Da Parigi, il nostro inviato
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[11] J. Sinner b. R. Carballes Baena 3-6 6-4 6-4 6-3
Non tutte le partite sono uguali e non tutte le giornate negli Slam sono di luna buona, ma la versione odierna di Sinner è stata davvero troppo brutta per essere vera. Per sua fortuna di fronte c’era Roberto Carbelles Baena, un onesto pedalatore della racchetta numero 89 di un ranking costruito soprattutto nelle dure battaglie dei challenger e il nostro campioncino è riuscito a portare il risultato a casa, sebbene dopo tre ore e quarantaquattro di lotta.
Al terzo turno affronterà l’americano Mackenzie Mcdonald numero 60 del mondo, battuto da Jannik 7-5 al terzo nell’unico precedente, la finale di Washington dello scorso anno. Decisamente un tabellone abbordabile sin qui, ma servirà tutt’altra continuità e attitudine per sperare di andare avanti nel torneo. Oggi per lunghi tratti Jannik è apparso tatticamente confuso, incerto tra lo spingere come di consueto o giocare un tennis più ragionato con alcune varianti.
La partita
Per un’ora e dieci c’è una versione sconcertante di Sinner in campo. Fallosissimo, lento e stranamente anche poco esplosivo nei colpi.
Nonostante Carballes Baena non faccia nulla di particolarmente rilevante oltre a rimandare di là della rete ogni cosa e alzare la traiettoria il più possibile, Jannik riesce nella difficile impresa di perdere per ben tre volte il servizio nel primo set, nonostante provi a scuotersi invocando l’aiuto del pubblico del campo 14 (il match era stato programmato inizialmente sul 7), che è tutto dalla sua parte. Il primo parziale si chiude con numeri inquietanti ed eloquenti : 19 errori gratuiti e 45% di prime in campo.
Le due pericolose palle break salvate con coraggio nel secondo gioco del secondo set danno respiro a Jannik che esulta quasi a volersi scuotere e riesce finalmente, sempre tra alti e bassi, ad essere più incisivo e a portarsi in vantaggio (4-2).
Il pubblico fa la “Ola” trascinata da numerose bandiere spagnole sugli spalti e la nostra giovane stella al momento di chiudere il set sul 5-4 si caccia di nuovo nei pasticci con tre brutti errori. Una prima vincente, un vincente di diritto lungolinea e uno dei rarissimi errori dello spagnolo lo fanno risalire dalla buca. Dopo un’ora e 54 di patimenti, Jannik rivede la luce e lo urla al cielo plumbeo di Parigi.
Lo spagnolo, che la scorsa settimana vinceva il challenger di Tunisi, accusa il colpo e cede subito il servizio in avvio di terzo set. Jannik finalmente rinfrancato, inizia a sciogliere il braccio (con due ore di ritardo) ritrovando anche il servizio fin qui assente ingiustificato.
Come insegna il grande Rino Tommasi, non siamo qui a vendere tappeti e dunque ci tocca dire che il match è oggettivamente orribile.
Due ragazze tedesche che siedono un paio di file sotto di noi decidono che è ora che i rispettivi fidanzati vadano a comprare delle birre per ristorarle dello spettacolo non godibilissimo. Torneranno dopo un’oretta abbondante (le file agli stand sono allucinanti) e le troveranno addormentate, accasciate sugli spalti: non riusciamo a biasimarle.
Jannik prosegue nella sua giornata mediocre, alternando qualche buona accelerazione a troppi errori da fondo. Per fortuna sul finale di set si ricorda della palla corta e ne gioca un paio notevoli che trovano il gradimento di quel che resta del pubblico che lentamente ha preso coscienza che è ora di cena (beati loro): 6-4 e due set a uno avanti.
Le regole non scritte del tennis vorrebbero che ora il giocatore più forte prenda l’abbrivio per una rapida conclusione di partita e invece Jannik continua la sua galleria degli orrori e va subito sotto di un break (0-2). Reagisce subito, almeno il carattere e la tigna sono quelle di sempre, e riesce a ribaltare il parziale portarsi avanti 4-2, approfittando anche di un Carballes che appare in debito di ossigeno. Ma è un’illusione, perché lo spagnolo è un cagnaccio e nel turno di battuta successivo salva ben 5 palle del doppio break che porterebbero l’azzurro a servire per il match, aggiudicandosi il game fiume da 22 punti e 13 minuti. La sofferenza dura ancora due game poi finalmente Sinner può esultare per lo scampato pericolo, anche se le quasi quattro ore di gioco rischiano di pesare sul prosieguo del torneo.
L’applauso finale del pubblico avrà svegliato anche le due ragazze tedesche: non se ne abbiano a male, ma il tennis è anche sudore e sofferenza.