Clicca qui per guardare il video completo sul sito di Intesa Sanpaolo
Sarebbero bastati cinque minuti e… I grandi campioni dello sport sono i soli essere umani cui è concesso di morire due volte. Oggi il cordoglio è unanime, universale. Universale perché… mondiale parrebbe poca cosa. E’ tutto un incessante proliferare – ovunque – di elogi funebri e amarcord personali. Piangono tutti. Non solo i campioni di una generazione. Anche quelli “trapassati” delle precedenti. E ben al di là dei confini angusti del Pianeta Tennis, un microcosmo.
Non c’è media né social su cui non si pubblichino i necrologi più ispirati dei più grandi scrittori. Anche – soprattutto? – di quelli che non hanno mai visto un intero suo match… ma è deflagrata proprio in giornata la notizia che è spirata la prima vita di Roger Federer. Quella più…eterna. E’ cronaca di una morte annunciata. Ma è stato lui a darsela, diversamente da Santiago Nasar.
La circostanza è triste, tristissima. Roger non avrà le onoranze funebri della regina d’Inghilterra. Eppure King Roger sui campi di tennis non ci sarà più. In Svizzera non usa. Ma a piangerlo saremo in tanti. Milioni. Quando dico che lo piangono tutti… è vero.
Il funerale deve essere celebrato. Paginate listate a lutto sui giornali, servizi di circostanza sui vari network in attesa della prima, immancabile docu-serie.
Il De Profundis non potrà non rattristare profondamente perfino i tifosi più sfegatati di Rafa Nadal, Nole Djokovic e Andy Murray, i tre dei Fab Four che sono ancora irriducibilmente attaccati alla loro prima vita. Fino all’ultimo respiro. Che, è scontato, vogliamo augurar loro non arrivi prima dei 41 anni (di Roger).
I suoi primi 40 anni – suvvia, siamo onesti e senza eccedere nelle iperboli… l’ultimo anno mica tanto – sono stati straordinari. Per i campioni di solito parlano i record. Quelli non si dovrebbero discutere. Anche se c’è chi pervicacemente lo fa.
Tanti amici, e non solo Radio Sportiva e Radio Bruno, mi hanno chiesto un mio ricordo di Roger Federer, sapendo che l’ho visto la prima volta all’età di 16 anni e mezzo quando vinse il torneo junior di Pasqua al CT Firenze nel 1998 battendo Filippo Volandri 6-4, 6-4. E la seconda quando Roger esordì in Coppa Davis a Neuchatel il 2 aprile 1999 a 17 anni e 8 mesi battendo il nostro Sanguinetti. E c’ero a Milano quando Roger vinse il primo dei suoi 103 tornei a 19 anni e qualche mese. E se allora si poteva ancora dubitare che sarebbe diventato quel fenomeno che è diventato – anche se oggi tanti magari dicono “Io l’avevo detto, l’avevo capito” … di talent scout fenomeni con il senno di poi è pieno il mondo! – beh credetemi se vi dico che quando il 2 luglio 2001, non ancora ventenne, lo vidi battere un certo Pete Sampras nel giardino di casa sua a Wimbledon in 5 set e 3 ore e 40 (190 punti contro 180…e almeno venti, understatement!, furono straordinari, pazzeschi) non potei fare a meno di scrivere: “Credo proprio di aver assistito all’ufficializzazione del cambio della guardia nel Regno Unito: questo ragazzo ha un talento davvero straordinario, non dubito che dovrò scrivere ancora molto di lui a partire da un futuro che credo molto prossimo”.
Rimasi semmai sorpreso che ci mise un anno più del previsto, quasi tutto il 2002, a darmi ragione. Beata gioventù. E’ stato meno precoce di Nadal e Djokovic. Ma è durato di più? Vedremo.
Non ero nella sua Basilea quando, dopo aver conosciuto lì il mondo del grande tennis da raccattapalle, vinse il torneo n.103. Ma lo vidi in tv. E ricordo che scrissi che non sarebbe stato proprio giusto se si fosse fermato a 103 quando Jimbo Connors ne aveva vinti 109. Non era giusto perché diversi di quei 109 erano fake-tournaments. Tornei che organizzava il manager di Jimbo, Bill Riordan, e la mamma di Jimbo, Gloria. Di ben altro spessore sono stati vinti i 103 tornei vinti da Roger. E quanti di più ne avrebbe vinti se si fosse “umiliato” a giocare anche quelli di minor blasone. Avrebbe potuto farlo, ma era troppo orgoglioso per… abbassarsi. Non sarebbe stato chic. E, suvvia, lasciamo perdere l’annoso e noioso discorso GOAT, ma quale è il tennista più chic di sempre, quello che non si è mai visto sudare, quello più elegante, nel giocare come nel vestire… qualunque fosse il suo sponsor? Prima lo sponsor era americano, già a 16 anni con Nike. Poi giapponese in questi ultimi anni, Uniqlo. Uguale uguale, si discuta pure su chi è stato il più forte. Ma non si può discutere su chi sia stato sempre il più chic! Forse anche in pigiama, ma bisogna chiederlo a Mirka.
