L’Astana Open, ATP 500, si sta rivelando teatro di diverse soprese, ma anche di grandi emozioni oltre che portatore di numerosi ed interessanti spunti di riflessione. Nella mattinata di mercoledì sono andati in scena due dei protagonisti del circuito degli ultimi giorni, lo svizzero Marc-Andrea Huesler – trionfatore a Sofia – e il belga David Goffin, che proprio ieri aveva eliminato il numero uno del mondo Carlos Alcaraz. Entrambi, però, hanno finito per essere eliminati. Vediamo cosa è accaduto, nel dettaglio, nella sessione diurna della giornata odierna con i primi due ottavi e i restanti primi turni della parte bassa.
[5] A. Rublev [Q] Z. Zhang 6-3 6-2
Ad aprire il terzo giorno di gare, per quanto riguarda il main-draw, è stata l’affermazione della testa di serie numero 5 Andrey Rublev, con lo score di 6-3 6-2 in appena 59 minuti di gioco, ai danni del qualificato cinese Zhizhen Zhang, uno dei due ottavi di scena nell’odierna sessione diurna. Una partita sostanzialmente senza storia, dominata dal primo all’ultimo momento dal 24enne di Mosca, e rivelatasi poco più di un allenamento. Soltanto cinque giochi concessi da parte del n. 9 ATP, in quella che di fatto è stata una sorta di sessione di training agonistico: Il tennista russo è partito subito a spron battuto, issandosi rapidamente sul 3-0. Da quel frangente in poi è stato rispettato l’ordine dei servizi, senza che nessuno dei due giocatori riuscisse ad impensierire minimamente l’avversario in risposta: almeno sino all’appuntamento con la chiusura del set dove Andrey, come spesso gli accade, s’irrigidisce offrendo le prime palle break del suo incontro; ne concede ben tre, ma rimontando dal 15-40 e superando un altro scoglio ai vantaggi, s’intasca il parziale inaugurale quando l’orologio indica il primo giro di lancette dopo la mezz’ora iniziale.
Ancora più netto il divario, che va a delinearsi nella seconda frazione, con lo strappo che arriva nel terzo game. Il vantaggio viene ulteriormente incrementato, dal vincitore juniores del Roland Garros 2014 sul 4-2, attraverso un secondo break che mette in cassaforte lo scontro. Questa volta l’ex n. 5 del ranking riesce anche nell’intento di evitare di tremare, nel turno di servizio in cui deve apporre il francobollo prima di poter spedire la lettera: 28 minuti la durata di un secondo set mai in discussione. Una giornata brillante in battuta per il Re dei ‘500’, che ha reso così la sua scampagnata asiatica odierna un piacevole diletto: 6 aces scagliati, il 73% di prime in campo, l’83% di trasformazione e un ottimo 69% di realizzazione con la seconda. Ma forse più di tutti gli altri dati a far comprendere pienamente la performance assolutamente positiva del russo, è la voce che recita 0 ai doppi falli commessi; spesso e volentieri infatti Rublev nei momenti di tensione tende a perdere lucidità e a forzare la seconda incorrendo in errori fatali, quasi sempre nelle fasi più concitate delle sfide.
Oggi ciò non è accaduto, probabilmente anche perché la superficie gli sta consegnando quella fiducia e quella tranquillità, necessarie per esprimersi al meglio. E’ indubbio, difatti, che il cemento indoor sia uno dei terreni di caccia prediletti dal finalista del Masters 1000 di Cincinnati 2021; soltanto in questa stagione ha un record – considerando l’affermazione di oggi e solo le specifiche condizioni del veloce al coperto – di 9-1, grazie al quale si è spinto a febbraio in due settimane consecutive sino alla semifinale di Rotterdam e poi fino ad alzare il trofeo a Marsiglia. Non a caso, anche nell’esordio contro Djere, ha avuto un unico momento di sbandamento in cui ha servito sul piatto d’argento tre break point all’avversario salvo però essere invalicabile nei restanti nove turni alla battuta. Eppure nonostante abbia gestito al meglio la situazione, passeggiando in ciabatte verso i quarti dove ad attenderlo ci sarà Mannarino, questa sfida inedita per Rublev preventivava molte insidie alla vigilia. Probabilmente ai più il 25enne di Shanghai non dirà molto, ma invece è stato un autentico dominatore del circuito Challenger del 2022, con risultati in successione impressionanti che gli hanno permesso di scalare quasi 200 posti in classifica raggiungendo il proprio best ranking