Stefanos Tsitsipas disputerà domenica la sua prima finale al Foro Italico. Vittorioso in tre set contro Alexander Zverev, Stefanos (campione a Montecarlo nel 2021 e nel 2022 e finalista al Roland Garros l’anno scorso) è indiscutibilmente uno dei grandi protagonisti sul rosso negli ultimi due anni.
[bbvideo id=4817304].
Qual è stata la chiave della vittoria in semifinale?
“È stata una battaglia di servizi” ammette il greco, “una lotta per prendere il primo punto dopo la battuta e mettere pressione all’avversario, cosa che sono riuscito a fare veramente bene nel terzo set. E, in certi momenti, ho visto che lui è stato più impaziente”.
Pensando ai confronti sulla terra contro Djokovic, verranno certamente in mente a Tsitsipas i due match disputati al Roland Garros, entrambi persi al quinto. Cosa è successo e come sarà domani (qualora vincesse il serbo)?
“Traggo sempre delle lezioni da ogni match con questi giocatori. Sono tennisti completi e il margine è molto sottile quando si affrontano questi avversari. Li ho analizzati bene quei match e alcune cose non hanno funzionato per me quando ero in vantaggio due set a zero al Roland Garros“.
[EDITORIALE] Swiatek-Jabeur e Djokovic-Tsitsipas: perché è molto facile sbagliare il pronostico per entrambe le finali
Che cosa significa essere in finale a Roma per Stefanos? È diverso rispetto a Montecarlo o a Madrid?
“Diciamolo pure, ci sono posti che hanno un posto speciale nel cuore. Per me, Montecarlo è stato il pimo club che ho visitato quando ero bambino e cominciavo a viaggiare nel sud della Francia per disputare i tornei locali. Poi ho visto il nome di mia madre inciso tra i vincitori del torneo, sono ricordi molto vivi. Ma Roma è più simile al mio paese, e quando sono qui mi sembra di essere ad Atene. ”.
Da adolescente, Stefanos ha giocato per il club di Galatina e ne ha un bellissimo ricordo: “Le persone erano molto gentili con me e mio padre. Se ho imparato l’italiano? Mi ricordo alcune frasi e capisco molte cose quando mi parlano in italiano. Ma sono un po’ timido. Comunque, il mio detto preferito è: ‘una faccia, una razza’, il che è vero”.