La prima giornata dei Championships non è mai facile. Io non ricordo una volta in cui io sia riuscito a finire di scrivere il mio editoriale prima di mezzanotte. Di una giornata cominciata alle nove del mattino. Quanta invidia, per certi versi, con i colleghi che scrivono di una partita di calcio che dura un’ora e mezzo e che ti lascia libero per tutte le ore prima.
Il brutto è che alla fine ho le idee confuse su quel che dovrei scrivere, quando sono state giocate e completate 25 partite maschili e 23 femminili, perché naturalmente nel rispetto di ogni tradizione, ci sono state le solite interruzioni dovute alla pioggia, con un acquazzone anche piuttosto violento, e meno male che ci sono due campi coperti. In particolare quello del centre court ha permesso a Andy Murray di vincere in 4 set e in 2 ore e 43 minuti la sua minimaratona che si è conclusa alle 21,35 locali, cioè le nostre 22,35. Poi c’è stata la sua intervista e così siamo arrivati intorno alle 23,30.
Cioè quando un cronista non più giovanissimo come il sottoscritto non può fare a meno di ricordare un’espressione cara al mio vecchio compagno di telecronache Roberto Lombardi che in situazioni consimili mi diceva: “A quest’ora siamo cotti come un copertone!”. La diceva sempre, non l’ho mai dimenticato. Né la frase, né lui naturalmente. Forse da Lassù sta sorridendo. Lui ha vissuto gli Wimbledon che facevamo commentando sul posto, con un discreto spiegamento di forze… e mi ha fatto effetto sapere che Elena Pero, che dopo 12 anni ha riavuto la gioia di commentare questi Championship da qui anziché dalla cabina milanese, si è commossa fino alle lacrime – davvero! – tornando in Church Road, laddove c’erano insieme a lei per tanti anni Rino Tommasi, Gianni Clerici, Roberto Lombardi e il sottoscritto. Più cinico Paolo Bertolucci si lamentava invece di doversi occupare in telecronaca dalla cabina sul centrale del match della Raducanu mentre Sinner giocava sul campo 2.
Ma io sono sicuro che le loro telecronache, vissute qui, raccogliendo preziose informazioni da tanti interlocutori che altrimenti non avrebbero incrociato, saranno molto più vive, informate e interessanti. Senza con questo voler dire – Dio me ne guardi – che quelle fatte da Milano non lo fossero. Ma, credetemi, è un’altra cosa. C’è magari da scapicollarsi un po’ di più. Anche solo per raggiungere Wimbledon da Central London, soprattutto per chi non ha la mia possibilità di sconfiggere le code interminabili con un MP3 500 a tre ruote che la Piaggio continua generosamente a fornirmi.
Da Notting Hill ci metto meno di 25 minuti, ma se venissi in macchina ci vorrebbe oltre un’ora. Una ventina di minuti più un km e mezzo a piedi con l’underground fino a Southfields, solo che ogni anno si incappa sempre in qualche giorno di sciopero. E qui gli scioperi non sono come quelli italiani. Qui fanno sul serio.
Non ci sono le fasce orarie protette e i gruppi che aderiscono e quelli che non aderiscono.
Vabbè, immagino che di questi discorsi freghi a tutti assai poco.
Magari, prima di aver sentito Fognini che dava agli altri tennisti dei “ciarlatani e… siamo venuti tutti qui come degli stupidi quando avremmo dovuto boicottare il torneo… e allora l’ATP ha preso una decisione sbagliata… quella di togliere i punti! Insomma siamo tutti venuti fin qui per un torneo che non conta! E l’ha fatto, oltretutto senza informarci…”, ho sentito anche un ex boardmember dell’ATP, il giornalista Richard Evans, sostenere assolutamente le stesse cose mentre David Egdes e Simon Higson (braccio destro “media” di Andrea Gaudenzi) cercavano di difendere la presa di posizione dell’ATP che avrà come conseguenza principale quella di rendere poco credibili proprio quelle classifiche (non solo per Djokovic e Berrettini) che volevano proteggere per “rispettare” le situazioni “discriminate” di russi e bielorussi.
Quando sarebbe bastato semmai proteggere le classifiche di quei tennisti, senza provocare un terremoto che scontenta tutti. Io non ho ancora trovato un giocatore – salvo Nadal e Federer (che ormai non gioca più o quasi) – che abbia sposato questa soluzione senza compromessi.
