Dal 2019, Noah Rubin porta avanti “Behind The Racquet”, uno spazio social che ospita le vite dei tennisti oltre al tennis, “dietro alla racchetta”. Questo progetto si è rivelato nel corso di questi anni ben più di un curioso dietro le quinte, ma anche un’opportunità di scorgere aspetti autentici di tanti uomini e donne prima che di tennisti e tenniste, le loro debolezze, le loro insicurezze, le loro motivazioni.
Nel tempo hanno partecipato tennisti del calibro di Andrey Rublev, Madison Keys, Sloane Stephens, Dustin Brown, oltre alle italiane Sara Errani e Martina Trevisan.
Ad essi si è ora unita Marion Bartoli. La tennista francese è celebre per la tormentata carriera sportiva, che l’ha sì portata al numero sette del mondo e alla vittoria del torneo di Wimbledon nel 2013, ma anche al ritiro appena due mesi dopo, all’età di ventinove anni, a causa dei persistenti problemi fisici. Successivamente, Bartoli è entrata nel mondo della moda, ma non ha abbandonato del tutto il tennis: nel 2019 ha allenato Jelena Ostapenko, e oggi lavora come commentatrice. Ha raccontato così la sua esperienza a Behind the Racquet:
“Ho vinto Wimbledon nel 2013 e mi sono ritirata alcune settimane dopo. Quando vinci uno slam sei al settimo cielo e non vuoi lasciare perché sei stata finalmente ripagata del tuo duro lavoro. La mia mente voleva continuare ma il corpo non poteva proprio andare avanti. Ho dedicato la mia vita a competere con le migliori giocatrici del mondo. Le ore extra di esercizio e allenamento sono costate: non potevo continuare a giocare nel dolore. Volevo vincere un grande slam così ardentemente che la mia mente ha sospinto il mio corpo finchè non ho vinto Wimbledon. Ma poi, quando ho vinto, mi sono sentita vuota. È stato doloroso perché non potevo capitalizzare sulla mia vittoria.
“Fortunatamente, mi sono imbattuta nella moda e nel design. Ho conseguito una laurea in moda a Londra, al Centre Saint Martins, il che ha distolto la mia mente dalla sofferenza di non poter giocare a tennis. Ho lavorato per Fila per lungo tempo. Il mio successo fuori dal campo mi ha aiutato a cancellare la mia precedente identità di tennista. Senza la moda, dopo il ritiro sarebbe andata molto peggio. Ma il tennis mi manca ancora. Quando ho una brutta giornata, desidero tornare in campo. Lavorando come commentatrice, quando oltrepasso nuovamente i cancelli di Wimbledon vengo assalita dai ricordi. Non è facile vedere i giocatori di oggi scendere in campo quando anche tu, in passato, eri lì.
“Il mio più grande tifoso è sempre stato mio padre, che mi ha aiutato a rimanere positiva durante i miei infortuni. Essendo un dottore che deve avere a che fare con situazioni critiche ogni giorno, vedeva i miei infortuni in un’ottica più ottimista. A 23 anni, ho perso la mia prima finale slam a Wimbledon. È stato un momento difficile perché ero andata molto vicina al successo. Ho parlato con mio padre e lui mi ha aiutato a considerare la situazione nel suo complesso. Una difficoltà è un momento della tua vita che ti rende solo più forte. Mi ha dato una nuova prospettiva sul tennis e sulla vita.
“Ho sempre voluto allenare perché mi piace dare alle persone, essere generosa e ripagare lo sport. Per me allenare non riguarda i soldi o la fama, ma l’aiutare qualcuno ad essere un giocatore migliore. Non ha importanza se sei un giocatore da club o un professionista perché ciascuno ha il suo margine di miglioramento. La cosa che mi rende più soddisfatta è condividere la mia conoscenza tennistica per aiutare un giocatore a migliorare.
“Nel 2019 ho cominciato ad allenare Jelena Ostapenko. Aveva vinto il Roland Garros due anni prima ma era sul punto di uscire dai primi 100. Conosco il tennis femminile molto bene ed avevo affrontato molte sue avversarie durante la mia carriera. Abbiamo leggermente modificato la sua tecnica e l’abbiamo aiutata a guadagnare forza mentale. Jelena ha vinto nove dei suoi successivi dieci incontri, è tornata in top 50 e ha vinto il suo primo titolo wta in più di due anni: è stata una grande esperienza.
“Quando maturi e guadagni esperienza, rifletti sulla tua vita. Il mio errore più grande è stato non affidarmi ad un fisioterapista privato perché sarei durata molto di più sul tour. Il mio corpo era costantemente dolorante ed era faticoso stare in campo. Ma era costoso assumere un fisioterapista e il prize money al tempo era più basso. Ho sentito Sharapova rivelare la sua esperienza sul tour, di recente. Ha detto che quando entrava in un tennis club era completamente immersa nel suo mondo ed estremamente concentrata. La mia esperienza è stata simile ma non così estrema. Ho fatto amicizia con altre quattro giocatrici, ma si può dare il massimo anche rispettando il tuo avversario. Io l’ho sempre fatto.”