[1] D.Medvedev b. J.Brooksby 7-5 6-1
Se dovessimo dare un titolo a questi due set, tanto simili quanto lo sono il giorno e la notte, non servirebbe neanche un così eccessivo sforzo di fantasia. L’avvincente, intenso primo set potrebbe chiamarsi :” Il gioco della morte dà alla vita il suo valore“, visto il rientro di Daniil Medvedev proprio a un passo dal capitolare e perdere il primo set del suo torneo; mentre il pessimo, orrido secondo set in cui è stato strapazzato dall’inizio alla fine il povero Jenson Brooskby, e potremmo definirlo: “Il silenzio degli innocenti“. Tanto è stata abissale la differenza mostrata nel secondo set dal russo, dopo la paura avuta nel primo set, nel quale proprio alla fine è riuscito a risalire, approfittando anche del braccino ovviamente accusato dall’americano al momento di servire per il set, che ha riflettuto forse un po’ troppo su chi ci fosse dall’altra parte della rete. In fin dei conti chiude dunque meritatamente il russo, che offre una prestazione devastante al servizio, fondamentale in cui migliora sempre di più, servendo tantissimi ace e chiamandolo a raccolta nel momento del bisogno, come ora andremo a vedere.
Il match- l’inizio è pessimo per Medvedev, che subito subisce il break, clamorosamente: doppio fallo e non eccellenti le scelte di Daniil, che sulla palla break attacca e sceglie erroneamente l’unico angolo coperto da Brooksby per chiudere, che lo passa facilmente di rovescio; quindi grande inizio dell’americano. Continua poi l’inizio da sogno per l’americano, che tiene il servizio a 0 mostrando un tennis che quasi sembra aver rubato al suo avversario, ed è cristallino; inizia bene anche in risposta con un punto da grande attaccante, ma poi esce la classe del russo, che chiama anche il servizio in aiuto per tenere il game, e issarsi sull’1-2. Da vedere quanto possa però durare questo ritmo del numero 39. Continua la corsa folle di questo super Brooksby: tiene a 30 ma con grandi giocate e creando difficoltà cambiando tantissimo ritmo; seguono due palle break consecutive per il doppio break in seguito, ma arrivano due ace e grandi servizi messi dentro dal russo, che prova ad entrare mentalmente in partita. Si inizia poi a scambiare tanto, Medvedev prova a metterla sul palleggio e gli frutta il primo punto…ma l’americano non accenna a calare questo livello incredibile che sta tenendo finora, e infila 4 punti consecutivi; nel settimo game Daniil costretto ancora ai vantaggi, in un gioco lungo e intenso determinato dalla scioltezza e dalla serenità di Brooksby, che tira a tutto braccio e cambia con questo suo stile molto particolare e poco ortodosso di giocare, ma il carisma e il servizio di Medvedev fanno la voce grossa.
Quelli che arrivano dopo sono due game anonimi come punteggio, entrambi a 15, ma che fanno riflettere: Brooksby non ha concesso neanche una palla break o vantaggi, e il russo è ben lontano dalla sola idea di controbreak, senza servizio sarebbe stata una debacle totale. Ma applausi per l’americano, che sta domando, giocando sopra il proprio livello un Medvedev sottoritmo. Ma proprio sull’orlo del baratro, nel decimo game, rientra il grande campione, anche per un po’ di timore di Brooskby: varia male con un dritto in back troppo morbido sul 30-15, poi si scambia e non regge stavolta il ragazzo, che commette un grave errore sulla palla break. Poi mantiene convincendo a 0 nell’undicesimo game il russo, che inizia a mettere paura come ci si aspettava all’inizio, e psicologicamente può svoltare. C’è il punto del match sul 30-15, che sembra una gara a chi non vuole chiudere il punto, ma alla fine la spunta Medvedev che porta a casa il punto e poi il set, anche con qualche mano di Brooskby, in crollo più che in calo; due errori danno il set al russo, che ha saputo rientrare al momento giusto senza dare respiro all’americano, che non ha retto la pressione sul momento di gloria.
L’inizio da incubo nel secondo parziale è per Jenson Brooksby, che sembra aver oramai già alzato bandiera bianca: primo game che scivola via rapidamente, poi arriva il break a 0 da parte della tds n.1 , propiziato da 4 errori dell’avversario che tenta di variare il più possibile, e alla lunga lo fa troppo e non gli dice bene. Conferma a 15 il break Medvedev, con un dritto violentissimo sul terzo punto che sa tanto di sfogo e di dimostrazione di superiorità e della pressione che riesce ad incutere. Appare compromessa ormai per Jenson. Arriva qualche segnale, neanche così timido, da parte di Brooksby: tiene il servizio a 30 lottando e scambiando, cacciando qualche sprazzo di ciò che si era visto nei primi 40 minuti, trova anche un paio di vincenti, per quanto Medvedev spinga comunque come fosse lui ad essere in svantaggio, a dimostrazione che ora ha azzannato la partita. Tiene poi il quinto game a 0, senza neanche usare la racchetta quasi.
Chiude infine 6-1 con molta facilità il russo, approfittando del crollo di Brooksby nel sesto game, che cede ancora una volta il servizio a 0, anche se ormai la resa era ben chiara già dal 5-5 del primo set a dirla tutta, il vero crocevia del match. Prova a variare e a giocarsela con orgoglio fino alla fine l’americano, ma non ha abbastanza armi per le lunghe leve e le dolci mani di Daniil, che si afferma di prepotenza e con merito, lasciando meno delle briciole nel secondo set all’americano, che comunque esce a testa altissima. Ha giocato molto sopra le sue possibilità per un set Jenson Brooksby, ma spesso da queste sconfitte c’è da imparare quasi più di certe vittorie. Prosegue dunque la caccia per riprendersi il trono del suo breve regno per Medvedev (più o meno un mese dopo l’esordio), che è a solo una partita dal traguardo, e cioè il quarto di finale che disputerà giovedì contro il vincente della sfida tra Lloyd Harris, giustiziere di Denis Shapovalov, e il campione in carica Hubert Hurkacz, che cercherà di andare più avanti possibile per spezzare la maledizione dei campioni di Miami (l’ultimo a confermarsi fu Djokovic nel 2016). In ogni caso stiamo vedendo un uomo in missione in Daniil Medvedev, che vuole più di tutto tornare a guardare il circuito dall’alto verso il basso con il suo ghigno ironico, e anche con grande umanità, come mostra l’allegria del post partita.