Il programma del Day 1 sul centrale del Terra Wortmann Open – meglio conosciuto come ATP 500 di Halle – si è aperto con la sfida tra la testa di serie numero 6 Pablo Carreno Busta e il rampollo della nuova dinastia tennistica scandinava Holger Rune. Un match tra due giocatori non particolarmente avvezzi all’erba; nel primo caso lo si desume dalla costatazione non lusinghiera dei piazzamenti ottenuti dallo spagnolo a Wimbledon. Infatti, nella carriera del 30enne asturiano, lo Slam sui sacri prati londinesi è stato di gran lunga il Major nel quale ha ottenuto i risultati peggiori; basti pensare che in sei partecipazioni al tabellone principale l’ex n. 10 ATP non ha mai superato il primo turno, a differenza degli ottimi traguardi raggiunti nelle altre prove del Grande Slam: in tre circostanze agli ottavi di Melbourne, due quarti al Roland Garros ed infine le due ciliegine delle semifinali conquistate a Flushing Meadows. Di tutt’altro contenuto, la poca abitudine a calcare questa superficie da parte del classe 2003 danese, visto che tra due settimane sarà al via per i suoi primi Championship.
L’ASTURIANO SI AFFIDA AGLI ANNI ACCUMULATI NEL CIRCUITO, NONOSTANTE NON AMI I PRATI – Alla fine ha prevalso l’esperienza e la, seppur minima, conoscenza dell’erba dell’iberico nonostante essa non si adatti alle sue caratteristiche tecniche. Pablo si è imposto per 6-3 7-6(5) in quasi un’ora e cinquanta di gioco. Il primo momento di svolta dell’incontro si è materializzato nel terzo game: il più lungo del match, dove si sono giocati ben 17 punti. In questo crocevia fondamentale del parziale inaugurale, il n. 19 del ranking ha cancellato addirittura 5 palle break – le prime della partita. La frustrazione per le occasioni mancate, ha innervosito parecchio il fumantino Next Gen del Nord Europa, che nel gioco immediatamente successivo ha concesso il break all’avversario. Il quale, ringraziando del gentile omaggio, non si è impietosito del più giovane contendente e senza fare sconti si è issato sul 4-1; assestando un parziale di tre game dall’1-1. Holger si è scosso e quantomeno ha interrotto l’emorragia, rimanendo in scia del n. 3 di Spagna. Ciò nonostante il 19enne di Copenaghen ha dovuto comunque fronteggiare altre due opportunità di allungo a marca spagnola, sforzo che però si è rivelato assolutamente futile visto che Carreno ha gestito abilmente il vantaggio fino ad incamerare la frazione dopo 47 minuti. Il secondo set è stato decisamente più equilibrato, con i servizi – come si conviene a scontri su questa superficie – maggiormente efficaci a tal punto dar far sì che sino alle fasi conclusive del parziale non si è vista neanche l’ombra di un break point e con i ribattitori che hanno raccolto le briciole: un solo game ai vantaggi.
Poi giunti al nono game, ecco che all’improvviso le battute iniziano nuovamente a scricchiolare; in verità però è sempre il medesimo turno di servizio ad essere in difficoltà, quello di Rune. Il n. 28 del mondo si salva sia sul 4-4, che sul 5-5, riuscendo a prolungare il match. Ma in realtà si rivelerà, semplicemente, un protrarre il proprio stato agonizzante; poiché al tie-break l’ex Top Ten chiuderà la contesa portandosi rapidamente sul 5-2, come accaduto nel punteggio regolare del set d’apertura, per poi sigillare definitivamente la vittoria al primo match point per 7 punti a 5, dopo aver sfondato la durata dell’ora di gioco nella frazione. Molto curiosa la questione relativa alle statistiche, dati perfettamente identici con la prima di servizio: entrambi hanno messo in campo il 72% di prime, di cui ne hanno convertite il 73%. Sembra assurdo, ma anche i numeri, per ciò che concerne la risposta alla prima; sono uguali: 27%. Ciò che ha fatto realmente la differenza, e dove difatti si riscontrano delle diversità numeriche; sono i dati sia in battuta che in risposta con la seconda: a favore del vincitore; il 61% contro il 50% di punti vinti con il fondamentale d’inizio gioco; il 50% a fronte del 39% di punti ottenuti in ribattuta. Infine, altro carattere statistico accomunante, la poca capacità di trasformare le palle break: 1/7 per l’iberico contro il terrificante 0/5 del danese. Prima dello sconto odierno, un solo confronto diretto: quarti di finale dell’ATP 250 di Metz (veloce al coperto) con gioia del tennista di Gijon per 6-4 al terzo.
