[4] M. Cressy b. [2] J. Isner 6-2 4-6 6-3
Nella semifinale della parte bassa dell’Infosys Hall of Fame Open di Newport, Maxime Cressy supera nel derby a stelle e strisce John Isner dopo quasi due ore di gioco per 6-2 4-6 6-3. Per il tennista francese, ma naturalizzato statunitense dal 2018 si tratta di un successo molto significativo, dato che lo proietta alla terza finale della carriera nel Tour maggiore, fra l’altro tutte conquistate nel 2022: entrambe perse, ad inizio anno nel ‘250’ di Melbourne per mano di Nadal e qualche settimana fa ad Eastbourne soccombendo a Fritz. Inoltre grazie a questa vittoria, il 25enne parigino è salito virtualmente al n. 34 della classifica, migliorando così il proprio best ranking. S’interrompe dunque a 10 affermazioni consecutive, la striscia d’imbattibilità di Big John sui campi di Rhode Island: l’ultimo ko risaliva al lontano 2015, sconfitto da Rajeev Ram. Un torneo, con il quale ricordiamo il n. 22 ATP ha sempre avuto un rapporto speciale, vincendolo per ben quattro volte: 2011, 2013, 2017, 2019 e dove prima di oggi vantava un record di 4-1 a livello di semifinale (l’unica sconfitta era giunta nel 2013, a sorprenderlo quel Hewitt appena entrato negli immortali della racchetta). Questo è stato il terzo penultimo atto raggiunto in stagione dal 37enne, dopo quelli sempre in terra americana a Dallas e Houston – dove poi avrebbe perso in finale da Opelka. Un solo precedente tra i due, quest’anno al primo turno dell’Happy Slam: successo in 5 set del franco-statunitense, il quale in seguito si sarebbe spinto sino agli ottavi, ottenendo così il suo miglior risultato nei Major.
IL MATCH – Dopo i primi tre giochi della partita, al primo cambio di campo, Isner si fa massaggiare all’altezza del ginocchio destro, senza però ricorrere al MTO. Si era notata, infatti, una smorfia da parte del 37enne di Greensboro, il quale non a caso era partito più contratto rispetto al connazionale dovendo rimontare dal 15-30 nel suo primo turno di servizio, a causa di un doppio fallo e di un dritto in preciso manovrando con l’inside-in. Al contrario Cressy è implacabile alla battuta, facendo registrare la bellezza di ben 8 ace nei primi tre game di servizio, di cui fra l’altro addirittura due scagliati con la seconda, e vincendo tutti e 12 i punti con il fondamentale d’inizio gioco. Long John continua a mostrare incertezze, cadendo in errori farraginosi e aumentando i dubbi sulla sua effettiva condizione fisica. Sul 3-2, la tds n. 2 si ritrova nuovamente a fronteggiare una situazione di pericolo in battuta, con un altro 15-30, ancora una volta tradito dal diritto in uscita dal servizio e soprattutto dal colpo migliore del suo repertorio – inciampa nel secondo doppio fallo della sua partita -, che insieme alle puntuali risposte choppate del franco-statunitense costringono il n. 22 del mondo a disimpegnarsi in recuperi su palle molte basse e per di più in avanzamento. Un rovescio molto rigido, che plana fuori di metri, da parte del campione del Masters 1000 di Miami 2018, suggella il primo strappo nel punteggio.
Il 25enne nativo di Parigi concede il primo punto in battuta del suo match, ma non ha nessun problema a consolidare il vantaggio e ad issarsi sul 5-2. Big John certifica a pieno la sensazione che qualcosa nel suo fisico non vada, sfornando costantemente gratuiti dal lato destro, che inevitabilmente lo portano a non poter fare affidamento sullo schema di riferimento del suo gioco: l’uno-due di scuola americana. A tanti unforced, si aggiunge un’evidente difficoltà negli spostamenti, una mobilità insolita anche per un gigante come il 2,08 della Carolina del Nord, che provoca conseguentemente un secondo break in favore della tds n. 4 del seeding e a ruota la conclusione del primo parziale. Inoltre anche il body language dell’ex n. 8 del ranking non è minimamente rassicurante, l’impressione di essere di fronte ad un giocatore menomato si rafforza sempre di più. Dal canto suo, tanto di cappello al tennista naturalizzato statunitense, che non accenna nessun calo ed anzi si dimostra in continuazione una macchina a propulsione: è già a quota 14 ace nell’incontro.