al n. 122 lo scorso 12 settembre. Un traguardo che ha riscritto la storia della Cina tennistica, quantomeno al maschile, portandolo a diventare il giocatore con il ranking più alto fatto mai registrare da un uomo cinese con una racchetta in mano. Un’esplosione quella di Zhang, con anche un po’ d’Italia coinvolta, visto che nella sua estate d’oro tra luglio e agosto ha raggiunto quattro finali Challenger: due di queste sono arrivate sul suolo italico, ma in particolar modo l’unico trionfo lo ha ottenuto il 7 agosto agli Internazionali di Tennis del Friuli Venezia Giulia a Cordenons contro Vavassori – il primo della sua carriera -, mentre la sua corsa a Trieste è stata interrotta da Francesco Passaro. Purtroppo per lui, oggi, non è riuscito a ripetere l’impresa compiuta cinque anni fa a Shenzen, nella quale raggiunse i quarti eliminando – tra gli altri – anche il nostro Paolo Lorenzi. Al contrario Andrey si conferma una certezza inossidabile quando trova dall’altra parte delle rete avversari di livello inferiore, nello specifico classificati fuori dai primi cento: ha infatti vinto venti delle ultime ventuno partite contro chi non far parte dell’élite del tennis mondiale, l’unica sconfitta è giunta per mano di Nick Kyrgios al secondo turno di quest’anno del Masters 1000 di Miami. Di certo un avversario che di gran lunga vale i primissimi di questo sport.
E. Ruusuvuori b. M-A. Huelser 6-0 6-2
Il National Tennis Center ha anche ospitato, nella prima mattinata italiana, il duello fra il mancino svizzero Marc-Andrea Huesler e il finlandese Emil Ruusuvuori. Ad aggiudicarsi la contesa è stato il 23enne di Helsinki, che reduce dalla prematura uscita al secondo turno di Tel Aviv contro il francese costruitosi nei Challenger Corentin Lestienne, ha fatto un sol boccone del n. 64 ATP. Il tennista di Zurigo aveva le pile scariche, dopo la scorpacciata di Sofia che gli è valsa il primo titolo della carriera nel circuito maggiore, fisicamente non ne aveva più e lo si è visto compiutamente soprattutto negli spostamenti laterali – sempre in costante ritardo ed affanno -. Un atleta, il 26enne elvetico, che a causa della sua imponente mole fisica ha sofferto sovente per tutta la propria attività da professionista di ricorrenti problemi fisici, che ne ha minato il fisico ed impedito che potesse arrivare qualche anno fa nel tennis che conta. 6-0 6-2, il punteggio inequivocabile maturato in 1h09′ che testimonia come, quantomeno oggi, il gioco offensivo e verticale di Marc sia stato tramortito e surclassato dal ritmo e dalla regolarità di Emil. Il n. 53 delle classifiche, dopo aver maramaldeggiato nel set d’apertura, ha visto nel primo gioco della seconda partita l’unico vero frammento di pathos e tensione del suo match: game maratona da 16 punti, in cui ha dovuto cancellare tre palle break, le sole lasciate per strada nell’incontro. Emil ora, è pronto all’esame Medvedev.
[9] M. Cilic b. O. Otte 5-7 7-6(4) 6-2
Huesler non è stato però l’unico esponente del serve&volley ed in generale di una proposta di stile d’attacco, impegnato in questo mercoledì sui campi dell’ex Nur Sultan. Infatti ha fatto il suo ingresso in campo, anche l’erbivoro tedesco Oscar Otte. Il 29enne di Colonia non sta vivendo un momento particolarmente felice, considerando che ha perso otto delle ultime nove partite disputate nel Tour ATP. Una striscia negativa iniziata, pensate, addirittura il 1 luglio scorso con l’eliminazione subita da Alcaraz al 3°T di Wimbledon. L’astinenza dal successo, 6 ko di fila, è stata interrotta soltanto la settimana scorsa vincendo all’esordio a Sofia contro il carneade svedese Madaras per poi essere rimontato da Majchrzak. A sottrarre certamente ulteriore fiducia, oltre che a complicare decisamente la situazione, ci ha pensato anche l’operazione al ginocchio che il n. 55 ATP ha dovuto affrontare; un infortunio che gli ha tolto certezze soprattutto nei momenti difficili degli incontri: sconfitta con tanto di match point in Davis contro Goffin, ancora rimonta subita a Metz da Barrere. Dunque quella attuale non è certo la versione di Oscar, che per la prima volta – qualche mese addietro – era riuscito a sfondare il muro della Top 50, grazie alle semifinali raggiunte a Stoccarda e Halle.