A seguire sono scesi in campo, sempre in una condizione di gioco indoor dovuta alla chiusura del tetto, la tds n. 3 Andrey Rublev e il bollente colpitore georgiano Nikoloz Basilashvili. Il favorito della vigilia era sicuramente il 24enne moscovita, sia per il fatto di aver raggiunto un ottavo di finale in quel di Church Road lo scorso ma soprattutto per via della finale ottenuta esattamente un anno fa sugli stessi campi della Renania Settentrionale. Dall’altra parte, invece, un giocatore capace di qualificarsi al massimo per un terzo turno a Wimbledon, ma nel lontano 2015. Inoltre anche i precedenti spingevano per un successo dell’ex n. 5, considerando che dopo che il 30enne di Tbilisi ha vinto i primi due confronti diretti: nel 2019 al ‘250’ di Doha ed in particolare sempre nella stessa stagione, nell’ultimo atto del ‘500’ di Amburgo; il tennista senza bandiera si è portato a casa i restanti tre: tre anni fa nel Masters 1000 di Cincinnati; nel 2020 nel ‘500’ di Rotterdam; ed infine nel loro ultimo H2H, certamente il più attendibile, proprio nelle semifinali della passata edizione del torneo della Wesfalia con affermazione in tre set per Rublev.
NIKOLOZ CONTRO I PRECEDENTI, SI VENDICA DELLA SCONFITTA DELL’ANNO SCORSO – A discapito di tutte queste motivazioni che lo vedevano recitare il ruolo dell’underdog; il n. 25 ATP si è preso la rivincita della sconfitta di un anno fa accedendo al secondo round con lo score di 7-6(1) 6-4 in oltre un’ora e venti. A partire meglio dai blocchi, in verità, è stato il n. 8 delle classifiche; che pronti via si è issato sul 2-0. Non è tardata ad arrivare la reazione del finalista di Indian Wells 2021, che non solo ha ha rimesso in careggiata la sfida; ma si è permesso perfino di ribaltare l’inerzia vincendo 5 giochi consecutivi e strappando per due volte di fila il servizio al proprio avversario. Prima frazione indirizzata? Macché, tutt’altro: altro filotto di game, questa volta di matrice russa che dal 2-5 sotto si riporta in parità. Inevitabile, a quel punto, che l’epilogo fosse il gioco decisivo; dove però non c’è stata partita: un totale assolo del georgiano, che veleggia velocemente sul 6-0, suggellando un tie-break letteralmente dominato al secondo set point dopo 51 minuti di partita.
IN UNO SCONTRO TRA GIOCATORI CON CARATTERISTICHE SIMILI, HA PREVALSO CHI HA AVUTO MENO PASSAGGI A VUOTO – Come nel precedente incontro, anche in questo caso, l’andatura del secondo set è molto più tirata: una sola palla break maturata nel quinto game, però decisiva per l’esito finale della partita. L’ex n. 16 ha amministrato con dovizia il break di vantaggio, senza andare in iper-confidenza con le sue mattonate da fondo, situazione che quando si verifica lo manda fuori giri e gli costa diversi momenti di blackout; e poteva anche mettere fine al match in risposta sul 5-3. Ma Andrey con orgoglio ha frantumato il match point, che però ha rimandato solo di qualche minuto un ko che oramai era pura formalità, all’interno di un parziale dispiegatosi in poco più di 30 minuti. Il differenziale sul piano statistico è stato definito dalla resa con la seconda di servizio: solamente il 27% per la tds n. 3 a fronte di un buon 55% di Nikoloz. Percentuale, invece, speculare sui punti ottenuti con la prima (80% Russia, 81% Georgia). Nonostante una maggiore corposità di prime scagliate in campo (61% contro 54%) e perfino la doccia cifra a livello di ace (10), Rublev si è arreso alla freddezza di Basilashvili; quest’ultimo capace di opporsi a quattro break point su 6 e comunque in grado di mandare a referto un numero rilevante di ace (6). Dunque oltre ad essersi preso la vendetta; il Top 30, cresciuto negli States, pareggia il computo dei faccia a faccia sul 3-3. Probabilmente ha anche influenzato, l’andamento dell’incontro, la maggiore confidenza con la superficie del georgiano; avendo lui giocato il Boss Open; – ha superato Musetti al debutto, per poi venire eliminato in rimonta per mano di Nick Kyrgios – mentre per il russo era il primo evento del 2022 sui prati.
