Non c’è pace nel Regno. Il Regno è quello Unito e la pace manca a Emma Raducanu (vittoriosa ieri su Osorio dopo una lotta insensata). Oppure ella ce l’ha, la pace (glielo auguriamo), se riesce a farsi scivolare di dosso molte delle cose che scrivono su di lei. Perché la campionessa in carica dello US Open è costantemente sotto i riflettori – leggasi esposta a critiche continue – ormai da quasi un anno. Anzi, qualcosa di più, visto che era stata oggetto del duro commento di John McEnroe per essere stata colta dai crampi nel suo match di ottavi a Wimbledon 2021, raggiunti da n. 338 della classifica.
Lungi dal mettere a tacere la parte deteriore della stampa britannica e degli appestatori dei social media, l’incredibile cavalcata newyorchese ha invece elevato Emma su un piedistallo con un bel bersaglio dipinto addosso, ponendola in bella vista senza possibilità di riparo alcuno – della serie, “ora tutti sanno chi sei, goditi questo momento perché alla prima sconfitta…”.
I mesi successivi al vittorioso Slam non le hanno giovato da questo punto di vista, quando, conti alla mano, Emma vantava più accordi con nuovi sponsor (e che sponsor) che incontri vinti. Due fatti per i quali è fin troppo facile suggerire una relazione diretta, esistente o meno, di cui ci dovesse importare o meno. Parallelamente, c’è poi la questione dei continui cambi di coach, a cominciare da quell’Andrew Richardson nel suo angolo a Flushing Meadows (in realtà si partiva da prima, da Nigel-suocero-di-Andy-Murray, ma lì abbiamo avuto le prime perplessità e non solo per il luogo comune “squadra che vince non si cambia”).
A questo proposito, proprio in questi giorni Raducanu sarà seguita da un nuovo allenatore, Dmitry Tursunov, attualmente in prova con vista sul prosieguo della campagna nordamericana. E qui la notizia prende due strade diverse. La prima travalica l’ormai stantia storia della ragazza sciupa-coach per assumere un qualche connotato “politico”, nel senso che questa volta il commento sulla sua carriera arriva da un politico – il parlamentare laburista Chris Bryant, presidente dell’All-Party Parliamentary Group on Russia, un gruppo informale della Camera dei Comuni aperto a tutti i partiti che si propone di “promuovere buone relazioni tra i parlamenti e i popoli di UK e Russia”.
“Il Cremlino lo rappresenterebbe come un colpo propagandistico e un’indicazione che al Regno Unito non interessa veramente la guerra in Ucraina” ha detto Bryant al quotidiano The Telegraph. “Sarebbe un vero peccato [real shame, in inglese] se Emma continuasse”. E ha aggiunto: “La incoraggio a ripensarci e come minimo a condannare la barbarica guerra di Putin”.
Non ci sono stati commenti da parte dei portavoce di Emma e della LTA, la federtennis britannica che continua a fornire supporto a Raducanu, così come da parte di Tursunov. Si è invece espresso un altro membro del parlamento, il tory Julian Knight, presidente della commissione Digital, Culture, Media & Sport: “Fa impressione vedere un russo allenare la stella nascente numero uno della Gran Bretagna”. Knight vorrebbe capire dove stia Tursunov rispetto all’invasione (e qui si ricade nel discorso già fatto quando si parlava delle dichiarazioni per poter partecipare a Wimbledon) e aggiunge di sperare che “la LTA sia capace di consigliare Emma per il meglio”.
Tornando al presunto “colpo propagandistico”, spostiamoci su Shamil Tarpischev, il presidente della federtennis russa che si era fatto (ri)conoscere già diversi anni addietro quando, riferendosi a Serena e Venus, le aveva chiamate i fratelli Williams. Dopo la finale di Wimbledon, Tarpischev ha rivendicato Elena Rybakina come un “prodotto” russo, in quella che pareva un’uscita da bambino delle elementari che butta via un giocattolo che non gli piace, salvo poi cambiare idea quando vede un compagno giocarci felice. Anche Yevgeny Kafelnikov usava lo stesso termine: “Comprare un prodotto pronto all’uso da una fabbrica di alto livello è qualcosa che sanno fare tutti...”.
Persone come oggetti, forse questo permette loro di sopportare meglio le barbarie del proprio Paese sulla popolazione ucraina. Dichiarazioni, in ogni caso, che da un lato quasi giustificano ex post (o almeno fanno riconsiderare) la controversa decisione di Wimbledon di escludere gli atleti che rappresentano la Russia (e non i “russi”), mentre dall’altro, trattandosi di una giocatrice che hanno palesemente e colpevolmente snobbato, non possono essere prese sul serio. Oppure possono? Perché, solo per fare un esempio dell’assurdo, anche giornalisti di nome (e cognome) hanno rilanciato il video dei “falsi morti ucraini che invece si muovevano”. Per dire che c’è gente sempre pronta ad abdicare al minimo sinaptico per credere alle stupidaggini che preferisce a dispetto dell’evidenza.
Allora, se non possiamo non essere d’accordo con Tumaini Carayol quando sul quotidiano The Guardian scrive che si tratta semplicemente di “un privato cittadino che si avvale dei servizi di un professionista indipendente, che è russo, con la semplice speranza di migliorare la propria carriera”, quello che segue, vale a dire che ciò “non dovrebbe costituire motivo per tale indignazione o polemica”, è altrettanto giusto, tranne però per il fatto che, lo abbiamo appena visto, non funziona davvero così. Perché, per quanto goffi, i tentativi di una narrazione russa totalmente avulsa dalla realtà fanno comunque proseliti. In questo senso, dunque, vanno intese le esternazioni dei due politici e inserite in un contesto di interferenze russe nella politica britannica.
La seconda strada verso cui ci porta la notizia del nuovo coach è per fortuna ben più leggera – sebbene anche questa lastricata di apprensioni – e origina da un’intervista di Tursunov dello scorso novembre in cui aveva avuto modo di citare Emma parlando delle perplessità sulla conclusione del rapporto con Sabalenka. “Emma Raducanu, che ha vinto gli US Open, sta licenziando le persone con cui ha lavorato” diceva Dmitry. “Naturalmente, tutti sono scioccati. Se qualcuno della sua squadra mi chiamasse ora e mi chiedesse se voglio allenarla, tremerei di paura, perché non sai quando verrai licenziato”. Una paura che speriamo abbia vinto, perché sarebbe dura trasmettere sicurezza dall’angolo quando sembra che il tuo seggiolino sia l’epicentro di un terremoto…