Il suo obbiettivo era dunque quello di ripartire, ma il sorteggio non è stato così benevolo nei suoi confronti mettendogli di fronte al primo turno il rinato e pimpante Marin Cilic. Il croato, campione Major a New York 2014 e promosso a tds n. 9 dopo il forfait di Sinner, gode di un buon momento di forma: solamente qualche giorno fa ha giocato la finale del ‘250’ di Tel Aviv, nella quale è arrivata la 20esima sconfitta in 22 confronti diretti al cospetto di Nole Djokovic. Tuttavia il n. 14 del ranking lo scorso anno proprio durante la parte di stagione sul veloce indoor con la finale di Mosca ed il titolo a San Pietroburgo, diede nuovo slancio alla sua carriera, che stava volgendo verso il basso e incanalandosi nel rettilineo finale. Una rinascita che è rispecchiata alla perfezione, dal ritorno in Top 15 e che è stata conseguenza di una grande continuità di rendimento: non perde al primo turno dal mese di aprile sulla terra di Estoril. E anche oggi non si è smentito, imponendosi però soltanto in rimonta per 5-7 7-6(4) 6-2 in oltre due ore e mezza di gioco. Una vera battaglia senza quartiere, che nonostante le premesse, ha presentato un Otte voglioso e combattivo. Ancora una volta al tedesco è stata fatale la mancanza di fiducia, che in match incentrati sulla lotta leonina si rivela elemento imprescindibile e decisivo nella fasi clou. Ciò nonostante la strada intrapresa è quella corretta, bisogna solo ritrovare il sorriso della vittoria per scacciare definitivamente i cattivi ricordi.
Quando uno scontro mette in competizione due tennisti dotati di un perforante fondamentale d’inizio gioco, ed inoltre su una superficie così rapida che esalta i grandi battitori, non può che venirne fuori un duello all’ultimo ace a chi sarà più abile nell’estrarre dal cilindro il punto diretto al momento dirimente, o a chi sarà più capace di non dare punti di riferimento ed evitare di farsi leggere le traiettorie in battuta. Insomma, una trasposizione sportiva del capolavoro western di Sergio Leone: il buono, il brutto e il cattivo; un gioco di sguardi e di tenuta mentale. La gara degli aces la vince Otte, 11 a 7, mentre Cilic va meglio in termini di resa della prima, 80% contro il 76%, ma soprattutto per quanto riguarda la trasformazione della seconda: 57% contro 41%. Una differenza sostanziale, per ciò che concerne il peso specifico ricoperto in quei quindici in cui la palla scotta di più, che si ripercuote anche sulla ribattuta alla seconda di servizio altrui (59% a fronte del 43%). Nel primo set ci sono stati, nonostante questi numeri importati alla battuta, tre break: il 34enne balcanico ha strappato per primo al termine di un quinto game fiume da 12 punti, convertendo l’allungo al quarto tentativo complessivo. La tds n. 9, però, in uno dei suoi soliti svarioni di attenzione ha restituito il favore sul 4-3, per poi concedere con un calo piuttosto prolungato il break decisivo nel dodicesimo gioco.
Nella seconda frazione, uscendo indenne da un settimo game in cui ha frantumato ben tre palle break, il tedesco sembrava aver piazzato la spallata definitiva all’incontro. Tuttavia non è arrivato il momento di flessione croata, che tutti si aspettavano dopo le chances mancate, e perciò si è giunti dritti al tie-break. Qui con le spalle ormai al muro il gigante buono ha tirato fuori la propria tempra e il proprio carattere rimandando ogni verdetto al set finale, attraverso un assolo irrefrenabile si è portato infatti subito sul 4-0, ipotecando il jéu decisif, per allungare ancora sul 6-1 e chiudere 7-4. Comunque la sua nomea di essere tutto tranne che un cuor di leone, non è si è smentita completamente neppure in questa circostanza avendo avuto avuto bisogno di quattro set ball per sigillare il parziale.
Il match si è di fatto concluso lì. Questo perché il 6-2 finale maturato in 47 minuti, ha visto sì tanti game lottati ma tutti contraddistinti da occasioni appannaggio dell’ex n. 3 ATP. Poteva essere benissimo un bagel, considerando che Oscar ha cancellato altri due break point nel quarto gioco, e tre nel sesto. Per Cilic in ottavi ci sarà il russo Khachanov.
