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[6] C. Alcaraz b. A. Ramos-Viñolas 6-1 6-7(7) 5-7 7-6(2) 6-4
Potevamo sorprendervi con le uscite speciali di Stefanos Tsitsipas e Sascha Zverev, finiti e poi resuscitati da due set sotto rispettivamente con Lorenzo Musetti e Sebastian Baez, ma la scienza pareva troppo poco e abbiamo puntato tutto sulla fantascienza. Albert Ramos-Viñolas è andato vicinissimo all’imprevedibile colpaccio di giornata, è arrivato al match point nel quarto gioco, è andato avanti 3-0 nel quinto – lui che aveva sempre vinto sulla lunga distanza a Parigi – però, dopo quattro ore e trentaquattro minuti, è stato Carlos Alcaraz ad alzare le braccia al cielo. 74 vincenti e altrettanti non forzati, 8 palle break trasformate su 31 e una sola salvata delle 7 concesse.
Fantascienza, dicevamo, perché è vero che ha appena compiuto diciannove anni, ma Carlos ha anche già vinto due Masters 1000 e in quello di Madrid ha messo in riga Nadal (trasformando il match point con un banana shot passante) e Djokovic (al tie-break decisivo). Per tacere del luminoso futuro inevitabilmente prospettato da tutti, trovandocisi già immersi.
All’inizio della stagione su terra, considerando alcuni dei suoi match a Miami, ci eravamo domandati se uno dei superpoteri di Carlitos non fosse la capacità di elevare il livello dell’avversario. La risposta, affermativa, ci era stata gentilmente fornita da lui stesso il giorno successivo, quando sfiorò l’impresa di far vincere Alex de Minaur nella sfida di Barcellona. De Minaur, uno che davvero non dovrebbe vincere mai sulla terra battuta con quell’uso giurassico della eastern di dritto. E, anche se in questa stagione qualche miglioramento c’è stato, Alcaraz gli aveva fatto giocare un match da cemento. Bisogna dire che Ramos-Viñolas ci ha messo tanto del suo per uscire dai duplici panni di vittima sacrificale e di giocatore strabiliante per tocco di Carlos e, dopo quel primo set in cui non ha visto palla, ha proposto una diversa stesura del copione mandando fuori tempo il giovane rovescio e trovando varchi in lungolinea a base di dritti mancini, senza dimenticare le apparizioni a rete.
Entrambi sono stati protagonisti in quelli che potremmo definire i punti decisivi del quinto set (per tacere del match point timoroso di Albert), due difese epiche su altrettante palle break da parte di Charlie che ha fatto surf sul mattone tritato andando a recuperare l’impossibile. Impossibile secondo Ramos, che evidentemente non ha colto il nocciolo dei film delle “Mission” con protagonista Tom Cruise ed è rimasto a guardare. La trama è sempre un’incognita ma, quando c’è Carlitos, finisce che ci si diverte sempre parecchio.
IL MATCH – È sembrato subito in discesa il match del secondo turno per il wonder kid da Murcia. Carico, concentrato, pesante con il mortaio da fondo eppure al solito abile nel variare all’occorrenza, Alcaraz ha afferrato al collo l’impotente Ramos sballottandolo di qua e di là senza misericordia. Il primo set è in effetti stato un assolo del teenager spagnolo: ventisei minuti, nove vincenti a due, due break nel quarto e nel sesto game: un massacro. Sul Simonne-Mathieu tra il pubblico, in quel momento piuttosto piatto, il pensiero dominante anticipava propositi di aperitivo, che sarebbe sicuramente arrivato prima del momento previsto. E invece la pallina di feltro sa scombinare i piani, e rimandare le prenotazioni.
