Inizio di terzi turni, al BNP Paribas Open, primo Master 1000 della stagione, che certo non può lasciare delusi. La qualità, seppur a fasi alterne e concentrata in alcune partite più di altre, non è mancate. Le emozioni, tra maratone, psicodrammi e upset, hanno ben colorato invece la giornata californiana, consegnando un risultato totalmente inatteso, e due attesi per l’esito, decisamente meno per lo svolgimento, come andremo a vedere.
[Q] C. Garin b. [3] C. Ruud 6-4 7-6(2)
Il match – il quarto incontro tra i due (2-1 i precedenti, l’unico sul cemento a favore del n.3 del seeding) vede Cristian Garin mostrare subito di aver ben in mente il proprio piano tattico: attacca appena possibile, disegna il campo cercando soprattutto il rovescio di Casper Ruud e tenta di accorciare gli scambi. Tre palle break nei primi due game in risposta evaporano però davanti alla solidità di Ruud, per quanto non impeccabile al servizio. Ma gli errori e l’assenza di una chiara lettura del match alla lunga pesano per la tds n.3, e tutti i problemi vengono alla luce nel quinto gioco. Il cileno continua a dettare da fondo con il dritto, attaccare quando vuole e tenere il bandolo della matassa, tanto da andare (meritatamente) in vantaggio di un break al cambio campo, graziato dall’ennesimo dritto out dell’avversario. Col proseguire del parziale non migliora la situazione per Casper, che sembra proprio non riuscire ad impattare la palla come vorrebbe per mettere in difficoltà Garin, che ha giocato quasi sempre dal lato destro, con Ruud che ha avuto una sola chance di rientrare, nel sesto game, senza però poter fare altro che guardare l’imponenza del dritto dell’altro. Il n.97 al mondo chiude, alla prima occasione utile, un primo set condotto all’attacco e rischiando più del solito (giustamente), ma riuscendo ad ottenere il massimo, complice una prestazione sottotono e fallosa di Ruud, che deve cercare di variare, muovere lateralmente (specie verso sinistra) il cileno per rientrare.
Le cose, per il “fantasmino”, non migliorano assolutamente. Anzi inizia addirittura a giocare più corto, un invito a nozze per Garin, che entra sempre più dentro il campo, trova maggiore profondità nei colpi e strappa il servizio sull’1-1, dopo uno scambio chiuso a rete che ben riassume come interpretare una partita del genere. Il cileno avrebbe chance anche di mettere due break di separazione, ma l’orgoglio di Ruud, sotto forma di una prima che finalmente batte un colpo, riesce a tenere ancora in vita la partita, nonostante gli errori grossolani da un lato e la spinta di dritto dall’altro non accennino a diminuire. E il mancato 4-1 pesa, più di quanto fosse lecito aspettarsi, permettendo a Ruud di rimanere aggrappato, e addirittura di rientrare completamente con il suo primo break, nel sesto gioco. Perfetto sul punto nello specifico, ma pesa un gravissimo smash in rete di Garin, che inizia ad accusare un po’ di calo, su quello precedente. E la tensione del cileno si ravvisa nel suo orrendo ottavo game, con due doppi falli, e incapacità di sfruttare colpi sempre più corti dall’altro lato della rete; bravo però, prima di tocco poi di forza, a fronteggiare due palle break per rimanere nel set e cercare ancora di chiuderla in due. Ruud si è ora un po’ ritrovato, mentre da segnalare l’interessante la scelta del cileno di giocare spesso il rovescio incrociato bloccandolo.
E questa gran sagacia tattica di Garin, come dimostrano i tanti punti giocati a rete (18/23, e non è proprio un attaccante) e i tanti rischi corsi, si mostra alla fine decisiva per la vittoria. Un tie-break dominato, vinto 7 punti a 2 dall’ex n.17 ATP, costante da fondo, solido al servizio e bravo ad approfittare della forma dell’avversario. Continua il 2023 da incubo per Casper Ruud, che ancora una volta non riesce a vincere partite consecutive in un torneo ad eliminazione diretta (l’ultima volta allo scorso US Open) e soprattutto appare scoraggiato e troppo distante dal suo livello. Da gran signore qual è, si complimenta a fine gara con il cileno, che trova il primo ottavo della carriera ad Indian Wells e la seconda vittoria su un top 10 (dopo Medvedev a Madrid 2021).
[12] A. Zverev b. E. Ruusuvuori 7-5 1-6 7-5
Emil Ruusuvuori, che ha battuto Alexander Zverev nell’unico precedente a Miami, sembra aver chiaro di quanto sia importante sbagliare poco e muovere tanto il tedesco, specie contando quanto sia in cerca di fiducia. Così, approfittando del solito problema doppi falli e un rovescio un po’ balbettante, il primo break (nel quarto gioco) è finlandese. Per fortuna, e per la morale, di Sascha, un game non perfetto a seguire di Emil, che il campo lo traccia una meraviglia, gli concede un immediato rientro. Scorre un match senza acuti, compitino e speranza di regali da una parte, colpi troppo corti e consapevolezza che basterebbe un’accelerazione (specie in termini di sensazioni) per andare velocemente a casa dall’altra. E infatti, a confermare ciò, Zverev ingrana un paio di marce in più nell’undicesimo gioco per strappare il servizio al finlandese: pianta i piedi a terra e distribuisce per bene i colpi col rovescio dal centro ai lati, ingestibile per il ritmo di Ruusuvuori, costretto a cedere. Subito dopo, pur ancora accusando errori evitabili e un gioco brillante solo a tratti, il tedesco mette in cascina un primo set gestito non benissimo, contro un avversario bravo a remare, ma poco più.