A. Mannarino b. (LL) D. Goffin 3-6 6-1 7-5
L’ultimo incontro della sessione diurna in Kazakistan vedeva, invece, fronteggiarsi due “pesi leggeri” David Goffin e Adrian Mannarino. Due giocatori con caratteristiche molto simili, che fanno vertere la loro partita su un’eccezionale capacità di anticipo, conseguenza di un’altrettanto formidabile ricerca della palla. Per esprimersi al massimo delle loro potenzialità, perciò, debbono necessariamente possedere una condizione fisica perfetta, propedeutica a far sì che i piedi viaggino a velocità sostenute e gli permettano di arrivare all’impatto, con quel nano secondo prima degli altri, in grado di guadagnarsi il comando delle operazioni. Infatti per poter avere la meglio, hanno bisogno di essere loro a direzionare l’andamento dello scambio in modo tale da ricercare angoli acuti e far muovere l’avversario come un tergicristallo. Poiché se mancassero di queste prerogative essenziali, essendo sprovvisti di un colpo definitivo o di esecuzioni che generino una forte scarica di potenza, verrebbero investiti dal maggiore peso di palla del duellante di turno.
Dunque affrontandosi due tennisti praticamente quasi identici, se non fosse che uno è mancino, a spuntarla sarà certamente chi si troverà in una giornata migliore. A partire meglio è il belga, e non poteva essere altrimenti, considerando che dopo la sconfitta nelle qualificazioni subita per mano di un brillante Nardi, la sorte ha deciso di correre in soccorso dell’ex n. 7 al mondo: David, prima del torneo kazako, non vinceva un match in un tabellone principale ATP da ben sette partite consecutive. Ma da lucky loser è riuscito ad estromettere dal torneo il numero uno del mondo Carlos Alcaraz, centrando il terzo scalpo in 11 tentativi contro un n. 1 del mondo: curiosamente anche nelle altre due circostanze in cui ha compiuto una cotale impresa, ha battuto uno spagnolo, Rafa Nadal alle ATP Finals 2017 e in ATP Cup 2020.
Il primo set Goffin lo fa suo per 6-3 in 41 minuti, indirizzando il prosieguo del parziale con il 3-0 iniziale. Successivamente sono sfumati per poco due break in fila tra quarto e quinto game, con una chance ciascuno di strappare il servizio altrui. L’unico altro frangente da segnalare nel parziale, il nono gioco, quando l’attuale n. 66 ha servito per incamerare la frazione. Non ha sofferto, ma gli è servito il terzo set point per porre fine alla resistenza francese. Tuttavia Adrian non si è demoralizzato, anzi ha innalzato ulteriormente il proprio livello; forse memore della buone sensazioni che questo torneo gli porta in dote. Basti pensare, infatti, che oltre ad aver interrotto una serie di tre eliminazioni all’esordio, in eventi del Tour maggiore, con il successo su Wawrinka sfruttando il calo fisico dello svizzero nella frazione finale, il n. 51 ATP raggiunse la finale nell’edizione inaugurale del torneo – nel 2020 perdendo da Millman -. L’ex n. 22 del mondo è autore di un secondo set da cineteca, dove a suon di accelerazioni filanti, surclassa il diavolo rosso per 6-1 in 36 minuti.
I precedenti tra i due vedevano il belga avanti 5-2, 3-1 se si considerano soltanto i confronti sul cemento indoor. Si sono già fronteggiati nel 2022, a febbraio, in condizioni simili negli ottavi di Montpellier con il successo del mancino d’oltralpe in due comodi set. Dopo due frazioni dominate prima da uno e poi dall’altro, era inevitabile che il parziale finale fosse caratterizzato da un equilibrio profondo. Adrian prova a dare seguito, sulle ali dell’entusiasmo, al set appena vinto ripartendo forte e subito in spinta nel primo game della frazione: si guadagna tre palle break, ma David non ci sta e lotta dando tutto sé stesso riuscendo a riemergere dopo la bellezza di 16 punti. Nonostante poi il set seguirà un sottile filo del rasoio, in termini di punteggio, Goffin sembra essere agonizzante e sofferente ogni volta che tocca a lui servire: nel terzo game è costretto ad annullare altri due break. In qualche modo riesce a rimanere in vita il vice maestro delle Finals 2017. Ma arrivati al rush finale, la tensione prende il sopravvento e va in scena un filotto di tre break consecutivi: due a favore di Mannarino, che non si fa irretire dalla pressione, e vola ai quarti con il 7-5 finale sfruttando anche diversi errori del belga, che dopo il primo set ha perso per non ritrovarla più la sua consueta solidità.