Compie 87 anni la musa del tennis italiano, Lea Pericoli. Una vita piena tra amori, tennis e merletti senza dimenticare mai la sua infanzia Africana
Non è mai chiaro tutto dall’inizio, men che meno se la protagonista si chiama Lea Pericoli. Compie 87 anni “La Divina” come è stata battezzata dal suo grande amico Gianni Clerici, forse perché in campo ricordava per eleganza l’altra divina Suzanne Lenglen, o forse perché era bella da far perdere la testa, a Pietrangeli in primis.
GLI INIZI – Lea Pericoli è italiana di nascita ma è cresciuta ad Addis Abeba dove il padre, grande uomo d’affari, trasferisce la famiglia in seguito alla Guerra d’Etiopia. Poi la Seconda Guerra Mondiale, le bombe, la paura, e il padre fatto prigioniero nel campo di concentramento di Dire Daua. Viene liberato dal Negus, Hailé Selassié, e nominato direttore dei trasporti d’Etiopia. Lea studia in un collegio di suora a Nairobi in Kenya, dove si parla solo inglese perché all’epoca il Kenya era colonia britannica. Successivamente il ritorno in Italia e da lì il tennis. Pronti via e sono subito successi: arriva il titolo nazionale juniores in due anni consecutivi 1952 e ’53. “I miei successi più emozionanti” dirà in seguito. Ma il tennis di quegli anni è un mondo chiuso: le gonne mai troppo corte e il colore bianco dei completini imposto non solo a Wimbledon. Pertanto fece scalpore la sua apparizione proprio al torneo di Wimbledon del 1955 contro la spagnola Maria Josefa-De Riba, dove vestita dallo stilista britannico Ted Tinling, Lea si presenta con sottogonna di tulle rosa in tinta con mutandine e calze. Terremoto a Church Road. Il padre minaccia di non farle più prendere in mano una racchetta, ma il destino di Lea è segnato.
LA GLORIA – Il 1962 resta secondo molti il suo anno migliore: campionati internazionali a Palermo, finalista a Mosca, quarti di finale agli internazionali d’Italia e finale nel doppio (persa 6-4 6-4 contro Maria Bueno e Darlene Hard) in coppia con la sua storica compagna Silvana Lazzarino. Si rifaranno agli assoluti italiani di ottobre dove vinceranno il titoli in doppio (sesto); per Lea il successo anche in singolare (secondo). È la consacrazione. Rimangono impresse nella memoria le tre vittorie consecutive a Monte Carlo in coppia con Lazzarino nel ’64-’65-’66; l’anno d’oro degli Open di Francia 1964 dove raggiunge gli ottavi in singolare (perdendo contro la vincitrice Margaret Smith) e la semifinale in doppio (sconfitte dalle vincitrici Margaret Smith-Lesley Turner); senza dimenticare gli ottavi a Wimbledon a trent’anni. La battaglia più bella? Quella contro il tumore che l’aveva colpita al collo dell’utero nel 1973. “Fu decisiva la spinta del professor Veronesi – disse Lea -. In quegli anni si faticava a nominarlo, il tumore, il cancro. Era il male inguaribile, da tener nascosto, quasi fosse una vergogna”. Sei mesi dopo l’intervento chirurgico vince il campionato italiano: quel risultato “Valeva cento conferenze, era la conferma che con una diagnosi precoce, come nel mio caso, si continua a vivere“. Una lezione di vita.
AFRICA E BILANCI – Dopo il suo ritiro nel 1975 Lea intraprende la carriera di scrittrice: dapprima su “Il Giornale” di Montanelli che la chiama affettuosamente “Un coniglio coraggioso” e la incoraggia a scrivere un libro. Nasce così “Questa magnifica vita”, libro autobiografico a cui ne seguiranno poi molti altri. Tra questi “Maldafrica” perché il cordone ombelicale che la lega a quella terra è ancora solido; in Africa ci tornava ogni anno – almeno fino a prima della pandemia -, soprattutto “In Kenya, perché Etiopia ed Eritrea sono diventate mete a rischio”. Oggi Lea si occupa di attività benefiche per chi come lei ha sofferto di malattie terribili. Lei sempre dalla parte delle donne, sempre in prima linea, sempre a metterci la faccia. “Ho avuto una vita meravigliosa e ogni giorno sono grata. Ho avuto tanti amori importanti, anche dolorosi, e vivo da sola, ma convivo bene con me stessa, mi parlo e mi rispondo. E ho tanti amici. Nicola (Pietrangeli) dice che solo i cretini non hanno rimpianti, sarò cretina ma non ne ho”. Cara Lea i rimpianti sono per noi mortali, non certo per chi è stata e sarà per sempre Divina.