Seconda parte dell’articolo sulle possibili evoluzioni del “prodotto” tennis, dando una visione d’insieme di come si posiziona il nostro sport nei confronti del resto del panorama dell’intrattenimento sportivo.
Come punto di partenza la domanda è: “Qual è la posizione del tennis rispetto agli altri sport, nei principali mercati di interesse”? Per rispondere a questa domanda facciamo affidamento agli studi di società specializzate.
Come possiamo vedere dal grafico in alto, il tennis è ben posizionato in diversi mercati di riferimento: negli Stati Uniti è nella fascia degli sport di secondo livello, in termini di seguito del pubblico, dietro alle principali leghe NBA, NFL e MLB, mentre in vari paesi europei è addirittura al secondo posto dietro il calcio, inarrivabile. Una posizione quindi tutto sommato assolutamente non disprezzabile, ma che per ovvi motivi va coltivata. In termini assoluti, il tennis con oltre 25 milioni di giocatori in Europa è lo sport individuale più popolare del vecchio continente (fonte study on the european sport model – European Commission 2022). Passiamo allora ad esaminare quali sono i trend principali che possiamo riscontrare a livello di coinvolgimento e fruizione dei fan, diritti e nuove tecnologie.
Fruizione e coinvolgimento dei fan
La proliferazione di contenuti tra le piattaforme televisive e di streaming ha provocato un aumento del consumo di contenuti sportivi aggiuntivi, correlati o meno agli eventi in diretta. È importante sottolineare che la domanda di contenuti relativi a un evento dal vivo (commenti pre-partita, dietro le quinte, momenti salienti, video di riepilogo, ecc.) ormai ha assunto un rilievo notevole, che genera attenzione e visione da parte degli utenti quasi paragonabile all’audience degli eventi live veri e propri; anche il fenomeno dei contenuti non collegati ad eventi live (divenuto manifesto in particolare con la docuserie Netflix “The Last Dance” sui mitici Chicago Bulls di Michael Jordan) è appena meno rilevante degli eventi live. Inoltre i contenuti live-unrelated hanno il potere di attrarre un pubblico “nuovo”, che in precedenza magari non era stato esposto a quello sport. Rientra in questo genere di contenuti la serie “Drive to survive”, che nelle prime due settimane di programmazione ha raggiunto le 50 milioni di ore visualizzate (la metrica utilizzata da Netflix per il rating delle audience degli spettacoli proiettati; in media l’intero flusso di visualizzazioni su Netflix è stimanto nell’ordine delle 200 milioni di ore giornaliere).
A livello di fruizione si sta assistendo ad un ribilanciamento nella visione degli eventi verso forme in streaming mediante piattaforme come DAZN e le tradizionali programmazioni delle TV con palinsesto. Se da un lato gli eventi sportivi rimangono uno dei cardini della TV “tradizionale”, con un nucleo maggioritario di utenti che continua a preferire modalità di fruizione standard, l’aumento dell’importanza nella fruizione su altri device connessi a internet diventa sempre più importante.
Tuttavia, con la disponibilità sempre più diffusa di smart TV nel grande pubblico anche i confini tendono a sbiadire, e in generale emerge un trend chiaro. Indipendentemente dal substrato tecnologico una direttrice sarà quella di proporre contenuti arrichiti per supportare il coinvolgimento dei fan (fan engagement). L’integrazione di data, statistiche e l’integrazione con finestre/second screen potrà consentire un nuovo livello nell’esperienza dei fan, che si tradurrebbe sia in un maggior appetito verso il mondo del live betting, sia in termini di community engagement. Non a caso i social network che rappresentano una maggiore crescita percentuale anno su anno sono quelli che tipicamente fanno premio sugli user generated content.