Accortosi per tempo che lo scambio inerte da fondo non gli avrebbe riservato soddisfazioni diverse da un’imminente seduta in doccia, Albert ha sparigliato le carte obtorto collo, violentandosi nell’abbreviare gli scambi e finendo per raccogliere insperati frutti da questa imprevedibile tattica, per la verità incoraggiato pure da un Carlitos all’improvviso sventato e forse con la testa già al terzo round. Improvvisandosi colpitore di volo e ora propenso a cercare il vincente non appena un varco gli si presentasse innanzi, Ramos ha visto il rivale superstar impastoiarsi in sempre più gravi e frequenti errori specie dal lato sinistro, cercato con strategica continuità dal trentaquattrenne catalano. Ciò nonostante, Alcaraz ha comunque avuto modo di procurarsi e scialacquare occasioni in serie, gli esempi più vistosi in tal senso essendosi materializzati nelle tre palle break gettate alle ortiche nel quinto gioco e quella sprecata nel settimo, così si è trovato al tie break. Non pago, il numero sei del mondo ha sciupato nel gioco decisivo un vantaggio di quattro a due, ed è stato costretto ad annullare tre set point prima di cedere clamorosamente la frazione all’avversario.
Il match si è trasformato a quel punto in baraonda, fomentata peraltro da una platea rumorosa anche oltre i limiti della moderna tolleranza. Ritrovatosi in lotta senza averlo previsto, Carlos ha annacquato le gioie procurate dai comunque numerosi e scenografici vincenti con sinistre colate di errori e brutte idee, finendo presto sotto di un break anche nel terzo set. Ramos, a sua volta impreparato a recitare la parte della lepre, ha offerto al giovane connazionale la stampella per rimettersi in piedi sul tre pari, ma quando una serie di solide prestazioni al servizio avrebbe lasciato presagire un nuovo passaggio al tie break, Alcaraz ha sciaguratamente ceduto la battuta nell’undicesimo gioco, consentendo a Ramos di chiudere in quello successivo per giunta conservato a zero.
Il quarto set è proseguito nel caos ambientale e tecnico: Alcaraz subito aggressivo e avanti per due a zero, eppure ancora una volta incapace di gestire il vantaggio e rimontato. Sul quattro pari lo snodo inatteso: Carlos ancora pasticcione e in difficoltà nel raccogliere punti facili al servizio; Albert bravo ad approfittarne e a strapparglielo. Ramos si è appostato a servire per realizzare l’impresona; servendo sul 5-4 si è pure procurato un match point che ha giocato con il braccio un po’ troppo rigido. L’ultimo gioco “regolare” ha richiesto venti punti, tra set point e palle per il tie-break che se ne ne sono andati in un modo o nell’altro. ARV lo ha agguantato il tie-break, ma le mani sopra ce le ha messe Carlitos e pure agevolmente.
GRAN FINALE – Non sappiamo quanto sia lecito aspettarsi il classico crollo dello sfavorito, ma il catalano è nato negli anni ’80, quelli che, se ci esci vivo, chi ti ferma più. L’ulteriore conferma è arrivata proprio la sera prima con Gilles Simon che sotto di un break al quinto ha superato Carreño Busta, uno dei massimi esponenti della generazione successiva. Succede così che Ramos va a prendersi un break a “15” e sale 3-0. Per soli 17 giorni, tuttavia, Albert è nato l’anno successivo al 1987 – quasi uno spartiacque – e si è visto sul match point con quel drittino. Ma chi non ne è stato afflitto nemmeno una volta scagli la prima mozzarella. Light.
Abbiamo ormai capito che il percorso non può essere lineare e il parziale viaggia sulle montagne senza bandiera. Alcaraz fa e disfa, mette in fila quattro giochi andando a prendersi il primo dei due break con un recupero stellare (Ramos che resta a guardare la sua volée credendola/sperandola vincente?), ma poi non consolida ed è 4 pari. Di nuovo, Charlie accelera e di nuovo sfumano break point, finché sul terzo erige la difesa definitiva e rimette la testa avanti. Al decimo gioco, Alcaraz ha già smesso di… giocare: ace, servizio e dritto, ace, ace. Al prossimo turno, Sebastian Korda o Richard Gasquet.
(ha collaborato Emmanuel Marian)