Jannik Sinner ha perso ancora una volta da Tsitispas e da un top-5, ma i suoi progressi rispetto a un anno fa sono stati innegabili, anche se il lavoro da fare è ancora tanto. Tuttavia lui e il suo team Vagnozzi-Cahill possono dire di aver (quasi) già vinto la loro difficile scommessa.
Non amo sparare sentenze, ma questo è un verdetto indiscutibile. Il Sinner visto oggi non è quello visto un anno fa. E già lo si avrebbe dovuto capire a New York, quando ebbe il macthpoint con Alcaraz.
Tuttavia…- giusto per essere obiettivi – dov’è che Riccardo Piatti potrebbe avere le sue ragioni? Beh, sul fatto, sempre sostenuto dal tecnico comacino, che Jannik avrebbe potuto esprimere il suo pieno potenziale soltanto dopo almeno un altro paio di anni di lavoro duro. Non è quindi detto che anche restando con Piatti Sinner non avrebbe potuto fare progressi consistenti.
Ma in questo caso manca la controprova. Mentre con il duo Vagnozzi-Cahill il risultato è certo, ben visibile. E, come ho accennato, già dal settembre scorso.
L’Australian Open ha portato altre certezze. E cioè che il lavoro atletico sta dando i suoi frutti, Jannik regge anche la distanza, le quattro ore di gioco. Se lui ha battuto al quinto dopo 3 ore e mezzo Fucsovics e perso con Tsitsipas al quinto e dopo 4 ore, non è stato per un calo fisico. Ha messo tre chili in più di muscoli –come ha spiegato Vagnozzi – e anche questo lo si è potuto constatare anche solo guardandolo, sebbene certo Jannik non abbia davvero le spalle di Tsitsipas.
Il servizio è decisamente migliorato, checchè se ne dica, anche se al momento non è paragonabile con quello di Tsitsipas. E’ migliorato sia come velocità di punta, tanto nella prima che nella seconda (con la quale spesso tocca o supera i 175 km orari), sia come percentuale di prime: lo ha messo dentro 3 volte su 4, il 75% dei punti giocati. Un anno fa era rarissimo che superasse il 60%. E quasi tutte le sue sconfitte erano conseguenti a percentuali molto basse delle sue prima, non di rado poco superiori al 50%.
Deve però migliorarlo come profondità e soprattutto varietà di angoli, altrimenti non avrebbe vinto soltanto il 59% di quei punti con la prima.
Ma quando un giocatore diventa consistente come percentuale di prime pur tirando forte, molto forte, il più è (quasi) fatto. Significa che il lancio di palla e la spinta dei piedi sono corretti. Vi ricordate quando Jannik decise di cambiare quei due aspetti?
Ma non basta. Adesso, anche se chi ben comincia è a metà dell’opera, occorre abituarsi a pensare agli angoli e a centrarli. Non è banale, non è facilissimo, ma diventa impresa ogni giorno di più possibile.
Negli anni io ho visto migliorare moltissimo nel servizio giocatori come Novak Djokovic, Rafa Nadal, Andy Murray, giusto per accennare a fenomeni indiscussi che da ragazzini e anche da adulti avevano nel servizio, soprattutto la seconda, un punto abbastanza debole. Se perfino loro hanno saputo migliorare quell’aspetto dai 25/27 anni in poi, non vedo perché sul conto di Jannik che di anni ne ha solo 21, si debba essere pessimisti pregiudizialmente.
Ciò voglio dire almeno per quanto riguarda il servizio, che ancora oggi viene indicato -dalla maggior parte di chi commenta le sue partite –come la differenza più ragguardevole, sostanziale fra lui e i top 5, o anche i top 10.
Per restare ai confronti scomodi fra i 3 fenomeni citati e chi ancora fenomeno non è e non si può neppure giurare che lo possa diventare (o possa anche avvicinarvisi…ma quanti ci sono riusciti, scusate?), Djokovic, Nadal e Murray rispetto a Jannik avevano fin da giovanissimi una forza “mentale” oggettivamente più spiccata e solida.
