Da Madrid, il nostro inviato
Una mezz’oretta dopo il termine del match, un tranquillo Alexander Zverev si presenta in conferenza stampa con i capelli un po’ scompigliati e uno sguardo che suscita compassione, quasi lucido. Checché se ne dica, il tedesco è un grande professionista di questo sport e sin dalla prima risposta ci ha tenuto spiegare chiaramente la sensazione. Nella finale con Alcaraz non c’è mai stata una vera partita e dunque non c’è nulla di tecnico da analizzare; i motivi di questo risultato così netto vanno cercati altrove, ed in particolare nella programmazione del Mutua Madrid Open che ormai ci ha abituato a sessioni serali che sconfinano abbondantemente nel notturno. “Lui sta giocando alla grande e non ci sono dubbi al riguardo. Ma c’è una cosa che voglio dire: il lavoro dell’ATP è stata una disgrazia assoluta questa settimana” ha esordito pacatamente Zverev.
ll suo discorso chiaro e semplice, non fa una piega: “Due giorni fa sono andato a dormire alle 4, 4:30 di notte, ieri alle 5:20; capisci, qualsiasi persona normale se va a dormire una sera alle quattro e quella dopo alle cinque avrà problemi anche solo a svegliarsi la mattina dopo. Quindi per me giocare una finale in un mille, contro Carlos Alcaraz, quello che io ritengo sia il giocatore più forte del mondo, non è facile”. Il tedesco dice tutto questo con una voce quasi tremante, con nessuna arroganza, e anzi fa quasi intimorendosi nel dire le cose come stanno. “In questo momento sono… un pochino arrabbiato mi verrebbe da dire, perché non avevo coordinazione, non avevo coordinazione al servizio, nei colpi da fondo, ho sbagliato due smash perché vedevo la pallina e poi tutto si muoveva nella mia testa. Non voglio togliere nulla a Carlos; oggi forse anche se fossi stato fresco non avrei vinto oggi ma sarebbe stato un altro match, avrei avuto la possibilità di lottare, ma se vai a dormire alle quattro il giorno dopo sei morto. Io invece il giorno dopo ho giocato”.
Zverev ad alcuni potrà anche apparire ripetitivo in questa conferenza stampa, ma la programmazione dell’ATP 1000 ha troppo influenzato l’esito della finale per non poter rimanere su questo tema. “La cosa mi infastidisce perché ci priva di un gran match; tutti nello stadio volevano vedere Carlos vincere ma nessuno vuole vedere un match così. Tutti vogliono vedere un grande match ma per me così non è possibile. Anche io sono umano, non un robot; semplicemente non ci riesco. Non posso essere al mio livello se questo capita ogni singola notte. Ci rimango male e deluso perché alla fine tutti si dimenticano di questo; nessuno ne parla. Tutti dicono ‘è stato un brutto match, ha commesso doppi falli, ecc’, ma io dico guardate con attenzione cos’è accaduto in precedenza, guardate il dietro le quinte, perché non è tutto sommato giusto, credo”.
Quando durante la premiazione il n.3 del mondo aveva espresso il suo grande apprezzamento per questo torneo, non era ruffianeria, e quindi la delusione per l’insufficiente prestazione odierna è evidente. “Mi sento triste per la finale che abbiamo giocato perché sarebbe potuta essere una bella finale, un gran match, ma non ho avuto affatto alcuna possibilità di essere me stesso, di giocare al mio livello. E non è neanche la prima volta che mi succede: ad Acapulco ho giocato fino alle cinque del mattino. Ho giocato fino alle cinque! Sono rimasto sveglio fino alle otto. Ormai sta diventando un’abitudine e io onestamente sto iniziando a stancarmi”.
“Oggi già nel riscaldamento ci eravamo accorti che sarebbe stata dura. Non avevo il timing sulla palla e il tennis è uno sport di rapidità. Per giocare contro i migliori devi stare al tuo meglio altrimenti non hai chance, e io oggi non ne ho avuto… neanche una palla break. Da fondo avevo davvero poche possibilità di fare il punto. Ancora una volta non voglio togliere nulla a Carlos, ma almeno avrei voluto avere la possibilità di poter lottare con lui. Oggi invece mi arrivavano le palle a 200 kmh e la testa mi girava ancora”.