In attesa dei vaticini del Mago Ubaldo per il 2023, lanciamo qui una suggestione che speriamo possa trovare il sostegno dello stesso Mago: e se il Most Improved Player (il più migliorato – se preferite) della prossima stagione fosse Ben Shelton? Quest’anno il premio è andato ad Alcaraz, mentre Rune si è “accontentato” del titolo di Newcomer. Shelton ha avuto un finale di stagione talmente esagerato, seppur lontano dai riflettori puntati su Finals e Coppa Davis, che si è precluso la possibilità di candidarsi come successore del danese. Il premio di “nuovo arrivato” è infatti riservato a chi entra per la prima volta in top100 a stagione in corso. Ben ha voluto strafare e grazie a tre Challenger vinti consecutivamente è comparso tra i primi cento giocatori del mondo già a fine novembre. Chi ha visto giocare il 2002 americano non avrà dubitato per un momento che il suo ingresso in top 100 sarebbe arrivato presto, ma – diamine – così presto era davvero impronosticabile: ad inizio luglio era numero 433!
Scartato il premio di Newcomer 2023, resta quindi il Most Improved Player. Non sarà certo facile: non dobbiamo dimenticare che Ben ha giocato solo sei partite a livello ATP e che, tra le altre cose, si è sporcato le scarpe di terra rossa soltanto in due tornei ITF disputati nel 2021. Non parliamo dei campi in erba: probabilmente non ne ha ancora visto uno. Eppure, l’attesa – gli anglofoni direbbero l’hype – attorno a questo giocatore è di quelle riservate a chi di solito non delude le aspettative. Sarà perché è un personaggio che potrebbe bucare lo schermo, anche quello di smartphone e pc dove i teenager tendono a preferire Netflix allo sport (tanto che, per la serie ‘se non puoi battere il tuo nemico, fattelo amico’, ora il tennis è sbarcato proprio su Netflix), o perché le ruote del movimento tennistico americano sembrano finalmente girare nella direzione corretta (Davis a parte). Di sicuro anche i risultati e il gioco di Ben fanno la loro parte.
TENNIS? NO GRAZIE. ANZI FORSE SI’ – Fino all’età di 11 anni sembrava che non volesse avere niente a che fare con il tennis. Con quella mentalità sbarazzina che lo contraddistingue anche oggi quando scende in campo, aveva deciso di allontanarsi dallo sport di famiglia per fare qualcosa che potesse essere solo suo. Il padre Bryan era stato numero 55 del mondo nel 1992, la madre Lisa una buona giocatrice a livello junior, lo zio (il fratello di Lisa) – Todd Witsken – numero 4 del mondo in doppio. ‘Che barba, che noia’ – avrà pensato Ben: vada per il football americano, allora, come quarterback. Solo che il ragazzino era un tipetto piuttosto competitivo e la situazione creatasi non gli piaceva affatto: “Verso la fine della scuola media, c’erano molti ragazzi enormi che giocavano a football, mentre io non avevo ancora raggiunto il mio picco di crescita. Forse ero un po’ stanco di essere ‘picchiato’ tutto il tempo” – ha ricordato Shelton in un’intervista con Cristopher Clarey del NY Times.
In fondo il tennis non gli era mai dispiaciuto: solo uno spirito indipendente e testardo lo aveva portato verso il football. Fortunatamente il DNA resta inalterato e la sua predisposizione per lo sport di casa, alla fine, è riuscita ad emergere. In verità, non è stato tutto così naturale e semplice: appena due anni fa era il numero 4 dei Gators, la squadra di tennis della sua Università allenata proprio dal padre – evidentemente senza alcun favoritismo per il figlio (“Mio padre era decisamente più severo con me, si assicurava che tutti i membri della squadra sapessero che ero come gli altri. Dovevo guadagnarmi il posto nella formazione più di chiunque altro” – dice Ben). Proprio da numero 4, però, è stato decisivo per la vittoria del suo team nel Campionato a squadre NCAA 2020/21. Così si è guadagnato il posto da numero 1 e ha confermato di meritarlo vincendo – lo scorso maggio – il titolo universitario anche a livello individuale con uno score di 37 vittorie e solamente 5 sconfitte.
