A margine della sua 14esima affermazione al Roland Garros, ennesima perla di una strabiliante carriera, Rafa Nadal concede una breve intervista alla Gazzetta dello Sport in cui lascia parecchi spunti di riflessione riguardo il suo futuro come tennista, tenendo sulle spine i milioni di tifosi in giro per il mondo che si augurano di poterne ammirare le gesta ancora a lungo. Diamo insieme un’occhiata alle frasi salienti:
D: Quando Pete Sampras vinse il suo 14esimo Slam si pensava fosse un record imbattibile: si rende conto di aver vinto uno stesso Slam per 14 volte, portando il suo tennis in un’altra dimensione?
Non era una cosa che mi aspettavo a inizio carriera, certamente. Io ho sempre voluto assecondare la mia passione di giocare, non ho mai pensato ad essere il migliore. E comunque resto un essere umano come tutti, per cui se ce l’ho fatta io, mi aspetto che in futuro ci riusciranno anche altri giocatori.
D: Al momento è a metà del Grande Slam: è qualcosa a cui pensa?
L’unica cosa che penso al riguardo è che si tratta di una follia anche solo a pensarla! E’ un obiettivo che nessuno è riuscito a centrare negli ultimi 50 anni, è un’impresa difficilissima. Personalmente firmerei soltanto per giocare senza dolore, altro che Grande Slam!
D: C’è mai stato un giorno dopo il torneo di Roma in cui ha temuto che non sarebbe riuscito a tornare a giocare?
Sinceramente no, perché ci tenevo troppo al Roland Garros e a cosa rappresenta per me. Ma ora che il torneo alle spalle ho cambiato prospettiva: altre due settimane così non le voglio fare, quindi o risolverò il problema, o piuttosto smetto.
D: Com’è giocare con un piede anestetizzato? Davvero il dolore non l’ha condizionata durante le partite?
Sicuramente è meglio della mia vita di tutti i giorni (ride, ndr). L’anestetico dura sette ore, poi l’unica cosa che può dare fastidio sono le dita del piede quando si risvegliano, però in generale non provo dolore ed è una cosa fantastica! Non potevo permettere che il dolore mi condizionasse in partita, altrimenti sarei stato da subito in svantaggio psicologico nel match: avrei preferito non scendere nemmeno in campo.
D: Crede che la partita con Djokovic sia stata decisiva ai fini della sua vittoria a Parigi?
Ogni partita è stata importante: prima del torneo ero stato in grado di allenarmi solo per una settimana, poi ho acquisito fiducia quando ho capito che le mie condizioni mi rendevano competitivo. Quando batti un grande rivale come Novak, il numero uno al mondo, capisci che sei sulla strada giusta.
D: Tralasciando le classifiche, non c’è dubbio che lei sia il tennista più forte al mondo in questo momento. Il numero uno rimane un obiettivo?
Pensi che io non inseguivo il numero uno nemmeno da giovane: ci arrivi se vinci tornei, se sei continuo nei risultati, come ho sempre cercato di fare. E poi ormai non posso più giocare tanti tornei, il numero uno è per le nuove generazioni.
D: Se ripensa alle sue condizioni a dicembre, e dove si trova adesso, qual è il suo primo pensiero?
Che questa è stata senza dubbio la più grande rinascita della mia carriera.