Magari 4 o 5 settimane fa, sotto la spinta emozionale, poteva anche essere una reazione comprensibile all’errore commesso da Wimbledon sotto la spinta governativa, ma l’ATP avrebbe potuto anche aggiustarla in corsa, perché ogni giorno vediamo perfino con la guerra, che le cose evolvono, che cambiano. L’All England Club, per cominciare, avrebbe dovuto dire di essere costretto a rispondere a un input governativo, invece di volersi mostrare stupidamente più realista del re – in questo caso il re…è stato un partito conservatore al Governo (un laburista non si sarebbe comportato così) – e così avrebbe spuntato parzialmente la reazione dell’ATP. Che a quel punto ha voluto dare una dimostrazione di forza “Allora niente punti ai Championships!”, come se Wimbledon ne avrebbe sofferto. Non gli ha fatto un baffo e ha finito per danneggiare tutti i giocatori che partecipano al torneo.
Creando oltretutto anche il sospetto – non provabile nei fatti fin qui – che qualche giocatore, magari terraiolo d.o.c., non sia neppure troppo stimolato a impegnarsi fino in fondo se il match si mette male, correndo magari il rischio di un infortunio che pregiudichi la conquista di punti validi per il ranking in un successivo torneo. Finora ci sono stati soltanto 3 ritiri, due fra le donne e uno fra gli uomini, in 48 incontri, ma il fatto stesso che si possa insinuare un sospetto del genere fa capire quanto sia stata sbagliata la scelta ATP (che ha poi influenzato la WTA). Cui prodest? A chi ha giovato? C’era modo di proteggere russi e bielorussi senza danneggiare tutti gli altri. E se il principio è stato, come è stato detto in questo colloquio a quattro, “proteggere il nostro bene più grande, la classifica e l’uguaglianza per tutti”, beh mi pare che proprio questi due fattori, classifica e uguaglianza, sono invece stati misconosciuti.
Basta con la politica ora. Godiamo le novità messe in mostra dall’All England Club, tanti lavori che magari a voi sfuggono (ma non quello del nuovo ingresso dei protagonisti sul Centre Court che proprio oggi celebrava i 100 anni dopo aver consentito seri allenamenti fin da giovedì scorso sulla mitica erbetta: non passano più dal quel budello-cunicolo all’uscita dagli spogliatoi, ma escono centralmente in maniera molto più teatrale), così come tutta la battaglia legata all’eco-sostenibilità, la scomparsa di tanta carta e tanta plastica.
Ci sarà modo di riparlarne senza fare le ore ancora più piccole.
Per i risultati della prima giornata, beh ormai sapete tutto, dal nostro live, dai collegamenti facebook di Gianni e Pinotto, pardon di Vanni e Luca, del mio video targato NowTv – perché NowTv e Sky sono il solo modo per seguire Wimbledon su tutti i campi – e quindi io non dico nulla di nuovo e sconvolgente se io vi dico che le due teste coronate più importanti a rotolare sull’erba sono state due n.7 del seeding, Hurkacz fra i maschietti – lo scorso anno arrivò in semifinale, aveva vinto Halle, subirà un gran tonfo in classifica, quei punti sono persi – e Collins fra le femminucce.
O se aggiungo che Davidovich Fokina è stato un bel matto a sciupare i 3 matchpoint che ha avuto stando avanti 2 set a zero 5-3 e 40 a 0, con tre dritti sbagliati. Ma poi ha vinto 7-6 al quinto e con il primo tiebreak del nuovo corso 10-8 – long tiebreak a 10 punti nel quale era indietrissimo (leggetvei la cronaca) – pur avendo ciccato un quarto matchpoint con un altro dritto… e meno male che Hurkacz gli ha dato una mano sul quinto, non mettendo la “prima” e regalandogli un gratuito!
A quel primo long-tiebreak dopo 3 h e 28 minuti di battaglia che poteva durare moto meno e concluso alle 17,32 locali, ne sarebbe seguito un altro con il cileno Tabilo vittorioso sul serbo Djere alle 19,23: durata 3h e 21 minuti (7 di meno…), ma 13-11 il punteggio del tiebreak con Djere che rimpiangerà 2 matchpoint non sfruttati.
