Nessuno conosceva Josè Luis Clerc… quando nella seconda settimana di maggio 1978 venne a giocare le qualificazioni del torneo internazionale di Firenze, che dopo tre anni di sponsor Vat 69 era diventato Lotto-Spalding per un paio di anni prima di diventare AlitaliaFirenze.
Per la verità nella terza settimana di aprile Josè Luis aveva battuto a Nizza Tonino Zugarelli prima di perdere – al terzo set peraltro – da Higueras, n.25 ATP, dopo aver vinto il primo al tiebreak. Il suo manager era Pato Rodriguez, un ex tennista cileno (classe 1938) che aveva giocato a lungo in Coppa Davis negli anni’60 e ‘70. Pato mi chiese – ero direttore del torneo ATP di Firenze, 50.000 dollari di montepremi – se potevo programmare Clerc come primo match del giorno (ore 13) “perché Josè Luis (un ragazzone pieno di tic…) è molto nervoso e nelle attese, come quando si deve aspettare che finisca il match sul campo dove è stato designato a giocare, si logora. Se puoi dargli una mano…”.
Bene: io gliela detti e, incuriosito da quel tipo, andai a vederlo. Tirava, sia di dritto sia di rovescio, bordate impressionanti. Senza tregua. Un ritmo da far paura. Tutte pallate senza paura e gli stavano quasi tutte dentro. Lo feci giocare per tre turni di qualificazione sempre alle 13. E scrissi subito sul quotidiano locale, La Nazione, dopo il primo match di “quali”, che credevo di avere intravisto un fenomeno. Ovviamente volevo anche promuovere il torneo. Ma ci credevo. Josè Luis vinse il torneo, primo “qualificato” della storia ATP capace di tanto. Fu il suo primo torneo vinto di 25. Batté al primo turno Peter Carter, l’australiano che sarebbe diventato il primo coach internazionale di Roger Federer (morì in un incidente automobilistico in Sud Africa), poi il colombiano Molina, l’ecuadoriano Ycaza, l’australiano John Alexander (n.8 del mondo nel ’75), il francese Patrice Dominguez in finale, tre set su cinque dominandolo per tre set a zero.
Nel corso dell’anno Clerc vinse altri due tornei, Buenos Aires e Santiago, dopo aver raggiunto finali a Gstaad, South Orange (perdendole entrambe con Vilas, ma battendo tennisti come Okker e McEnroe… dopo che a Parigi aveva lasciato sei game a un Ivan Lendl diciottenne, 6-3 6-0 6-3) e anche a Toronto e Aix en Provence: in quel torneo in Francia sapete chi batté? Noah, Smid e Lendl prima di perdere sul traguardo finale dal solito Vilas. Clerc sarebbe diventato n.4 del mondo nell’agosto dell’81, dopo aver vinto anche Firenze (finale su Ramirez), Roma (Panatta, Lendl e Pecci dai quarti in poi) e quattro tornei di fila negli USA: Boston, Washington, North Conway e Indianapolis. Due volte in finale batté finalmente Vilas… inimicandoselo per sempre! Qualcuno si potrebbe chiedere perché Jose Luis, con quel ranking avesse giocato (e vinto) anche il piccolissimo torneo di Firenze. La risposta è: me lo aveva promesso che sarebbe tornato quando aveva vinto nel ’78. Ma di solito quelle sono promesse che i tennisti che diventano forti non mantengono. Lui invece è stato coerente, serio e non lo dimenticherò. Ogni volta che ci vediamo ci abbracciamo!
Quando aspettammo Ivan Lendl oltre…il regolamento. E Roberto Lombardi non me lo perdonò…
Ricordo in particolare un curioso episodio, avvenuto circa quarant’anni fa a Firenze. Io ero giovanissimo direttore del torneo ATP di Firenze. Roberto Lombardi giocava le qualificazioni di quel torneo. Lo zio di Peter Korda, mi pare si chiamasse Pavel, mi aveva chiesto di iscrivere alle qualificazioni un ragazzino che a suo dire era promettentissimo: si chiamava Ivan Lendl. Il problema fu che questo diciassettenne si era perso un treno, aveva viaggiato tutta la notte, non sarebbe arrivato in tempo per il check-in. Decidemmo di sorteggiarlo ugualmente, in considerazioni di quelle vicissitudini e dell’età del ragazzino. Era toccato in sorte a Roberto Lombardi. Pregai quindi Roberto, dieci anni più anziano (lui del ’50 e Ivan del ’60) di aspettarlo. Per convincerlo gli dissi: “Dai, non perderai mica da un ragazzino di 17 anni che è stato tutta la notte in un treno e arriverà suonato?”.
Lui accettò sportivamente di aspettarlo. Beh, potete immaginare come andò a finire. Vinse il ragazzino ceco. Facile facile. Per anni Roberto me l’ha scherzosamente rimproverato: “M’hai fregato, m’hai fregato… lo sapevi che era fortissimo!”. Ecco, io voglio ricordarmi sempre quel Roberto lì, quello che scherzava sempre, quello che al ristorante chiedeva sempre quello che non c’era (“Lombardi? Il peggior cliente di ristorante del mondo” era l’affettuosa definizione che di lui dava Maestro Rino), quello che amava sempre recarsi nei posti “più trend”. Non sono sicuro che Ivan Lendl si ricordi di quell’episodio. Non ho avuto occasione di ricordarglielo. Abbiamo riso insieme invece ricordando quella vota in cui lui aveva vinto il suo ennesimo Roland Garros (credo fosse il terzo…) e in sala stampa gli chiesi che cosa avesse pensato che avrebbe fatto a fine carriera… “Magari il giornalista? “ gli suggerii. E lui: “Di certo non sogno di diventare come certi giornalisti senza capelli!” rispose guardandomi fisso con il suo tipico humour freddo, lui che alcuni avevano ribattezzato Buster Keaton, perché la sua comicità non era quasi mai accompagnata da un sorriso, e altri doctor Frankestein per la sua maschera molto particolare. Di aneddoti vissuti in quegli anni ne ricordo tanti altri, con Arthur Ashe, con Jean Francois Caujolle, John Alexander, Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e andrò a ripescarli meglio però nella mia memoria per pubblicarli prossimamente sperando che vi piacciano.