Il sipario della stagione 2022 è ormai prossimo ad abbassarsi, con l’ultimo atto della Regular Season che andrà in scena in questa domenica novembrina in pieno periodo autunnale: la finale del Rolex Paris Masters, ultimo torneo dell’anno prima di tuffarsi nei Playoff del Tennis con le Next Gen ATP Finals di Milano e le Nitto ATP Finlas di Torino. A contendersi il match che assegnerà il trofeo del ‘1000’ parigino saranno l’eterno cannibale serbo Novak Djokovic e il rampante giovincello danese Holger Rune.
Una sfida dagli innumerevoli significati, e che soprattutto pone sul piatto della contesa alcuni traguardi imponenti per la carriera di entrambi i protagonisti. Chiaramente c’è un abisso in termini di esperienza, sedici anni di differenza, e impatto avuto nella storia del gioco – come d’altra parte qualsiasi altro giocatore si trovi al cospetto del campione di Belgrado, ad eccezione di rari casi – ma il 19enne di Copenaghen sfodera con la sua personalità – a volte sopra le righe – e con il suo tennis argomenti a sostegno della tesi di chi afferma che il classe 2003 scandinavo abbia quei tratti speciali e tipici di chi è destinato a grandi risultati – lo stesso Novak ha detto di rivedersi -. Prima dell’incontro che si terrà, a partire dalle 15:00 nella Parigi cementosa, i due si erano affrontati soltanto in un’altra circostanza. Era il primo turno dello US Open 2021, Novak era il n. 1 del ranking mondiale e iniziava la sua campagna newyorchese con l’obbiettivo di conquistare la cima più ripida di sempre: completare il Grande Slam dopo aver fatto man bassa di prove Major in quella annata. Dall’altro lato Holger, invece, era semplicemente un giovane di belle speranze che da qualificato – e classificato al n. 145 – giocava il primo tabellone principale Slam della carriera nonché il primo incontro contro un avversario classificato tra i primi dieci del mondo. Dunque come è facile desumere, ne sono cambiate di cosa d’allora: Rune dal prossimo lunedì sarà certamente n. 12 ATP, a dimostrazione della straripante crescita avuta in questa stagione, tuttavia qualora dovesse ottenere il successo finale farebbe il proprio ingresso trionfale nella Top Ten assestandosi alla piazza n. 10.
RUNE PER SUCCEDERE A BECKER COME CAMPIONE DI PRECOCITA’
Un tale traguardo rappresenterebbe un primato storico per l’intero movimento tennistico della Danimarca, visto che si tratterebbe del primo giocatore danese ad entrare nei primi dieci della classifica ATP da quando è nato il sistema computerizzato (1973). Inoltre la vittoria del titolo gli permetterebbe di diventare con i suoi 19 anni il più giovane campione del Masters 1000 di Parigi-Bercy dal 1986, anno in cui ad alzare le braccia al cielo fu il 18enne Boris Becker. E come se non bastasse, l’affermazione nella prima finale ‘1000’ della carriera lo porterebbe dritto alle Finals sabaude dalla porta laterale, facendo sì che diventi la prima riserva – dopo il forfait di Alcaraz, è entrato nel club dei magnifici otto Taylor Fritz che in caso di titolo di Rune chiuderebbe con un vantaggio sul danese di soli 40 punti -. La prima volta di “Holgerino” in Top 10, significherebbe anche ritornare ad avere una Top Ten con due tennisti con meno di vent’anni: era il lontano 2007 quando accadde l’ultima volta, con i diciannovenni Djokovic (all’epoca n. 6) e Murray (n. 10).
