È di sicuro l’uomo del momento. Nel mondo tennis si intende. Daniil Medvedev arriva a questo primo 1000 della stagione, ad Indian Wells, forte di una striscia di successi invidiabile che parte dalla fredda Rotterdam, attraversando mari e terre esotiche, fino ad arrivare a Doha prima e a Dubai poi e conquistando i due mondi e tre trofei di fila. Come si presenta il russo in terra americana è un dubbio lecito che monopolizza la prima parte della conferenza stampa prima del match d’esordio col padrone di casa, e fresco vincitore dell’ultima edizione delle NextGen di Milano, Brandon Nakashima:
“Mi sento bene; come spesso accade nel tennis quella che inizia è una nuova settimana, in una nuova parte del mondo ma sono in forma. Vengo da tre settimane in cui ho vinto tre tornei di fila, cosa che non mi era mai successa prima e non vedo l’ora di iniziare a giocare qui dove ho ottenuto buoni risultati e spero di poter fare meglio quest’anno. Ogni anno è una nuova sfida”.
Una sfida che però ha insidie conosciute al russo: “l’unione tra palla e superficie rende questo torneo in cima alla classifica dei tornei con campi molto lenti, è quasi come se si giocasse sulla terra; questo gioco non mi entusiasma, ma la cosa di cui sono felice è che a Doha le condizioni erano esattamente le stesse di quelle che ho trovato qui e questo mi ha infuso sicurezza nel provare a fare lo stesso gioco anche qui. Posso giocare bene ovunque, su tutte le superfici, anche quelle più lente, come qui ad Indian Wells sul cemento o sulla terra o sull’erba, che ad oggi è come se fosse una superficie lenta. Per fare questo devo esprimere il mio miglior livello di tennis altrimenti è dura per me vincere. Sui campi invece che hanno una velocità di gioco media, come ad esempio Rotterdam, ho iniziato giocando male ma migliorando partita dopo partita. Per adattarmi al meglio ho cambiato le corde della mia racchetta prima di Rotterdam e ho affrontato un’iniziale difficoltà: la mia testa era piena di dubbi, ma quei dubbi sono svaniti e adesso va decisamente meglio. Queste nuove corde mi danno la possibilità in maniera più semplice e di non perdere il controllo e specialmente con la mia posizione molto profonda in risposta mi dà la possibilità di rispondere forte e allo stesso tempi di avere il controllo del colpo”.
“Prima di Rotterdam la mia fiducia era ai minimi termini, credevo di giocare male anche se il mio coach non faceva che ripetermi che invece stavo giocando bene. Era solo una questione di mindset e di focalizzazione; da quel momento ho preso la giusta strada e non l’ho più lasciata migliorando tutti i miei fondamentali giorno dopo giorno. Questo ha portato a vincere tre titoli nella consapevolezza che però tutto può finite anche se spero di continuare ad avere questo approccio anche qui ad Indian Wells”.
C’è però una differenza tra l’inizio di questa stagione e di quelle precedenti, in particolar modo di quella dello scorso anno: “lo scorso anno ho giocato meno ad inizio stagione rispetto ad ora” incalza il giocatore russo. “Quest’anno sapevo di avere dei punti importanti da difendere, quelli della finale in Australia e sapevo che sarei potuto scendere nel ranking dopo il risultato di quest’anno. Così ho deciso di giocare i tornei successivi, Rotterdam Doha e Dubai: quest’ultimo swing non è stato semplicissimo perché significava adattarsi a delle condizioni, da indoor ad outdoor molto diverse tra loro in poco tempo, considerando anche le 6 ore di volo e le due di differenza di fuso orario, ma giocare molti tornei di fila aiuta a trovare il ritmo giusto. Non sono stanco, mi sento bene nonostante i tre tornei giocate consecutivamente e sono pronto per Indian Wells”.
Quello che salta all’occhio, guardando la carriera del russo, è che di solito è la seconda parte della stagione quella a lui più congeniale. Quest’anno invece il trend sembra essersi invertito: “Non penso sia un caso che di solito i miei successi arrivino nella seconda parte della stagione a differenza di quello che sta accadendo quest’anno. Amo molto giocare i tornei prima degli US Open perché si giocano tutti con le stesse palline e non esistono superfici lente. Nei due anni precedenti sono arrivato in finale agli Australian Open ed è stato molto stressante dal punto di vista fisico e mentale. Nel 2021 ricordo dopo aver perso da Djokovic sono andato a Rotterdam perdendo al primo turno perché non ero mentalmente pronto a ricominciare. Quest’anno invece, uscendo di scena presto dal primo slam dell’anno, ho preso una settimana di sosta da tutto e ho ripreso ad allenarmi bene questo mi ha permesso di essere a Rotterdam al 100% mentalmente e fisicamente”.
Ultimo punto, di sicuro il più scottante, è quello legato alla decisione che l’All England Club e la federazione inglese dovranno prendere in merito alla decisione di far partecipare o meno gli atleti russo e bielorussi: “Non so ancora nulla di ufficiale e non posso aiutarli a farlo devono prendere loro una decisione su cosa fare e rispetterò ogni loro scelta; amo Wimbledon e spero di poter giocare lì. Detto questo giocherò dove potrò giocare.”