I punti importanti li giocavano sempre benissimo, sopperendo a quelle carenze tecniche che ancora avevano. Non li giocava sempre altrettanto bene l’altro fenomeno, Federer, che però tecnicamente surclassava tutti quanti e lo si era percepito, individuato, anche nei primissimi anni quando ancora perdeva partite che con il suo talento non ti saresti mai aspettato che perdesse.
Jannik non ha certo il talento di Federer e non ha certo la solidità mentale degli altri tre. Non è tutta colpa sua se Tsitsipas gli ha cancellato 22 pallebreak su 26, subendo due soli break per set nei primi 4 set. Il greco stamani ha servito quasi sempre benissimo in quei frangenti. E quando serve bene, diverse volte ben sopra i 200 km orari, altre volte variando sensibilmente angoli e spin come ha fatto ancor prima del quinto set quando ha servito il 92% di prime palle, non dico che tutte le risposte fossero ingiocabili e non consentissero mai di prendere l’iniziativa dello scambio, ma in una gran parte di esse invece proprio sì.
I numeri vanno sì letti, ma anche interpretati correttamente. Ho preso tanti appunti sul mio blocnotes, ma recuperare tutto in mezzo ai miei geroglifici non è affar semplicissimo. Anche perché tutto non si riesce a segnare: velocità, angoli, effetti impressi, palle nuove, palle meno nuove. Sono tante le variabili da prendere in considerazione. Occorrerebbe riguardare tutte quelle 22 pallebreak annullate e contare le vere opportunità mancate da Jannik, per esprimere un giudizio corretto. Io non ho ancora avuto il tempo di farlo, ma appena mi sarà possibile lo farò.
Per ora quindi le mie, come immagino le vostre, sono impressioni, più o meno fondate. E stando alle impressioni viene fatto di dire che – appunto come sopra accennavo – gli ancor giovani Djokovic, Nadal e Murray, avrebbero risposto e giocato meglio di Jannik in alcune di quelle occasioni che a lui sono capitate. Magari non tante, ma sarebbero bastate anche una in più a set per o pareggiare il conto dei break nei primi due set e ritrovarsi quantomeno al tiebreak (invece di subire due 6-4, dovuto ai due break patiti da Jannik contro il solo break ceduto da Stefanos), oppure per vincere terzo e/o quarto set con due break di vantaggio anziché uno solo.
E tutto ciò non sarebbe stato poco. Avrebbe dato maggiore fiducia a Jannik e creato maggior nervosismo in Stefanos. Questi sarebbe arrivato al quinto set, se quinto set ci fosse ugualmente stato, in diverse condizioni di spirito.
Interrompo ogni tanto la scrittura di questo editoriale per dare un’occhiata anche ai vostri primi commenti. E, fra i tanti che trovo spesso un po’ prevenuti, sia pro Sinner sia contro Sinner, ho trovato particolarmente meritevoli di approfondimento due post: 1)“La partita è tutta…in tre numeri: Sinner ha avuto 26 pallebreak in 11 diversi turni di servizio del greco. Ma ha brekkato solo 4. Tsitsipas ha avuto 11 pallebreak ma ha brekkato 5. …Tsitsipas ha giocato molti più dritti che rovesci nei set che ha vinto, il contrario di quelli che ha perso.”
A queste annotazioni mi viene da replicare: a) riuscire a conquistare 26 palle break, una o più, in ben 11 games di servizio di uno che batte come Tsitsipas è indiscutibile sinonimo di grandissime, straordinarie qualità di ribattitore. 26 palle break sono un’enormità che non può essere trascurata. Mentre qui sembra che tutti preferiscnao soffermarsi sulle 22 non trasformate. Con 26 palle break siamo sui livelli dei tre fenomeni, Djokovic, Nadal e Murray. b) è chiaro che Tsitsipas vince più facilmente un set quando gli entrano più servizi e riesce a comandare di più; e lo fa grazie all’accoppiata servizio-dritto. Per Sinner è più difficile trovargli il rovescio se si ritrova sempre, o spesso, a subire. Una cosa tira l’altra.