Ma soprattutto, sta mostrando grande intelligenza tattica e allo stesso tempo cinismo nell’andare a punire i problemi del classe ’97 di Dallas, con efficaci e pungenti ribattute centrali per evidenziare i limiti dell’avversario nel preparare le esecuzioni con l’adeguato tempismo; oltre ad utilizzare cambi di ritmo come lo slice con taglio esterno per muovere Isner. Però proprio quando meno ce lo si aspetta, passaggio a vuoto di Cressy complice anche una sequenza di siluri in risposta del recordman di titoli del torneo, che rendono realtà il primo game di servizio perso nella settimana dal Parigino (aveva tenuto tutti e 26 i turni di battuta precedenti). John sembra, incredibilmente e improvvisamente, rivitalizzato da questo break; all’opposto Maxime si spegne inesorabilmente, quasi come se fosse rimasto paralizzato dall’uscita imprevista del n. 3 Usa dal torpore nel quale stagnava, e rischia di cedere di nuovo la battuta essendo sceso vertiginosamente al servizio. In qualche modo ai vantaggi riesce a tenersi in scia, ma ormai il terzo set non può essere evitato, i traccianti dell’ex Top 10 si accumulano ed è 6-4 dopo quasi un’ora e dieci.
Lo scontro alla vigilia, prevedeva di essere molto interessante, e seppur a tratti e non con la continuità richiesta; si è rivelato tale. Questo perché, anche se il duello vedeva fronteggiarsi due giocatori offensivi con chiari elementi tecnici in comune, è possibile comunque rilevare delle differenze sostanziali nell’interpretazione della loro natura da attaccanti. Entrambi hanno nella battuta l’arma principale, mentre però Max è un autentico rappresentante del tennis vintage con il suo serve&volley sistematico sia sulla prima che sulla seconda e quindi deve necessariamente ricercare traiettorie più arcuate propedeutiche alla discesa, il lungagnone del Texas si affida maggiormente alla potenza dei suoi colpi, in particolare ad un drittone devastante. Anche in risposta hanno degli approcci differenti, il giocatore di origini francesi non disdegna per nulla il chip and charge per prendere la rete, l’ex n. 1 americano invece preferisce soluzioni definitive. Tutti e due comunque, sono dotati di un’educatissima mano al volo.
In avvio di frazione decisiva, sembra essere ritornati ai primi scampoli di partita, con Isner a soffrire e Cressy a veleggiare in scioltezza. Due doppi falli nel quarto game, inguaiano John, che però nel momento del bisogno chiama in causa il servizio e attraverso due ace cancella altrettanti pericolosissimi break point, superando indenne il primo turning point del set. Nel settimo game è costretto ancora ai vantaggi, perché Maxime gli ha preso le misure al servizio come era accaduto nel parziale iniziale: qui si assiste a qualcosa d’inspiegabile, accompagnato dall’incredulità del pubblico; Long John nel tentativo di rimettere dall’altra parte una risposta in allungo del n. 41 e cercando però di non commettere infrazione si addormenta e manca la palla. Episodio a dir poco illogico, che potrebbe decidere il match – e lo deciderà: il n. 2 del tabellone ha un moto d’orgoglio, lascia andare il braccio e si costruisce due possibilità consecutive per il contro-break, ma il parigino si aggrappa alla battuta e con una volée in avanzamento chiude la contesa.