Lui ha ricordato nel suo messaggio di addio al tennis agonistico di aver giocato oltre 1500 match. Malato come sono di tennis e di grandi spettacoli tennistici, e guardar giocare Federer è sempre stato garanzia di spettacolo sicuro – e avevo la fortuna di non dover pagare neppure il biglietto …ma l’avrei pagato! – mi piacerebbe da morire ricostruire i miei passi per sapere quanti ne ho visti dal vivo. E in tv. Così, per sciocca, sciocchissima e inutile soddisfazione personale. Quanti bei momenti mi ha regalato, questo è poco ma sicuro. Quanti ohh di meraviglia mi ha strappato, fino a che mi sono abituato e persuaso a non sorprendermi più.
Di certo ho visto tutti i suoi 20 trionfi negli Slam, in tre continenti e non solo gli 8 Wimbledon. E la sua vittoria n.1251, l’ultima, per l’appunto contro il nostro Lorenzo Sonego, prima dell’ultima sconfitta, la n.275, quella con Hubi (con la H…non ero io) Hurkacz. Già, perfino Federer ha perso molti più tornei di quelli vinti, 103. Signori, questo è il tennis. Anche King Roger ha perso tanto. Perfino uno dei tennisti più vincenti della storia ha dovuto imparare a gestire anche le sconfitte. D’altra parte senza perdenti (conosco bene di persona questa categoria) non esisterebbero vincitori.
Proseguendo nella descrizione dei paradossi federeriani, quelli che leggerete a contrario ovunque, Roger è stato molte più settimane senza sedere sul trono del tennis che non le 310 in cui ha regnato.
Non credo – e non per la generosità che si usa sempre nei confronti di chi…non c’è più – che si debba dare peso al fatto che in 40 duelli con Nadal Roger ne abbia vinti soltanto 16 (il 40%) e in 50 sfide con Djokovic, 23 su 50 (il 46%). E’ un po’ lo stesso discorso fatto per i 109 titoli di Connors e i 103 di Federer. Ma non è giusto che si confrontino pere e mele, che si mettano a confronto giocatori di età diverse, con gap di 5 (Nadal) e 6 anni (Djokovic) in periodi storico-anagrafici diversi e con duelli contati agnosticamente su superfici anch’esse diverse (il riferimento a Rafa Nadal e alla sua indiscutibile superiorità sulla terra battuta è tutt’altro che casuale).
Credo invece che per scrivere quel che molti avranno scritto meglio di me sul tennista Roger Federer non ci sarebbe stato alcun bisogno di vederlo centinaia di volte come ho fatto io. Salvo il piacere, l’inesauribile godimento ovviamente.
Bastavano davvero cinque minuti per … ”scoprire” tutto il suo incredibile repertorio. In cinque minuti avremmo, avreste, potuto immediatamente notare, scorgere la fluidità e l’eleganza del suo servizio e di tutti i suoi colpi, sì proprio tutti, anche se può sembrare incredibile o magari il frutto di uno smaccato elogio funebre (il classico post mortem), dritto, rovescio, volee, demivolee, dropshot, risposte bloccate, rovesci tagliati, rovesci coperti (post Ljubicic), tocchi delicati alla McEnroe (“da tocchi così, se fossi più gay mi farei carezzare” disse Gianni Clerici di SuperMac ma avrebbe potuto dirlo anche di Roger) , attacchi in controtempo, sneak attack (attacchi furtivi già i fase di risposta con chip and charge) giocato con la velocità di un pop up, come ha scritto qualcuno che non ricordo. E i tweener? Li ha fatti in tutti i modi, di dritto, di rovescio, passanti traccianti, lob vincenti. Tutti avremmo voluto giocare uno solo di questi colpi, dei suoi colpi, come lui. Stavo lambiccandosi il cervello per pensare a un colpo che non gli sia mai riuscito almeno una volta nel suo magico repertorio. Alla fine mi e’ venuto in mente: lo smash con il tweener! Nobody is perfect.
Sì, ribadisco, non c’era bisogno di seguirlo per centinaia di match. Bastavano cinque minuti. Grazie per avermi regalato migliaia di quei cinque minuti, Roger. E auguri per la tua seconda vita, a te, a Mirka, ai quattro gemelli, a tutti. Con te se ne va anche una parte della mia vita di giornalista. E non è una leggenda. E’ stata storia, storia vera. Bellissima. Grazie Roger.