UNA SCALATA IMPETUOSA – Ben ha poi approfittato delle vacanze estive per conoscere meglio il circuito Challenger dopo il primo breve approccio dell’autunno precedente. Con una finale a Rome in Georgia e una semifinale a Indianapolis ha convinto gli organizzatori dell’ATP 250 di Atlanta (dove il ragazzo è nato) a concedergli una wild card e lì ha ottenuto la prima vittoria nel circuito maggiore. È andato vicino a battere anche Isner che a fine partita non ha avuto remore ad affermare che “il tennis maschile americano è in grande ascesa e Shelton è parte di tutto ciò”. Dopo questa benedizione, Ben ha sfruttato alla grande un’altra wild card per ottenere una prima consacrazione a livelli ancora più alti: a Cincinnati è passato, nel giro di meno di 24 ore, dalla prima vittoria su un top100 (ai danni di Sonego) alla prima su un top5 come Ruud. ESPN titolò: “Ben Shelton è pronto a diventare la prossima grande novità del tennis maschile americano”.
La decisione di lasciare il College e diventare professionista non è stata una scelta facile, ma era la conseguenza naturale di quei risultati. Il classe 2002 si è così potuto concentrare sul tennis anche in autunno ed ha continuato a collezionare vittorie: dopo la finale persa a Tiburon, ha conquistato tre Challenger di fila in chiusura di stagione. Nessuno così giovane ne aveva vinti tanti consecutivamente. Come se non bastasse è anche diventato il primo campione NCAA dai tempi di Tim Mayotte nel 1981 ad entrare in top100 nello stesso anno della vittoria a livello universitario. E per finire, nessuno tra gli attuali primi cento ha guadagnato più posizioni di lui nel 2022: Ben, ora al 96esimo posto del ranking, aveva iniziato l’anno da numero 573, mentre fino a 18 mesi fa non aveva nemmeno una classifica ATP.
Shelton sarà quindi di diritto nel main draw dell’Australian Open e lascerà così a Eubanks la wild card che si era guadagnato vincendo l’Australian Open Wild Card Challenge: un modo per sdebitarsi con il connazionale grazie al quale era riuscito a non perdere il volo necessario per partecipare al secondo dei tre Challenger vinti (i primi due in finale proprio contro Eubanks) a novembre.
TRA FEDERER, NADAL E RODDICK – L’idolo di Ben è Federer e possiamo solo immaginare come avrà reagito all’offerta ricevuta da Team8, l’agenzia di management fondata proprio da Roger insieme a Tony Godsick. Escludendo Del Potro, Shelton risulta essere l’unico tennista uomo rappresentato da Team8 (che cura gli interessi anche di Coco Gauff): un’investitura non da poco. Ma questo non è l’unico legame tra l’americano e l’otto volte campione di Wimbledon: Ben veste infatti scarpe e abbigliamento tecnico firmato On, azienda svizzera con cui Federer collabora e di cui è azionista. Ciononostante, per stile e per modo di giocare, Shelton ricorda sicuramente più Nadal che Roger. È mancino, ha un dritto carico di top e, come Rafa, si è presentato al circuito ATP con un coraggioso smanicato. Il tennis di Ben è, però, indubbiamente più esplosivo di quello del Nadal teenager: la tendenza a cercare la rete – dove può sicuramente migliorare – è evidente, così come la propensione al colpo spettacolare. Il servizio viaggia a meraviglia e anche il kick è un’arma interessante. Per questi ultimi motivi non può non sovvenire anche il ricordo di Roddick.
Nel 2022 il movimento maschile americano è tornato ad avere un semifinalista Slam (Tiafoe) e un rappresentante alle Finals (Fritz) dopo quattro anni. L’astinenza da finale e vittoria in un major, però, prosegue: i due traguardi non vengono raggiunti, rispettivamente, dal 2009 e dal 2003, quando Shelton non aveva ancora compiuto un anno. In entrambi i casi l’attore protagonista fu proprio Roddick. Oggi Ben ha 20 anni e tra i candidati a raccogliere finalmente quell’eredità c’è anche lui.