Un anno fa, di questi periodi, Emma Raducanu iniziava a scrivere i primi capitoli di quella che sarebbe diventata una delle sorprese più clamorose della storia del tennis, femminile e non: vincere lo US Open (prima nell’Era Open) da qualificata, senza perdere neanche un set. Poco meno di 365 giorni dopo, la vita della britannica classe 2002 è cambiata radicalmente, tra pressioni, obblighi da sponsor e tanti oneri insieme a tanti onori, oltre a tanto tennis. Ma il livello raggiunto a Flushing Meadows l’anno scorso di rado si è rivisto, e mai quanto quello messo in mostra un paio di settimane fa a Cincinnati, quando ha battuto Serena Williams, un’esperienza unica per il solo poter giocare contro la campionessa prossima al ritiro, come racconta al sito della WTA: “Mi è arrivato un messaggio dicendo:’ Giocherai contro Serena!’. Ero appena atterrata da Toronto. Ad essere onesti, la mia reazione iniziale è stata: ‘Wow, è un regalo. Non posso crederci’. Devi amare il momento e avrai questo ricordo per il resto della tua carriera“.
Una prestazione ottima della britannica, specie alla luce del fatto che fosse l’ultima partita a Cincinnati di Serena, che le ha permesso di ottenere la vittoria in 65 minuti con un solo non forzato: “Quello su cui mi stavo concentrando di più era essere davvero presente e pensare al mio gioco, a cosa dovevo fare. Ma non sto cercando di andare troppo in alto o troppo in basso in questo momento. Sto solo cercando di rimanere su un percorso e una traiettoria, perché mi sento come se fossi stata ad entrambe le estremità“. Ma, fa bene ricordarlo, oltre all’americana, nell’Ohio Raducanu ha avuto la meglio anche su un’altra grande ex campionessa come Viktoria Azarenka, in due partite che hanno tornato a far intravedere quella giocatrice che aveva alzato la coppa al cielo dell’Arthur Ashe Stadium: “Sapevo che dovevo stare sul mio gioco, ma ho anche sostenuto me stessa. Penso che iniziare il punto sia ovviamente molto importante contro entrambe, perché Vika ha delle risposte incredibili e Serena probabilmente il miglior servizio del gioco. Dovevo solo concentrarmi su ciò che potevo controllare, e nei punti non puoi pensare a chi c’è dall’altra parte del campo. Devi solo giocare la palla“.
Il 2022 non ha riservato tante soddisfazioni alla n.11 al mondo, che ha ottenuto al massimo due quarti di finale a Stoccarda e Washington, con l’ottavo a Cincinnati una delle fasi salienti, anche per le avversarie battute riscattando l’uscita in Canada al primo turno contro Giorgi. Proprio considerando com’è andata l’annata finora, e quanto possa darle, Emma commenta cosa significhi vincere da giovani: “Per avere successo in giovane età, bisogna essere davvero grati, perché io sto facendo ciò che amo, ma ho anche raggiunto il successo molto prima di quanto avrei mai pensato. Quindi sono abbastanza orgogliosa di me stessa. Ma è stato un anno difficile. Ho sicuramente affrontato e sperimentato molte sfide. Ad essere onesti, ho imparato molto da tutto questo“.
Riflessioni anche mature, che colgono l’insieme delle cose, da parte di una delle giovani campionesse spuntate in questi anni, non l’unica ad aver avuto difficoltà nel confermarsi. Basti pensare a Sofia Kenin, oggi fuori dalle prime 400, a 21 anni campionessa dell’Australian Open nel 2020, e finalista al Roland Garros qualche mese dopo. L’americana è stata grandemente condizionata dai problemi fisici, ma anche lei ha dovuto fare i conti con pressioni a volte asfissianti, come riporta al sito WTA: “Ho sentito più pressione dall’esterno. Ho cercato di fare del mio meglio ma ovviamente alcuni nervi hanno avuto la meglio su di me. Ho messo più pressione su me stessa perché mi sentivo come se ci si aspettasse che facessi ogni volta lo stesso. Non è realistico a meno che tu non sia come Novak [Djokovic] o come Rafa [Nadal]. O come anche Serena [Williams]“.
Emma Raducanu è apparsa pronta, consapevole del peso che avrà sulle spalle a partire da lunedì prossimo. Ma, come detto anche da lei, a Toronto, le persone cercano sempre un modo di dire qualcosa, di criticare. Il campione deve essere bravo a non curarsene, ad essere superiore di testa e trovare il suo ritmo. Così si vincono i tornei non solo all’esordio, ma anche l’anno successivo, e una bella storia può diventare un romanzo.