-6 6-4 6-1) e, da quest’anno, si è aggiunto anche il californiano. Che da ieri è il nuovo numero 13 del mondo – si tratta di best ranking per lui – e, ancor più saldamente, il primo statunitense in graduatoria (seguono Opelka, 18esimo e Isner, 22esimo). Sarà chiaramente complicato riportare il tennis a stelle e strisce nei suoi lidi abituali, ma se c’è qualcuno che, oggi e domani, potrà caricarsi sulle spalle questo grande onere, il nome più pronto e immediato sembra proprio quello di Taylor Fritz.