Yannick Noah, l’ultimo tennista francese a vincere un torneo dello Slam in singolare, è state intervistato per Il Messaggero e per La Stampa, spaziando nelle sue risposte raramente banali tra tanti temi. L’occasione è stata un evento promozionale all’Harbour Club di Milano, in qualità di “ambassador” de “Le Coq Sportif” per giocare a tennis (e padel) con i ragazzini. La collaborazione col marchio di abbigliamento francese ormai dura da più di 40 anni, fin dai tempi appunto dello storico successo al Roland Garros 1983, che rimane, come detto, l’ultimo trionfo di un giocatore di casa a Parigi
Ha iniziato parlando della sua vita attuale. “Canto sempre, sono impegnato in tante attività anche di beneficenza, vivo fra Parigi e il Camerun dove ho aperto un centro anche di sport, sono sempre più legato al paese di papà. Sono capo villaggio a Etoudi, nello Yaounde”. Ma questo non significa che ha messo il tennis da parte. “Sono nello staff di supporto mentale alle famiglie e agli atleti della Federazione francese. È fondamentale che i genitori capiscano il loro ruolo e di che cosa hanno bisogno i figli”.
Il suo interesse è sempre stato quello di concentrarsi più sulla persona che sul tennista in sé, e per far capire questo concetto, l’esempio che porta è lampante. “L’essere umano resta sempre al centro di tutto con la sua testa e i suoi pensieri. Sai qual è stata la più bella notizia degli ultimi tempi del tennis francese? Indovini un po’? Glielo dico io. Che Caroline, Garcia, ha ricominciato a vincere: a 28 anni era ora che si staccasse dal papà…”. Ogni riferimento a Camila Giorgi è puramente casuale.
SUL TENNIS ITALIANO – Noah, vincitore di 23 tornei ATP, ha parlato dell’attuale rosea situazione del tennis italiano, dando ottimi consigli sia ai giocatori che soprattutto al pubblico. “È fantastico. Non è facile come in Spagna dove negli ultimi 30 anni ci sono stati tanti n.1 che fanno da traino. In Italia l’ultimo è stato Panatta più di 40 anni fa. Adesso, con Berrettini e Sinner, i bambini tornano ad avere modelli da imitare. Sento qualcuno che vorrebbe già vincere uno Slam. Serve un po’ di maledetta calma. Prima accontentati di avere un top 10 dopo tanti anni. Poi arriverà anche uno Slam. […] Sicuramente i buoni allenatori di club sono un fattore, come i tornei minori dove misurarsi e una Federazione più sensibile che finanzia uno sport sempre costoso”.
SU FEDERER – L’eredità del campione svizzero non sta tanto nei record o nei numeri, bensì nell’estetica, stando a quanto afferma Noah. “Roger è stato l’ultimo artista capace di spingersi alle semifinali e finali dei grandi tornei. Ci sono altri artisti, ma non si vedono perché escono ai primi turni sui campi laterali. Roger, invece, ha condotto gli artisti al vertice per quasi 20 anni». Qualcuno potrà sostituirlo? «No, nessuno ha sostituito Laver o McEnroe. Qualcuno porterà qualcosa di nuovo. La gente tende a commentare lo sport guardando solo i risultati. Senza rendersi conto che è determinante la componente di spettacolo e drammaticità. Gli elementi tecnici e atletici sono secondari. Quando giocava Roger, sapevi che qualcosa sarebbe successo. Arriverà qualcun altro, ma sarà differente. Mi piaceva quando andava a rete perché accorciava i punti. Bisogna gettare sul tavolo le proprie carte senza tenerle in mano troppo a lungo. Con le nuove racchette andarci ora equivale a farsi ammazzare”.
NUOVE, TROPPE REGOLE – La motivazione della mancanza di spettacolo per l’ex tennista francese è abbastanza semplice. Lui che era un istrionico esponente di questo sport, sempre pronto ad intrattenere il pubblico con siparietti divertenti, sa con chi prendersela. “Le regole sono fatte dagli sponsor. Gli organizzatori americani hanno deciso che non si possono più dire parolacce, perché non va bene per i bambini. E pieno di obblighi: devi battere in 25 secondi, puoi prendere l’asciugamano ma non puoi parlare con tua mamma in tribuna, devi sederti esattamente in quel posto e bere quella bibita. Se provi a esprimerti liberamente, arriva un punto di penalità. Le regole ci vogliono, ma sono troppe e troppo rigide. E tutto un “Non si può””.
Sulla scia di questo discorso, è facile prevedere che uno dei suoi preferiti sia Nick Kyrgios. “Lo adoro perché dietro ogni sua partita c’è una storia, una reazione, un’interpretazione, qualcosa da raccontare. Altri arrivano anche in finale e non sai come e perché. Uno così fa bene al gioco e fa bene a sé stesso perché si esprime per quello che è. Perciò adoro anche Benoit (Paire, ndr), che è troppo – è vero – ma offre davvero qualcosa di molto personale. Perché poi, se vai a vedere, la gente vuole vedere l’anima”.
“Cosa piaceva di McEnroe? Il suo rovescio e il suo diritto? No, la sua personalità. Oggi McEnroe non finirebbe una partita. Vale lo stesso discorso per Nastase. Quanti ragazzi hanno iniziato a giocare a tennis grazie a Nastase? Tantissimi, perché era divertentissimo. Ora è tutto noioso. Non fraintendetemi, Nadal e Djokovic sono fenomenali ma prevedibili. Che voce ha Zverev? Non lo so, mai sentita. Vorrei microfoni ovunque in modo che questi giocatori possano esprimersi. Vorrei che ridessero, urlassero, scherzassero, piangessero. Vedere Federer e Nadal mano nella mano che piangono è il massimo perché esprimono la loro umanità“.