Il bene intravisto nel finale del primo set si scioglie sconsideratamente all’inizio del secondo per Zverev. Il suo primo game in battuta è una compilation di confusione e quasi incapacità di condurre: 11 minuti, tre palle break annullate, salvo di continuo sbagliare o accorciare troppo, così da rendersi preda di un Ruusuvuori che continua la sua ordinaria partita, ogni tanto con qualche buona mattonella, e si porta sul 3-0. Il parziale, un colpo al cuore per gli amanti del tedesco (e del tennis in generale) mostra quanto Sascha sia lontano dalla sua reale condizione: falloso, macchinoso, mai davvero incisivo, e contro un avversario che sa come scartare i regali si trova in un batter d’occhio sotto 5-0, e i margini di miglioramento non appaiono così chiari. Alfine Ruusuvuori chiude uno strano secondo set, sia nel punteggio che nello svolgimento e al confine (labile) tra meriti suoi e colpe di un indecifrabile Zverev. Addirittura, prima di chiudere, deve annullare sei chance di contro-break a un tedesco che sembra fare le prove generali per un terzo set più consono alle sue ambizioni.
Ha impiegato un set, ma la versione di Zverev che inizia il terzo parziale è quella che più assomiglia a quella che aveva concluso il primo, cioè a un livello accettabile. Idee chiare, pulizia e profondità ritrovate, ritmo del gioco sempre sotto controllo: ingredienti tipici del n.12 del seeding nei giorni migliori, che gli permettono di portarsi rapidamente sul 3-0. Eppure, a quanto pare, oggi il tedesco sembra avere l’allergia alla vittoria, e così pensa bene di dare una mano ad Emil a rientrare nel match. In un quinto game da 10 punti e due palle break annullate, si susseguono errori da ambo i lati, ma è bravo il n.59 al mondo a salire sulla palla e cercare gli angoli per andare infine a strappare il servizio. Più avanti va la partita più assume tratti indecifrabili, oltre a una qualità che (essendo generosi) c’è in maniera alquanto timida. Non mancano però le emozioni, con un nono game da quasi 10 minuti, che tra errori e giocate porta Ruusuvuori a tre palle break che sanno di sentenza…salvo che Zverev giochi per annullarle i punti migliori della sua serata.
Sul tramonto, sia del sole che della partita, il tedesco ritrova un po’ del suo buon tennis, ma non ha neanche bisogno di mostrarlo più di tanto. Emil, nel dodicesimo game, sul più bello, infine si disunisce (in linea con l’andamento dell’incontro): dal 30-15 commette tre non forzati di fila, alquanto gravi, per far scattare l’urlo liberatorio dell’ex n.2 ATP. Prestazione tutt’altro che sufficiente quella di Zverev, che però basta per superare un avversario abbastanza modesto e regalarsi il terzo ottavo della carriera ad Indian Wells (perse contro Nadal nel 2016, batté Monfils nel 2021). Il suo avversario sarà (come tutti pregustano) Daniil Medvedev, o il bielorusso Ivashka, che scenderanno in campo nella nottata italiana. Dovesse vincere il n.5 del tabellone, se Sascha vorrà giocarsela dovrà fare molto, molto di più di quanto visto oggi.
[10] C. Norrie b. [Q] T. Daniel 6(5)-7 7-5 6-2
Quasi ad onorare il celebre connazionale e uomo di maratone Andy Murray, anche Cameron Norrie ha ben pensato di trascorrere quasi 3 ore in campo per avere ragione di Taro Daniel. Il giapponese, com’era emerso nella sua vittoria contro Berrettini, ha dimostrato di essere giocatore sempre insidioso, ordinato in campo e con picchi di gran tennis; quasi speculare al britannico insomma, che ha avuto dei bei grattacapi, e ancora una volta deve benedire la sua forza mentale e l’ottima attitudine fisica. La tds n.10, infatti, si era trovato sotto di un set e 4-1 nel secondo, dunque a un passo dal baratro contro un avversario che giocava a cuor leggero. E lì sono emerse con forza le qualità di Norrie che, oltre a chiudere con 50 vincenti e la metà di non forzati, 3/4 di punti vinti con la prima in campo, ha portato a casa 12 degli ultimi 15 game, mostrando chiaramente a Daniel la differenza di peso e qualità.
La consapevolezza di aver sprecato un enorme vantaggio è stata un macigno per il prosieguo della partita del qualificato giapponese, che ha avuto anche in realtà la forza di rialzarsi un minimo nel terzo parziale (da 0-3 a 2-3) ma non è stato nulla più di un fuoco fatuo come mostra il finale. Questa vittoria vuol dire per Norrie terzo ottavo di finale consecutivo in quel di Indian Wells. L’anno scorso affrontò, e batté senza problemi Brooksby, prima di arrendersi ai quarti contro Alcaraz. Quest’anno attende invece il vincitore dell’intrigante sfida tra Rublev e Humbert, in cui nel primo caso partirà leggermente indietro ma non battuto, nell’altro favorito ma senza sottovalutare l’estro del francese, apparso in buono spolvero.