Come nei peggiori film di azione, la battuta è di grande impatto e – lo esige il genere – priva di senso: l’unica regola è che non ci sono regole. Ovviamente non è proprio così nel caso dell’Australia e nello specifico dell’Happy Slam, patria piuttosto di montagne di norme distopicamente applicate rendendo un po’ meno piacevole l’esperienza di inviato al torneo, come ci hanno spesso raccontato i nostri Vanni Gibertini e Luca Baldissera nelle dirette Facebook down under.
Succede dunque che in Australia è lunedì, Novak Djokovic arriva a Melbourne con in valigia il trofeo appena vinto e Craig Tiley dice che… Lo sveliamo tra poche righe, ma la presenza del continente, di Nole e del boss della federtennis aussie nonché direttore dell’Australian Open nella stessa frase ci riporta a un anno (e cinque giorni) fa, quando Djokovic postò sui suoi profili social la famigerata foto di lui in partenza dopo l’assicurazione da parte di Tiley di poter entrare in Australia. Tuttora al proprio posto nonostante avesse dato inizio a quella vicenda non proprio rimasta all’interno dei confini squisitamente tennistici, Craig ha detto che per i tennisti non ci sarà obbligo di test per il Covid-19, ma viene raccomandato a chi non si sente bene di rimanere a casa, come riporta il quotidiano The Age.
“Lo abbiamo detto chiaramente ai nostri giocatori così come agli oltre 12.000 dello staff. Chiediamo, se qualcuno è malato o indisposto, di restare a casa” sono le parole di Tiley. “Potenzialmente ci saranno tennisti che giocheranno con il Covid”. Starà ai giocatori decidere se rivelare all’organizzazione un eventuale test positivo. “Abbiamo voluto seguire quello che succede attualmente nella comunità, con un ulteriore passo raccomandando di tenersi lontano quando si è malati” ha detto ancora Tiley, aggiungendo che la “migliore del settore”, il medico dello sport dottoressa Karen Holzer, “continuerà a monitorare la situazione generale e i singoli tennisti”.
Gli stessi auspici valgono per gli spettatori e, d’altra parte, sul sito del governo statale è raccomandato che “dovresti rimanere in isolamento per almeno cinque giorni e finché non hai più sintomi. Ciò significa che non dovresti andare al lavoro, a scuola o a fare la spesa. Specialmente se puoi venire a contatto con persone ad alto rischio”. In pratica, valuta da solo se il tuo bisogno di una scatoletta di tonno supera il rischio di uccidere qualcuno.
Il ministro dello sport e del turismo dello Stato della Victoria Anthony Carbines ha affermato che “gli australiani sanno quali sono i loro doveri” e che il torneo rappresenta “un’altra occasione per fare del nostro meglio nel 2023”. Il ministro ha però anche commentato un’altra questione che in Italia ha occupato le pagine non solo sportive, vale a dire il presunto falso certificato di vaccinazione di Camila Giorgi, argomento che ha naturalmente fatto il giro del mondo tennistico. Se quest’anno il vaccino contro il Covid non è richiesto per l’ingresso nel Paese, lo era nel 2022 e, in teoria, le autorità australiane competenti potrebbero aprire un’istruttoria, non sulla formazione del titolo falso ma sull’utilizzo dello stesso, ovviamente nel caso ciò costituisse reato come in Italia. “Chi entra o non entra è questione che riguarda il governo federale“ ha detto Carbines. “Lasceremo a loro fare indagini e accertamenti su tali questioni”.
Tornando alla modalità di gestione, la regola (che stabilisce l’assenza di una regola) è simile a quella in vigore nel cricket, in virtù della quale Matt Renshaw ha potuto giocare da positivo, dovendo solo usare uno spogliatoio separato e tenersi lontano dai suoi compagni di squadra durante l’inno nazionale. Rischi di contagio a parte, colpire una pallina ferma stando fermi sembra un impegno diverso da quello richiesto ai tennisti. Non a caso, il professor Michael Toole del Burnet Institute, oltre a dirsi preoccupato del messaggio che si manda allentando le regole in occasione di questi eventi durante un’ondata di Covid, si pone infatti delle domande non tanto sul rischio di contagio tra tennisti, obiettivamente basso, quanto sulle conseguenze sulla salute: “Immagina di giocare a tennis su un campo magari con una temperatura di 35 gradi e ti sei appena preso un virus che sappiamo colpire ogni organo del corpo. Penso sia molto negligente rispetto alla gestione di quella persona”.
Alex de Minaur si è invece fatto portavoce di un’altra, parallela e certo comprensibile sensazione: “Siamo semplicemente felici di essere tornati a com’era prima del Covid”.