Tra ormai poco più di una settimana all’Allianz Cloud di Milano si sfideranno i migliori otto tennisti Under 21 del pianeta nelle tradizionali Intesa Sanpaolo NextGen Finals, la competizione innovativa voluta dall’ATP, lanciata nel 2017 e ormai arrivata alla quinta edizione (dopo che quella del 2020 è stata cancellata a causa della pandemia).
Non saranno ai nastri di partenza i primi due classificati nello speciale ranking NextGen (che per quest’anno comprende solamente tutti coloro nati a partire dal 1° gennaio 2001), ovvero Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, in quanto hanno già vinto il titolo in una delle precedenti edizioni e saranno impegnati (o potrebbero essere impegnati) nelle Finals “dei grandi”, ovvero le Nitto ATP Finals di Torino.
Durante questa manifestazione sono state sperimentate nel corso degli anni alcune regole innovative per provare a rendere il tennis uno sport più vicino al gusto delle generazioni più giovani e per provare a risolvere alcuni dei “problemi” che affliggono il gioco, soprattutto quello della lunga durata delle partite.
Tutti i match di questa competizione sono quindi stati disputati al meglio di cinque set che vengono aggiudicati al primo giocatore che raggiunge quattro game, con tie-break decisivo sul 3-3. Sono state sperimentate poi altre norme, come il no-let (poi abbandonato), la comunicazione con le panchine attraverso le cuffie (ora sorpassata dal cambiamento della regola sul coaching), la possibilità del pubblico di muoversi durante il gioco eccetto che a bordocampo o dietro ai giocatori, il limite di tempo per la pausa fisiologica (3 minuti più ulteriori due se c’è un contestuale cambio di vestiti) e la riduzione del palleggio di riscaldamento da 4 minuti a un solo minuto.
Quest’anno saranno introdotte alcune nuove modifiche, anticipate dal sito Tennis Magazine Italia, alcune delle quali faranno sicuramente molto discutere.
Innanzitutto i cambi campo saranno effettuati non più ogni due game ma ogni tre, con ulteriore cambio campo obbligatorio alla fine di ogni set e relativo reset del computo dei giochi.
Questo vuol dire che in ogni set ci sarà un cambio di campo dopo i primi tre giochi e poi eventualmente prima del tie-break finale sul 3-3. Al termine del set ci sarà la pausa più lunga alla quale ormai ci siamo abituati, e il conteggio ripartirà da capo, ovvero con i primi tre giochi che si disputeranno con i giocatori che rimarranno sempre dalla stessa parte del campo.
Un’altra novità interessante che sarà introdotta nella rassegna milanese sarà l’accorciamento della pausa tra un punto e l’altro nel caso in cui il “quindici” venga assegnato con un ace, un doppio fallo oppure con un servizio vincente. In questo caso, ovvero in caso di assenza di scambio nel corso del punto, la pausa regolamentare prima del servizio successivo verrà accorciata da 25 a 15 secondi. Rimarrà in ogni caso la discrezionalità del giudice di sedia che avrà la libertà di far partire il cronometro a suo piacimento a seconda della situazione di gioco.
Mentre quest’ultima innovazione è abbastanza comprensibile e probabilmente non provocherà grossi sconvolgimenti, tranne per quei giocatori abituati alla solita routine con l’asciugamano prima di qualunque punto, la modifica del “ciclo” dei cambi di campo si preannuncia almeno sulla carta un po’ più controversa. Ciò vorrà dire che in un set di sei giochi, in ben quattro occasioni un giocatore servirà dalla stessa parte del campo. Si tratta di una leggera irregolarità introdotta nel gioco, che era sempre stato orientato ad annullare le possibili differenze tra una parte e l’altra del campo con la regola del cambio quando la somma di game giocato era un numero dispari, in modo tale da far servire (e rispondere) ogni giocatore alternativamente da un lato e dall’altro del terreno di gioco.
Lo scopo è chiaramente quello di ridurre i tempi morti nella speranza di velocizzare le partite. Il tennis non è il solo sport che sta tentando di far qualcosa per ridurre la durata degli incontri, per venire incontro alle nuove generazioni sempre meno disposte a passare ore e ore a seguire un evento sportivo o di altro genere. Anche la Major League Baseball recentemente ha deciso di introdurre lo shot-clock per i lanci ed altre limitazioni per evitare che le partite si allunghino a dismisura. Servira? Forse è un po’ presto per dirlo, ma sicuramente è positivo che si sperimenti qualcosa invece di parlare solamente o rimanere con le mani in mano.
Una regola di questo tipo sicuramente può avere un effetto destabilizzante sugli equilibri di un match in particolar modo quando si gioca all’aperto: infatti se le condizioni di gioco indoor tendono ad essere piuttosto “sterilizzate” nei confronti di possibili influenze dei fattori esterni, nei match all’aperto, con il sole, il vento, le ombre e le possibili asimmetrie di campo e tribune potrebbe influire molto di più sul punteggio il fatto di dover servire (o rispondere) più da una parte del campo che dall’altra.
Sarà interessante sentire le opinioni dei giocatori e poi anche di tutti gli altri addetti ai lavori che sperimenteranno questa nuova regola alle NextGen Finals per capire se effettivamente potrebbe servire a velocizzare il gioco e, in caso positivo, a quale prezzo.