DJOKOVIC “L’ANZIANO”, UN SUCCESSO PER ESSERE COME FEDERER
Anche il 21 volte campione Slam, però, non è da meno dal punto di vista dei record e dei primati che ha in ballo in questa finale. E sapendo come è affamato di nuovi numeri da scolpire nella sua imperiosa Era tennistica, Nole avrà certamente grandissima voglia di fare suo l’ennesimo titolo della Parigi “Blu” considerando che ha già vinto questo torneo per ben sei edizioni. Ma ciò che è in gioco non si limita unicamente al settimo sigillo nell’albo d’oro (2009, 2013, 2014, 2015, 2019, 2021), settimo alloro che quest’anno il tennista balcanico ha raggiunto anche sui prati londinesi di Wimbledon poiché che Djokovic ha la possibilità di estendere la sua striscia di vittorie consecutive a quattordici sia in stagione che per quanto riguarda il torneo di Bercy – non perde dalla finale del 2018, sconfitto da Khachanov – e di migliorare ulteriormente il proprio bottino che lo ha visto trionfare nello scorcio di stagione che va dai Championships a Bercy 22 volte su 23 match disputati, con l’unica battuta d’arresto per mano di Auger-Aliassime in Laver Cup. Un trionfo, inoltre, consentirebbe all’attuale n. 7 ATP di mettere in bacheca il suo 39° titolo ‘mille’ – record all-time – e d’intascarsi il quinto trofeo della stagione – dopo Roma, Wimbledon, Tel Aviv e Astana – andando così ad agganciare nella personale classifica dei più vincenti dell’anno il n. 1 Carlos Alcaraz, l’unico al momento ad aver completato la cinquina di tornei vinti nel 2022, e realizzando così almeno un pokerissimo per l’undicesima volta in carriera. Nonostante poi l’eccezionale tenuta fisica d’acciaio di Robo Nole, che continua a mostrare un fisico elastico e tirato a lucido come i tempi migliori, le primavere non sono più quelle di una volta e dunque non essendo più di primo pelo ma mantenendo intatta la sua sete di successi; i record raggiunti in questa parte conclusiva della sua vita da atleta vanno di diritto nella sfera di quelli per anzianità: diventerebbe il secondo giocatore della storia, dopo Federer, a vincere un Masters 1000 alla veneranda età di 35 anni.
IL QUINTO SCALPO DI FILA CONTRO UN TOP TEN PER SCRIVERE LA STORIA
La leggenda serba però è avvisata, l’ultimo passo verso la storia è pronto a scriverlo anche il terribile biondo del Nord Europa: nel suo immaginifico e strabiliante percorso nel torneo, ha messo in fila la bellezza di quattro vittorie di fila contro Top 10 – il n. 10 Hurkacz al 2°T, il n. 9 Rublev al 3°T, il n. 1 Alcaraz nei quarti e il n. 8 Auger-Aliassime in semifinale – ed ora vuole diventare il primo giocatore a vincere cinque partite una in fila all’altra contro un Top Ten in un singolo torneo. Un’impresa riuscita solamente nelle ATP Finals, che però con il suo formato a gironi e le proprie particolari regole “d’ingaggio” esula dai normali appuntamenti del Tour. Riuscisse a portare a compimento un tale eroico cammino, il suo traguardo assumerebbe ancora più connotati epici dal momento che avendo salvato ben tre match point all’esordio con Wawrinka diventerebbe il nono tennista del 2022 ad aver trionfato in un torneo dopo aver sventato almeno un match point lungo il tabellone (anche il nostro Musetti, in quel di Amburgo, ha iscritto il proprio nome in questo speciale raggruppamento). Infine un’affermazione finale di Rune porterebbe il danese ad essere il quinto atleta della racchetta ad aver raggiunto in questa stagione il suo primo alloro ‘1000’ dopo Fritz, Alcaraz, Carreno Busta e Coric; mentre al contrario Djokovic con un successo in finale diverrebbe il secondo assieme a Carlitos ad aver fatto doppietta di mille.
NOVAK PER RIDURRE TERRENO DA CHI LO PRECEDE, CONNORS E’ ANCORA LONTANO
Chiudiamo ricordando che Novak ha un bilancio di sei vittorie ed un unico KO nell’atto conclusivo di Parigi Bercy, 4-1 invece recita il resoconto delle sue finali del 2022 – unica sconfitta contro Rublev nella sua Belgrado – (90-38 il record in carriera) e che andrà alla ricerca del 91° titolo per portarsi a meno uno da Rafa Nadal e a meno due da Ivan Lendl, rispettivamente quarto e quinto della classifica all-time dei più vincenti di sempre in termini di titoli inseriti nel proprio palmares. Djokovic dunque accorcerebbe le distanza da chi lo precede, fermo restando che anche in caso di vittoria non si smuoverebbe dal suo quinto posto con la prima posizione ancora ben distante: Jimmy Connors a quota 109.