Lo storico delle finali di Coppa Davis per l’Italia, è tristemente noto a tutti, con ben sette giocate (ultima delle quali nel 1998) a fronte di una sola vinta, nell’epica cornice di Santiago nel 1976, l’epopea di Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli, raccontata anche nella recente opera di Domenico Procacci. Ma l’Italia ha varie altre volte sfiorato il cielo dell’atto decisivo con un dito, avendo centrato, con la vittoria di ieri, 12 volte le semifinali (7 come Finali Interzone, 3 come semifinali Gruppo Mondiale e una con la nuova formula delle Finals). La prima, storica fu tra il 20 e il 22 luglio 1928, quando gli azzurri si arresero alla Francia sulla terra del Roland Garros; la più recente invece nel 2014, sull’indoor di Ginevra, quando ben poco si poteva contro la Svizzera di Federer e Wawrinka. E questa semifinale, insieme alle altre due più recenti (una sonora scoppola svedese nel ’97, una gran vittoria negli USA nel ’98), la andremo a vedere nel dettaglio, onde prepararci alla grande sfida di domani contro il Canada.
Nel 1997, sull’indoor di Norrkoping, l’Italia di Omar Camporese, Renzo Furlan e Diego Nargiso, capitanata da Paolo Bertolucci, cercava un’impresa rasentante quasi l’impossibile: battere in casa loro, e su una superficie decisamente favorevole, gli svedesi guidati da Jonas Bjorkman e Thomas Enqvist (ex top 10 entrambi, ed ex semifinalisti alle Finals). Il pronostico, per quanto in Davis possa dipendere da più fattori, lasciava poco spazio alla fantasia, e il campo non lo ribaltò, per quanto inizialmente gli azzurri ben figurarono e avevano diritto di sperare: Camporese si arrese solo al quinto a Bjorkman, e Furlan addirittura battè Enqvist. La mattina di sabato 20 settembre 1997, la spedizione azzurra nelle terre del Nord aveva motivo di essere ottimista…almeno fino al doppio, in cui Nargiso e Furlan rimediarono solo quattro game contro Kuthi e Bjorkman. Renzo iniziò anche alla grande il suo secondo singolare a dirla tutta, strappando il primo set a Jonas, senza però poi riuscire a reggere la pressione, e arrendendosi in 4. Nell’ultimo match, inutile ai fini della qualificazione, ancora vinse la Svezia, con Enqvist su Camporese, fissando il risultato su un secco 4-1. Un’Italia, quella, di cuore e grinta, anche di talento, ma sfortunata nel sorteggio, dato che la Svezia era tra le migliori squadre di quei tempi, e in seguito vinse la Coppa Davis 1997.
Un anno dopo, la formazione italiana vide alcune rivisitazioni, con Davide Sanguinetti e Andrea Gaudenzi come singolaristi di punta, sempre capitanati da Bertolucci; l’Italia ancora si spinse alle semifinali, e ancora il sorteggio fu poco magnanimo: l’aereo stavolta sarebbe atterrato a Milwaukee, per sfidare gli USA, privi sì di Sampras e Agassi, ma con il favore del pubblico, e comunque con la possibilità di schierare Todd Martin (ai tempi n.28, ma è stato anche 4 al mondo) e l’esuberante Jan-Michael Gambill, n.50. Insomma, il risultato non sembrava scritto quanto nel 1997, ma la bilancia tendeva decisamente verso la bandiera a stelle e strisce. Ma in quel weekend però, il fattore Davis e l’aria di impresa entrarono sulla scena prepotentemente, e fino alla fine: Gaudenzi, lucido in due decisivi tie-break, bruciò in quattro set Gambill, aprendo la pista al capolavoro di uno strepitoso Sanguinetti, che non concesse neanche un set all’esperto, ex finalista Slam Martin. Con queste sensazioni, e il vento della storia che spirava, Nargiso e Gaudenzi scesero in campo sabato 26 settembre 1998 per un doppio già decisivo. Gli azzurri andarono avanti 2 set a 0, tremarono un po’ facendosi portare al quinto da Gimelstob e Martin, salvo poi chiudere 6-3 di autorevolezza. 3-0 per l’Italia (il finale fu 4-1) e settima finale di Davis conquistata, con la possibilità di giocare in casa. Ma al Forum di Assago, tra il 4 e il 6 dicembre 1998, ancora la Svezia, sempre per 4-1, infranse i sogni italiani, vincendo la seconda Coppa Davis di fila, e la terza in cinque anni.
Tra quella grande vittoria nel Wisconsin e un’altra semifinale sarebbero trascorsi quasi 16 anni, dalla vittoria sugli USA all’impresa di Fognini su Murray sulla terra rossa di Napoli del 2014, che permise a Seppi di conquistare il punto decisivo contro James Ward che estromise la Gran Bretagna dalla Davis e riportò l’Italia in semifinale, al cospetto del colosso Svizzera, che ai tempi schierava Federer e Wawrinka. Dal 12 al 14 settembre 2014, l’Italia di Fabio Fognini, Andreas Seppi e Simone Bolelli, capitanati da Corrado Barazzutti, andò sull’indoor di Ginevra in cerca di un vero e proprio miracolo. Ma il venerdì, il primo giorno, rispettò il pronostico, con i singolari vinti senza grandi problemi da Federer su Bolelli e Wawrinka su Fognini. I Chicchi però (che di lì a poco avrebbero vinto l’Australian Open) con un grande scatto d’orgoglio portarono a casa il doppio contro Wawrinka e Chiudinelli, rimontando da 2 set a 1. Speranza riaccesa…ma Fabio avrebbe dovuto battere sua Maestà Roger per forzare il quinto, decisivo singolare. Così non fu, Federer stese in tre rapidi set Fognini, portando in finale la Svizzera con il risultato di 3-2 (la vittoria nell’inutile ultimo singolare di Seppi su Lammer lo suggellò). E, qualche mese dopo, gli elvetici, battendo la Francia, vinsero anche la prima Coppa Davis della loro storia. Ancora una volta, dunque, solo i futuri vincitori erano stati capaci di battere l’Italia.
Sono passati più di 8 anni da quei giorni di Ginevra, e non poche cose, nel movimento italiano, sono cambiate. Verrebbe da dire che una di queste è la sfortuna (ovviamente con un tocco di ironia) che ci ha privato dei nostri due top player, Sinner e Berrettini, prima di queste Finals di Davis. C’è però Musetti, c’è Sonego, ci sono ancora Bolelli e Fognini, forti di quell’esperienza del 2014. Domani, contro il Canada, non sarà un giorno come gli altri, ma se si va a vedere l’ultima semifinale giocata in Davis contro una squadra non europea, la storia sorride agli azzurri. La speranza, è che lo faccia anche la cronaca.