Roger Federer 15/09/2022 – Difficile scrivere qualcosa, quando il protagonista del racconto ha ricevuto negli ultimi mesi l’attenzione della penna di qualunque giornalista, intellettuale, appassionato, tifoso, bipede senziente sulla faccia della Terra. Ma una facile costatazione è presto fatta, in questo articolo il nome di Federer è riecheggiato più volte. Basta semplicemente questo, per sfiorare la sua grandezza. Ogni giocatore che lo ha battuto, ricorderà quel momento come quello più speciale della sua carriera, o almeno nel podio dei più prestigiosi. Quel giorno in cui ha sconfitto Roger Federer, sarà episodio pregno dei suoi sogni futuri. Perché Federer, in una facile proporzione, sta al tennis come Maradona sta al calcio. Roger è il tennis. Chiunque nel globo, anche chi non si è mai interessato a tutto ciò che avvolge il mondo della racchetta, pensi allo svizzero lo collegherà con la stessa semplicità con cui respiriamo al tennis. Un connubio indissolubile, che va ben al di là del dibattito stucchevole nonché trio e ritrito del Goat. Inoltre, va dato atto al campionissimo di Basilea di aver salutato nella maniera più congeniale e rispettosa della sua geniale carriera. Lo stiamo vedendo anche in questi giorni, con Cristiano Ronaldo, scegliere quando smettere e soprattutto quale teatro opzionare per l’ultima recita prima che il decadimento colpisca non è minimamente compito facile. E leggende di questo calibro, hanno il dovere di lasciare al loro massimo; di non sgualcirsi per un record in più, per un titolo in più. Ma di ritirarsi nella grandezza, che li ha sempre accompagnati. E’ vero, Roger ha chiuso con un 6-0 nell’ultimo match ufficiale e con una sconfitta in doppio al fianco della propria nemesi. Ma a volte, lo splendore della grandezza di un addio non si giudica dal mero risultato finale: lasciare avendo vinto un grande torneo, o aggiungendo il titolo mancante alla propria bacheca. Delle volte, è la reazione dei tuoi colleghi a decifrare la cima della tua grandezza. Per cui, le lacrime di Rafa – il nemico giurato divenuto nel tempo amico fraterno -, Nole e Andy valgono più di qualsiasi cosa.
Andreas Seppi 13/10/2022 – Non siamo ipocriti, non neghiamo l’evidenza. Fa ancora male, molto male. Una ferita che difficilmente si risanerà in breve tempo, che certamente però una cicatrice la lascerà. Il modo in cui l’Andy del tennis azzurro, ha chiuso la carriera non è stato corretto nei confronti di un grande campione che ha scritto la storia nostrana dello sport con la racchetta. Meritava un finale diverso, migliore, degno di quello che ha rappresentato per oltre quindici anni a questa parte. Francamente, pare ancora oggi incomprensibile la scelta della FIT di non voler assegnare una wc all’altoatesino per uno dei due nuovi tornei – Firenze e Napoli – disputati in Italia in questo rush conclusivo della stagione. La politica di lancio dei giovani talenti italiani è stata indiscutibilmente una delle carte vincenti della federazione, nel rilancio del movimento, proprio grazie alla possibilità di organizzare nuovi eventi sulla Penisola in modo tale da permettere ai nostri giocatori di acquisire l’esperienza necessaria per compiere al meglio il grande salto. L’istituzione di svariati appuntamenti del circuito minore, ha permesso agli azzurri più promettenti di scalare la classifica potendosi esprimere nelle migliori condizioni possibili. Dunque, questo è indubbiamente un merito che va riconosciuto alla FIT, insieme a tanti altri, nella costruzione del Rinascimento azzurro. Ma per una volta si poteva fare un’eccezione, vedendo il caso straordinario era semplicemente doveroso omaggiare Andreas. E siamo certi che anche Flavio Cobolli, al quale è stato assegnato uno dei due inviti partenopei della federazione e che invece in Toscana si era dovuto accontentare del tabellone cadetto, e Luca Nardi – il pesarese inizialmente doveva ricevere una wc per Firenze, ma l’infortunio alla gamba sinistra subito contro Tsitsipas ad Astana ha rimandato tutto – sarebbero stati ben felici di farsi da parte per concedere all’altoatesino la location del lungomare Caracciolo come cornice del suo canto del cigno. Tuttavia è andata diversamente, quindi è inutile stare qui a rimuginare troppo; ma che ci fossero le condizioni per muoversi in altro modo lo dimostra il composto sfogo di Seppi. Uno mai sopra le righe, che però in questa situazione ha deciso di farsi sentire. I numeri giganteschi della carriera del nativo di Caldaro, sono sotto gli occhi di tutti e numerose volte sono stati presentati. La continuità e la longevità ad alto livello personificate, costantemente nell’élite del tennis mondiale pur non contando su un colpo specifico sopra la media. Il duro lavoro, sotto la supervisione di un “Maestro” come Max Sartori, ha dato i suoi frutti portandolo a raggiungere numerosi primati italiani. Ma forse ciò che rende più giustizia alla grandezza di Andreas, è la seguente costatazione: senza Andreas Seppi, non ci sarebbe stato Jannik Sinner. Può suonare eccessiva, tuttavia non lo è. In un territorio da sport olimpici invernali, è stato l’innovatore, l’introduttore di una nuova cultura sportiva. Non a caso, Jan è stato scoperto proprio da Sartori che lo ha poi portato alla corte di Riccardo Piatti. A quest’ora avremmo potuto avere colui che avrebbe preso il testimone di Alberto Tomba, perché le stigmate del campione quelle non nascono per accidentalità. Ma ci teniamo volentieri il Pel di carota del tennis. Il ricordo che però più di tutti, legheremo al nostro inconscio e del quale ciclicamente ne rivedremo i tratti significativi; sarà senza dubbio quel fresco pomeriggio australiano del gennaio 2015. Le braccia rivolte al cielo di Melbourne, l’impresa fenomenale era stata appena compiuta: Andreas Seppi batteva Roger Federer in quattro set, impartendo un KO che interrompeva la striscia dell’elvetico di 11 semifinali consecutive all’Happy Slam. Una sequenza iniziata addirittura nel 2005, che si frantumò dinanzi ad una versione di Seppi in grado di comandare il match ed imprimere il proprio ritmo lungo tutta la sua durata. Costrinse così lo svizzero, ad una costante fase difensiva nella quale emersero parecchi problemi sul lato del rovescio di Federer. Una vittoria vibrante, dopo che nei dieci precedenti aveva vinto appena un set sui 21 disputati, che ebbe un finale diverso dal Roland Garros 2012 quando avanti 2-0 su Djokovic; l’azzurro finì sconfitto al quinto. Il miracolo era compiuto, dove era riuscito solo Volandri a Roma. La partita più bella di un italiano negli Slam degli ultimi decenni, prima quantomeno dell’avvento della nuova generazione. Grazie Andy.