Il secondo post è lungo. Lo riprendo manipolandolo un pochino, ma ringraziando l’acuto lettore. Concerne Ivan Lendl. Anche Lendl a inizio carriera, al di là di quattro finali Slam perse prima di vincere la quinta a 24 anni su McEnroe a Parigi con una straordinaria rimonta (per la quale McEnroe ancora oggi ogni tanto si sveglia in preda agli incubi), finì sconfitto più d’una volta al quinto set da chi poi vinse il torneo: Noah, McEnroe, Wilander.
Jannik, a causa di una classifica che non gli rende merito per via di troppi infortuni, non è una testa di serie così alta come avrebbe potuto essere se avesse potuto giocare più dei 17 tornei cui ha partecipato nel 2022.
Così gli è capitato, oggi e in passato, di incontrare già a metà strada (in turni precedenti a una semifinale o a una finale) i tennisti più forti, Nadal, Djokovic, Alcaraz, Tsitsipas. Invece a Lendl che arrivò prima più in alto nel ranking, questo non accadde.
Ma anche Lendl diventò fortissimo dai 24 anni in poi. 8 Slam vinti in carriera, 8 finali consecutive all’US Open dai 22 anni e mezzo in poi.
Prima dei suoi 23/24 anni Lendl veniva unanimente considerato un sicuro campione in prospettiva, anche se tanti sottolineavano il fatto che non aveva la metà del talento di McEnroe, come del resto Sinner non ha la metà del talento di Federer. Ma di Lend si parlava e scriveva ai suoi albori come di un tennista …fragile. Così fragile da fare addirittura calcoli astuti ma pusillanimi per …farsi battere volutamente da Connors che gli dette del “chicken” (vigliacco!) nel Masters 1980 al Madison Square Garden, pur di evitare di affrontare Borg in semifinale. Però Lendl grande campione lo sarebbe diventato.
Oggi, alla luce dei 22 breakpoint non trasformati sento solo sottolineare la fragilità di Sinner. Fragilità che prima era fisica e ora mentale.
Tempo al tempo ragazzi! Intanto qualcuno si è reso conto che Sinner oggi ha giocato una decina di smorzate vincenti di dritto? Fino all’anno scorso quando le provava i risultati erano imbarazzanti. Mezzi lob! Come lo sono ancora oggi quando le prova con il rovescio. Ma non potrà imparare anche queste? Ora non si può più sostenere che non abbia mano, non abbia sensibilità. Ha 21 anni e mezzo. E’ uno che lavora serio. Che ha perso con il matchpoint daln.1 del mondo Alcaraz, che ha vinto i primi due set all’altro n.1 del mondo Djokovic e su una superficie sulla quale era quasi un esordiente e a giudizio di molti pareva quasi negato.
E su come Jannik gioca gran parte delle volee rispetto a un anno vogliamo parlare? E’ un altro giocatore. Non si può non essersene resi conto.
E allora mentre tutti si affannano a sottolineare il suo record negativo con i top-5 – e la sua sola vittoria – a me sembra che non ci si renda conto che Jannik è più simile oggi a un mini-Lendl oggi che non a un mini Federer o un mini McEnroe i quali a 19/20 anni erano già capaci di exploit straordinari ai danni dei migliori tennisti del mondo (per Roger Sampras nel 2001 a Wimbledon…) ma poi fino a qualche anno più tardi non riuscivano a essere continui.
Fino al 2003 anche il grande Roger penò a fare quei risultati che 2 anni prima venivano dati per scontati.
Sinner non ha il talento oggi per battere un top-5 dopo l’altro, ma è una formichina paziente. Lavorerà, lavorerà, e poco alla volta migliorerà in tutti gli aspetti nei quali oggi appare carente. E fra uno o due anni, a 22 anni anni e mezzo, a 23, ne riparliamo. Se avete fretta…il problema è vostro, non suo.