[3] A. Bublik b. J. Kubler 6-3 6-2
Uno scintillante Sasha Bublik, in versione deluxe, asfalta in un’ora e dieci di partita l’australiano Jason Kubler con lo score di 6-3 6-2 e centra così la sesta finale ATP della carriera, la seconda del 2022. A febbraio aveva infatti avuto la meglio su Zverev, nell’ultimo atto dell’Open Sud de France di Montpellier alzando al cielo il primo titolo da professionista ai massimi livelli. Le altre quattro finali invece, l’hanno visto sempre uscire sconfitto dal campo, curiosamente la prima in assoluto la raggiunse proprio a Newport tre anni fa quando a sbarrargli la strada fu Isner. Dunque niente remake nella finale di domenica, ma a dimostrazione dell’ottimo feeling con il torneo del kazako – di passaporto dal 2016, ma russo di origine – va evidenziato come quella contro il n. 109 sia stata la terza semifinale disputata nell’ultimo evento su erba della stagione; nel 2019 superò Granollers, mentre lo scorso anno si arrese dinnanzi al futuro vincitore Kevin Anderson. Si conclude quindi la corsa dell’ex n. 3 juniores, che comunque può essere soddisfatto della prima semifinale ottenuta nel Tour principale a chiusura di un periodo decisamente positivo per lui, con gli ottavi a Wimbledon e il best ranking virtuale di n. 88 dalla prossima settimana (era stato al massimo n. 91).
IL MATCH – L’inizio dell’incontro è a senso unico, fin da subito la differenza di pesantezza di palla è imbarazzante. Sasha parte molto centrato, dimostrando grande attenzione mentale, il servizio gira che è un piacere con prime che bucano il campo a velocità oscillanti tra i 220 e i 230 Km/h, le accelerazioni da fondo impressionano per la potenza che riescono a scaturire: così il parziale di 12 punti a 3 è servito (3-0). Se l’estro del 25enne di Gatcina viene anche affiancato da una tenuta psicologica solida, il tennis di Kubler non può neanche minimamente impensierirlo. Il kazako sembra assolutamente rilassato in campo, a più riprese mostra sorrisi, figli della totale consapevolezza nei propri mezzi e della convinzione inscalfibile che oggi il gioco dell’australiano può al massimo fargli il solletico. Bublik scherza il povero Jason, in balia oltre che dell’avversario anche della comprensibile emozione dettata dalla sua prima semifinale ATP, chiamandolo a rete attraverso smorzate in successione e poi beffandolo puntualmente con passanti letali, specie quelli bimani.
Il 29enne di Brisbane continua a sbagliare un po’ troppo, frutto ancora della tensione. Dall’altra parte è invece perfetto l’ex n. 30 ed inevitabilmente arriva il 6-3. Uno score che poteva essere anche più netto, visto le due palle break non concretizzate nel sesto gioco dal n. 3 del seeding. Numeri paurosi pe lui: un solo 15 smarrito al servizio nel corso di tutto il primo set, 100% di punti vinti con la prima e 9 ace per non farsi mancare nulla. Alexander è in grande splendore, motivato come non mai, i drop-shot si susseguono con mortifera efficacia. C’è troppa differenza nei fondamentali d’inizio gioco tra i due, è quasi avvilente per l’ex n. 3 junior assistere inerme alla propria disfatta. Al contrario, è fantastico ammirare le giocate del n. 42 del ranking quando non soltanto sono effimere, ma si rivelano anche propedeutiche a dominare la partita.
Mostra tutte le prodezze di cui è capace, tagli di una qualità eccezionale: back affilati da ambo i lati, palle corte direttamente in ribattuta, tocchi da pittino di altissimo livello. A questi il buon Bublik ci aggiunge anche lob millimetrici, alternati a dirompenti vincenti che lasciano di sasso il giocatore aussie. Nel terzo game, il kazako aveva mancato due chance per il 3-0 pesante, quando l’occasione gli si ripresenta non la spreca: sul 4-2 centra il doppio break, regalando per la gioia degli spettatori l’ennesimo capolavoro della sua spumeggiante prestazione. Chiude infatti come meglio non poteva, irreale recupero su uno smash a colpo sicuro di Jason. Continuità e qualità impressionanti: 15 ace totali, 92% di realizzazione con la prima, 75% con la seconda e 0 palle break offerte. Non serve aggiungere altro.