Dopo un’inizio stagione davvero avaro di soddisfazioni, al Miami Open presented by Itaù sono arrivate due vittorie di sostanza per Lorenzo Sonego, che dopo aver battuto in due set Dominic Thiem al match d’esordio, sabato pomeriggio si è imposto contro la testa di serie n. 23 Daniel Evans.
Prima del suo incontro di terzo turno contro l’emergente americano Frances Tiafoe, abbiamo scambiato due parole con l’allenatore di Sonego, Gipo Arbino, con il quale abbiamo parlato degli ultimi mesi, della programmazione e degli obiettivi per la stagione.
La vittoria di Lorenzo [Sonego] contro Daniel Evans è stata non solo una bella vittoria, ma è stata anche una bella partita. Peccato che non ci fosse tanta gente.
Eh beh, gli americani seguono gli americani, poi giocava Matteo, quindi erano due giocatori interessanti. Comunque Lorenzo è stato bravo perché il primo set gli è scappato per colpa di un primo game strano, nel quale l’altro ha steccato una palla a metà campo, poi ha tirato un diritto inside-in che è entrato per pochissimo. Quel game gli ha fatto perdere il set 6-4, e poi però è stato bravo a rimanere sul pezzo, a ripartire da capo. Gli ho detto “Dai Lory, comincia adesso la partita, del primo set non ne parliamo”, e partendo ha fatto il break a metà set ed ha confermato. Il suo livello di gioco è andato in progressione dall’inizio alla fine, ha giocato sempre meglio.
Questa partita potrebbe essere il “clic” per uscire dal periodo negativo?
Io ero molto tranquillo perché vedevo che giocava bene. Secondo me non ha mai giocato così bene. Poi è ovvio che hai il match point contro Murray [a Doha], nove set point contro Medvedev che adesso ha vinto [quasi] quattro tornei di fila,… l’unica partita è forse stata quella di Indian Wells contro Kubler, ma io insisto a dire che Kubler è forte.
E anche lui lo sentiva, parlando con lui diceva di sentire di giocar bene, di esprimere un buon tennis. Dicevo di continuare così e l’anno è lungo e le cose andranno bene. E qui, anche al primo turno con Thiem ha giocato una bella partita, perché il primo set è stato teso, ha anche dovuto annullare un set point.
Quest’anno avete cambiato la programmazione della prima parte dell’anno rispetto alla scorsa stagione, quando eravate andati a giocare sulla terra battuta in Sud America, ed eravate incappati in Kecmanovic che stava esplodendo. Quest’anno invece siete rimasti a giocare indoor in Europa e poi in Medio Oriente. Come avete maturato questa decisione?
[Lorenzo] voleva andare in Sud America. Io mi sono un po’ impuntato perché vedendo un po’ il livello, e come serviva, ho detto che era meglio evitare il cambio di superficie veloce-terra-veloce, e puntare a giocare a un livello più alto. Perché il nostro obiettivo non è quello di vivacchiare intorno al 50 del mondo, ma arrivare al massimo possibile, e per fare questo bisogna giocare con i giocatori forti. A costo di fare meno punti.
Infatti è vero che in Sud America è nettamente più facile, però essendo convinto che Lorenzo si trovi molto bene sul veloce, se il suo livello fosse salito anche solo di un po’ si poteva azzeccare il risultato in un torneo importante. In questo modo si manteneva la programmazione tutta con il veloce, evitando il cambio di superficie, arrivando poi a Indian Wells con tutta quella preparazione dietro.
Quindi se ti interessa far punti, e magari sei Alcaraz e ne vinci tre su tre, allora è un conto. Ma ormai, tra essere n. 50 ed essere n. 200 cambia poco, è questione di vicissitudini e di una-due palle. Andare a giocare con questi “cagnacci” argentini o spagnoli, specialisti della terra, assetati di vittorie, che giocano a casa loro, anche se hanno una classifica più bassa non è così facile. Certo è più facile che giocare contro tennisti più quotati, ma perché Lorenzo gioca bene sulla terra.
Però anche Musetti gioca bene sulla terra, e guarda cosa è successo a lui… ha vinto una partita in tre tornei con una trasferta lunghissima, peraltro giocando partite con gente che non ti alza il livello. Ho visto la partita con Varillas, punti di trenta scambi… e poi deve tornare qua, e giocare su pochi scambi o comunque utilizzare altri armi. E poi i viaggi sono stancanti.
Noi invece siamo rimasti in Europa, e poi Doha, Dubai e via siamo venuti in America.
L’anno scorso ricordo che Lorenzo alla fine di Miami era molto stanco, anche per la mazzata supplementare della Davis [a Bratislava].
Sì, la Davis l’anno scorso fu il colpo di grazia. I viaggi sono pesanti, e anche quest’anno quando siamo arrivati a Indian Wells, Lorenzo ci ha messo 4-5 giorni prima di essere a posto. Noi arrivavamo da Dubai e 12 ore di fuso orario sono pesanti da assorbire.
Lorenzo si sente ancora un giocatore da terra battuta?
Eh sì! Gli piace giocare sul veloce, ma a lui piace la lotta, la terra gli piace tanto, quindi noi ci prepareremo molto per far bene a Roma perché lui ci tiene davvero tanto. Ma la terra è molto più faticosa, i punti richiedono più fatica, fisicamente sono più impegnativi.
Ora bisognerà sperare di non giocare a Torino, che potrebbe essere un dolore per lui…
Se perdiamo la prima settimana, andiamo a giocare a Torino. Però speriamo di non poter giocare. Peccato però che in questo modo non possiamo giocare il doppio con Vavassori, perché se si perde in singolare e si è ancora in gara in doppio toccherebbe rinunciare a Torino e allora non giochiamo. D’accordo puntare al miglioramento, ma bisogna anche fare qualche punto e migliorare la classifica, in modo tale da poter arrivare al livello dei Top 40-45 quando si è tranquilli di entrare in tutti i tabelloni principali, per poi arrivare a essere testa di serie negli Slam, dove vuol dire incontrare un giocatore classificato peggio nei primi due turni.
A pagina 2 si parla di doppio, programma per l’estate e obiettivi