HUMBERT: LA CRISI SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ TROVA FINALMENTE LA PROPRIA INTERRUZIONE, O QUANTOMENO UNA TREGUA – In calce all’articolo, dobbiamo darvi conto di una doverosa segnalazione: il ritorno alla vittoria dopo tre sconfitte consecutive del campione in carica Ugo Humbert, garantendo così la presenza di almeno uno dei due finalisti della passata stagione al secondo turno. L’aria tedesca e trionfale di Halle – dove lo scorso anno il francese si era imposto con un percorso fantascientifico eliminando nell’ordine Sascha Zverev, Seb Korda, un erbivoro d’eccezione come Felix Auger-Aliassime e dulcis fundo, come ricordato poc’anzi , il rullante mazzolatore russo – riesce a porre fine alla crisi senza ritorno della stagione in corso o quantomeno a dare una tregua alle peripezie dell’ex n. 25, – tra le quali, anche il Covid post Australian Open – nell’ambiente che finora gli ha dato più soddisfazioni nella carriera e nel quale proverà ad avviare un percorso di continuità positivo e vincente. Nel frattempo, con il successo odierno ha raccolto la sesta vittoria – nessuna consecutiva – in 21 match disputati nel 2022. Ebbene, proprio sull’amata erba, il 23enne di Metz si ritrova, riuscendo a spuntarla rimontando in tre set il moldavo Radu Albot – che aveva già ben figurato e per certi versi impressionato contro un finalista di Wimbledon come Berrettini, la scorsa settimana a Stoccarda – per (4)6-7 7-6(4) 7-5 in un autentica battaglia senza mezze misure di oltre due ore e quaranta di partita. Nel primo set, i servizi sono stati dominanti con un solo turno di battuta difficoltoso; quello a metà parziale del qualificato n. 116 ATP, fra l’altro anche l’unico ad essersi deciso ai vantaggi. Giunti poi al tie-break, Ugo è partito molto deciso e determinato; ma sul 2-0 la scarsa fiducia derivante dalle tante sconfitte stagionali e il non saper più riconoscere e assaporare il gusto della vittoria sono riaffiorati tutti in una volta.
UGO TORNA A VINCERE, NEL SUO GIARDINO PREDILETTO, E NEL MODO PIU GODURIOSO: CANCELLANDO UN MATCH POINT – Dopo aver sprecato un mini-break di vantaggio, essere scivolato sotto e aver rimesso nuovamente in equilibrio il punteggio; nel nono punto del tie-break ha fornito su un piatto d’argento l’opportunità al 32enne di Chisinau – che non ci ha pensato due volte, nel concretizzare la ghiotta occasione concessagli – di portarsi avanti di un set dopo 48 minuti. Sicuramente l’aspetto maggiormente positivo della prestazione del n. 50 del mondo, al di là del vitale ritorno al successo, è stata la capacità di lottare e provarci sino alla fine – non si è fatto prendere dallo sconforto quando si è trovato ad inseguire – restando nel match per tutta la sua durata. Il talentuoso mancino – a dimostrazione di questo spirito combattivo messo sul campo – cancella due palle break sul 4-4 ed una pericolosissima sul 5-6, che dunque corrispondeva ad un match point. Al gioco decisivo è questa volta lui il primo ad andare sotto, ma allo stesso tempo anche a rimontare poco dopo per il 5-2. Tenuti gli ultimi due servizi del tie-break ha rimandato il verdetto alla terza frazione (sfondato il muro dell’ora di gioco in questo set). Il terzo set si rivela una battaglia psicologica, uno scontro tremendo; dove nessuno vuole azzardare per non rischiare di scoprire il fianco all’avversario e subire il colpo definitivo: 0 palle break, un solo game ai vantaggi – Albot, sul 1-0 Humbert – fino al momento clou. Nel dodicesimo gioco, la volontà spasmodica del n. 2 di Francia di avvertire di nuovo l’ebbrezza del trionfo, piega la resistenza dell’agile moldavo. Humbert può finalmente esultare e lasciarsi andare alla gioia più irrefrenabile e sconfinata, ma nonostante l’insuccesso continuano le buone prestazioni da parte dell’ex n. 39, che si conferma cagnaccio inossidabile su questa superficie.