Diritti & media
La situazione del tennis è decisamente peculiare rispetto ad altri sport. Come noto la governance si regge su 7 regni (le 4 federazioni che gestiscono gli Slam, le associazioni professionistiche ATP/WTA e la federazione internazionale ITF), il che non consente di avere un’unica voce a rappresentare l’intero sport. Nella visione 2030, ATP sta quindi cercando di porre rimedio, cercando di aumentare la cooperazione fra tornei, rivedere gli accordi per la vendita dei diritti secondo logiche collettive e rivedere anche i modelli di condivisione dei profitti, anche se su questi punti il dibattito è aperto. Di conseguenza non esiste una vendita collettiva dei diritti, il che pone agli organizzatori dei tornei sfide aggiuntive per monetizzare adeguatamente il valore degli eventi. Ma un numero vale più di mille parole: una stima non recentissima (riportata nello study on the european sport model – European Commission 2022) parla chiaro: nel 2018, il valore totale dei diritti TV degli eventi tennistici era pari all’1,3% del totale dei diritti TV di tutti i diritti sportivi, una quota inferiore a sport quali il Golf, il Cricket e l’hockey, la cui proiezione globale e soprattuto europea è decisamente inferiore. Prima della pandemia, nel 2018, l’ammontare globale di tali diritti era di 750 milioni di euro (inferiore a quelli della sola Premier League per dare un’idea) e derivava per il 60% dai tornei del Grande Slam, ognuno gestito in modo indipendente. In un’epoca di ingresso di nuovi attori e di possibilità di costituire piattaforme di streming indipendenti, unire le forze diventerà ancora più vitale per massimizzare il potenziale commerciale del prodotto tennis.
Altre fonti di introito, per proporzioni comparabili derivavano dalla vendita dei biglietti e da accordi di sponsorizzazione, per un totale di circa 2,3 miliardi di dollari.
Nuove tecnologie
Dal lato delle evoluzioni tecnologiche la priorità è quella di individuare possibili applicazioni che vadano a migliorare sensibillmente la fruizione degli eventi sia on site che off site.
In un orizzonte di medio termine i non fungible token (NFT) e la realtà aumentata potranno essere il tassello di partenza che se usati intelligentemente potranno poi trovare il completamente del loro potenziale nel metaverso del futuro (qua però l’orizzonte è decisamente più lungo, anche per una questione di adeguatezza dei device, disponibilità di banda ultralarga e disponibilità di potenza di calcolo).
Tralasciando gli aspetti squisitamente tecnologici, gli NFT sono degli oggetti virtuali unici o in tiratura limitata, teoricamente scambiabili in modo sicuro. Al momento le applicazioni sono ancora abbastanza primitive tutto sommato, una versione aggiornata delle figurine Panini. Ma sviluppi futuri potranno consentire di applicare la tecnologia ad esempio ai biglietti degli eventi sportivi: in questo modo i biglietti diventerebbero oggetti che potrebbero contemporaneamente essere oggetto di collezionismo virtuale, essere scambiati in un ambiente sicuro, e dare accesso ad esperienze/servizi personalizzati, sia nel mondo reale che nel mondo virtuale. Ad esempio tutta l’ospitalità VIP potrebbe beneficiare di un supporto di questo genere, dare accesso a materiale pensato esclusivamente per i possessori di biglietti premium e generare un’aura di esclusività ai possessori di tali ticket digitali, garantendo al contempo piena sicurezza e autenticità agli utilizzatori finali. In un certo senso si tratterebbe di applicare principi di marketing arcinoti, avvalendosi di supporti innovativi. Il tema di generare valore aggiunta per i fortunati che assistono ad eventi live è particolarmente sentito. Parecchi eventi, sia a livello Slam che master 1000 ma anche Master 500 registrano problemi di spazio disponibile. Ormai le sessioni più prestigiose degli eventi principali vanno regolarmente sold out e l’unica strada per aumentare i ricavi è quella di aumentare il prezzo dei biglietti (che però a giudizio di chi scrive sono ormai arrivati sulla frontiera del prezzo marginale…basti vedere l’aumento dei prezzi dei biglietti per le Finals, fra Londra e Torino). E quindi inventarsi qualcosa per andare nella direzione dei cosidetti “smart venues” ormai diventa fondamentale; tale visione è abbracciata anche dalla USTA: in un recente intervento ad un simposio on-line Stacey Allaster – Chief Executive Professional Tennis USTA, ha raccontato come uno dei problemi agli US Open sia quello di trovare nuove strade per aumentare l’engagement sia di chi sta sul luogo dell’evento che per gli utenti off site:
- Per chi sta in presenza, esperienze di fan zone più immersive nel torneo e opportunità di connessione fra utenti per chi si trova on site,
- Per chi sta a casa espansione dei cosiddetti touch-point (letteramente opportunità di contatto) aumentando i canali di interazione. Inoltre l’idea è quella di dare più dati a disposizione per una comprensione dell’evento più immersiva, anche facendo ricorso ed esperimenti di realtà aumentata
Infine nel lungo termine quando i vari ostacoli saranno superati, si potrà pensare ad esperienze realmente immersive, nelle quali gli stessi confini fra on site e off site vadano a diluirsi, ma di questo ne potremo probabilmente riparlare fra qualche anno.