Scorrendo l’entry list del Challenger 50 di Praga ci viene da pensare che forse è giunto il momento che l’ATP ripensi un attimo alla strutturazione e soprattutto al calendario del circuito Challenger. E’ infatti quantomeno incongruo che la scorsa settimana nel continente nordamericano (purtroppo in quel di Vancouver, cioè sulla costa Ovest, a tre ore di fuso orario da New York) fosse programmato un solo evento su cemento mentre sarebbe stato facilissimo mettere in calendario un altro torneo sulla costa est che avrebbe potuto tranquillamente ambire ad una entry list da leccarsi i baffi. E poi la settimana successiva, interamente dedicata alle qualificazioni degli US Open, sono in calendario addirittura quattro tornei, con l’assoluta certezza che nessuno dei primi 230/250 giocatori del mondo vi prenderà parte. Abbiamo così il caso assai singolare del nostro Matteo Gigante che da n.269 ATP si vede attribuire a Praga la prima testa di serie. Poi il tennista romano, che ovviamente non ha nessuna colpa di questo, è stato bravissimo ad approfittarne, centrando i quarti di finale con le due vittorie sull’argentino Roman Andres Burruchaga 7-6(5) 2-6 6-2 (il figlio dell’eroe pedatorio di Mexico 86) e poi sul padrone di casa Michael Vrbensky con un secco 6-2 6-3. E adesso lo aspetta il 27enne tedesco Lucas Gerch (n.384 ATP) contro cui parte leggermente favorito.
Si giocava anche in Canada (Granby, Challenger 80 su cemento outdoor) dove il torneo si è allineato ai quarti di finale in cui è presente il terribile teenager cinese Juncheng Shang (17 anni e n.246 ATP) che si candida alla doppietta dopo il successo di due settimane fa a Lexington. Noi confessiamo che ci piacerebbe molto veder emergere l’ormai 25enne Aziz Dougaz (anche lui ai quarti), il mancino tunisino che ruba l’occhio. Noi lo vedemmo per la prima volta un paio d’anni fa al Challenger di Forlì e fu amore a prima vista. Peccato che il suo percorso successivo gli abbia dato diritto alla tessera ad honorem del club ‘tutto fumo e niente arrosto’.
In Bosnia intanto si sta disputando lo ‘Srpska Open’, un Challenger 80 su terra dove erano in tabellone i due azzurri Lorenzo Giustino e Alexander Weis. Entrambi hanno fatto pochissima strada: eliminati all’esordio rispettivamente dall’inglese Jan Choinski (n.577 ATP) e dal peruviano Nicolas Alvarez (n.300 ATP)…insomma non il massimo della vita. Come non è il massimo della vita constatare che si giochi un torneo di tennis nell’autoproclamata Repubblica dei serbi di Bosnia, a soli 7 km da Sarajevo. Senza entrare nel merito degli accordi di Dayton del 1995 (cosa per cui non abbiamo né il tempo né le competenze) vi assicuro però che quando visitammo il paese nel 2015 non fu un bello spettacolo vedere le bandiere serbe garrire orgogliosamente al vento a pochissimi km da Sarajevo con il suo museo vittime/carnefici, i segni della cruentissima guerra civile visibili ad ogni angolo di strada e quella che era stata la biblioteca più grande del paese senza però più libri, tutti bruciati nei bombardamenti.
Dalla lontana Thailandia intanto era arrivato lo squillo di Federico Gaio che nel Challenger 50 di Nonthaburi (cemento outdoor) superava all’esordio l’israeliano Yshai Oliel (n320 ATP) per poi arrendersi all’australiano Omar Jasika (n.388 ATP) col punteggio di 6-0 7-5.