Invece Bublik pareva avesse paura di perdere il treno: 1h e 22 minuti e ha mandato a casa Fucsovics che non mi ha dato l’impressione di impegnarsi troppo. Lo scorso anno l’ungherese aveva fatto fuori il nostro Sinner o sbaglio? Di andare a controllare a quest’ora non ci penso nemmeno.
Non aveva fretta invece Djokovic, apparso poco brillante con il coreanino del sud, Kwon, che invece non mi è per nulla dispiaciuto anche se aveva troppo presto ispirato titoli impossibili da presumere del tipo: “Ecco la Corea di Djokovic!”. Sono andato a parlarci a fine match.
Soon Woo Kwon è sponsorizzato da capo a piedi dalla Fila, azienda ex biellese diventata coreana, ha proprio la faccia di un bambino, non spiccica una parola di inglese, ma è stato il suo coach Daniel Yoo, che gli faceva da interprete, a prendermi in contropiede quando mi ha detto: “Ma io riconosco la sua voce…non è lei il giornalista di “Not too bad” con Djokovic?”
Cavolo, è arrivato perfino in Corea! Magari la Fila potrebbe sponsorizzare pure me…
La partita più bella? No doubts, direbbero qui: Alcaraz-Struff. Bravo il tedesco, umile e bravissimo lo spagnolo. Che era sotto 2 set a 1 e 2-0 nel tiebreak del quarto set quando ha fatto una serie di miracolosi recuperi e un rovescio passante incrociato a una mano ancora più miracoloso. Strappa-applausi, in America gli avrebbe tributato una più che meritata standing ovation. 4 ore e 11 minuti e gran rimonta. L’altro giorno John Lloyd di cui ascolterete presto un’intervista esclusiva, mi ha detto: “Se mi chiedono di scommettere se Alcaraz vincerà più o meno di 10 Slam io dico… più di 10 Slam! E non lo dico di nessun altro”.
Di sicuro a Carlitos non mancano gli attributi. Lo ha dimostrato anche con Struff dal quale aveva perso in precedenza.
Basta con…l’esterofilia. C’erano sei italiani, e se a vincere sono stati in due, Sinner e Cocciaretto, va subito detto che il successo femminile è arrivato in un derby. Dove la Trevisan è stata dominata dall’inizio alla fine. Un 6-2,6-0 francamente imprevedibile.
Più prevedibile invece che Sinner sia venuto fuori alla distanza contro Wawrinka, che sarà anche Stan the Man, ma è anche un Old Man di 37 anni, anche se per due set ha servito e sparato le sue botte di rovescio quasi come ai bei tempi. Lo svizzero qui ha raggiunto una volta i quarti, ma insomma i suoi 3 Slam li ha vinti altrove. Per Sinner una vittoria beneagurante, dopo quattro k.o. erbosi in 4 esperienze.
Vavassori ha fatto la sua onesta partita, un periodico 6-4 senza infamia e senza lode avrebbe detto Rino Tommasi, e la Bronzetti ha lottato più nel secondo set (6-1,6-4) che nel primo…ma in tutta onestà non sono riuscito a vedere che qualche punto qua e là dallo schermo in sala stampa. Ubi sì, ubiquo no.
Perdonatemi. Ora vado a letto. Perché mi aspetta (e sono fiducioso) un Berrettini-Garin alle 14 italiane sul campo n.1 – le foto di Matteo campeggiano anche sulle copertine delle riviste inglesi esposte nelle vetrine del Village di Wimbledon – mentre sono un po’ meno fiducioso ma senza eccedere in negatività per Sonego alle prese con la rivincita con Kudla – che lo aveva battuto al Queen’s pochi giorni fa – e quanto a Camila Giorgi, beh, dai, anche una imprevedibile come lei contro la polacca Frech deve vincere. E la Paolini con la Kvitova sarebbe stata una mission impossible qualche anno fa…Credo che lo sia abbastanza ancora, ma Petra non è più quella che vinse questo torneo due volte.
Ma sono onestamente più curioso di rivedere Serena Williams contro Harmony Tan che conosco pochissimo.
Anche Aliassime-Cressy su questi campi è un match che merita di essere visto. Ma, ora, fatevi lo sforzo di guardare almeno il programma e di scegliervi il match che più vi interessa. Per me basta così. Dalle quote di Luca Chito potrete anche capire chi siano i favoriti di almeno tre agenzie di betting. Il che non significa proprio che io vi inciti a scommettere. Ma solo a capire come la pensano.