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[5] A. Rublev b. [6] H. Rune 5-7 6-2 7-5
Due anni dopo il primo tentativo, dopo anni vissuti sempre all’ombra delle stelle, a un passo dai più grandi, Andrey Rublev si prende il suo posto nella tavola dei vincenti, nella baia del Principato. É lui il principe del 2023, che succede a quello Stefanos Tsitsipas che nel 2021 gli negò la prima gioia. Lo fa in una giornata di sole dopo giorni cupi in quel di Monaco, battendo Holger Rune in rimonta (il primo a vincere in finale qui dopo aver perso il primo set da Wawrinka nel 2014). Il danese ha avuto le sue occasioni, è stato anche 3-0 nel terzo, ma la fatica della semifinale e la percezione di quanto fosse vicino al suo secondo 1000 gli hanno tarpato le ali. Il solito nervosismo ha fatto il resto, regalando a Rublev il tredicesimo e più importante titolo di una carriera che sempre più risplende. Diventa il primo russo a trionfare a Montecarlo dal 1990 ( allora Andrej Česnokov battè Thomas Muster) , e rimarrà al sesto posto della classifica mondiale, ma con un tabù rotto in più.
Il match – il copione tattico del match è chiaro sin da subito: entrambi i giocatori cercano di giocare il dritto sulla diagonale sinistra dell’altro, un po’ più claudicante, con Rune che ha qualche variazione in più mentre Rublev si attiene al solito forcing da fondo. Il primo ad avere palla break, anche coadiuvato da due doppi falli, è il danese, ma il russo si fa trovare pronto con servizio e dritto per annullarla. Meno pronto appare invece sulle due chance di rompere l’equilibrio che ha lui nel gioco successivo, dove è però bravo Holger a salire sulla palla e impedirgli di tessere lo scambio. Alla fine il primo a passare in vantaggio è colui che decide di osare e di rompere un po’ gli schemi, cioè Rune; in un sesto game magistralmente giocato, il n.6 del seeding infila prima due palle corte vincenti, giocate sul lato del rovescio da lontanissimo dopo aver allontanato Rublev insistendo sull’incrociato sulla diagonale sinistra , per poi chiudere con una risposta di dritto vincente che sorprende il russo.
Aggressività in ribattuta e variazioni: due jolly che possono disinnescare le bombe di Andrey. La pressione però, a questi livelli, si sa come giochi brutti scherzi, e dura poco la gioia di Rune, che dopo aver annullato quattro occasioni di contro-break nel gioco immediatamente successivo, capitola alla quinta. Meriti di Rublev certamente, che prende qualche rischio in meno e a tratti rallenta il gioco, senza dare possibilità di variare troppo al danese, che da parte sua va un po’ fuori giri con i colpi a rimbalzo e mostra non pochi problemi quando la prima non entra. Il primo set, nonostante le sofferenze al servizio, lo porta a casa il giocatore più continuo, che più ha tentato di scardinare le certezze dell’avversario: Holger Rune. L’aggressività in risposta nel dodicesimo game ancora una volta è come la kryptonite per Rublev, che non gestisce al meglio le ribattute, e spara troppo, senza successo. Un non forzato di dritto che finisce lungo chiude il parziale, e fotografa il primo set del russo: come sempre buona esecuzione, tanta forza, ma un piano tattico troppo scarno. E il danese ringrazia.
Un piccolo calo di tensione sembra cogliere Rune all’inizio del secondo set, che, con un game costellato di scelte rivedibili ed errori finora visti poco da parte sua, cede immediatamente il servizio, senza che Rublev debba sforzarsi più di tanto. Proseguono i problemi al servizio per il n.9 al mondo, che trova poco la prima e spesso non tiene bene i colpi di inizio gioco, concedendo troppe chance al russo, da parte sua un po’ sciupone (due chance del doppio break sfumate). E il non aver messo una buona distanza si rivela critico a breve: ancora una volta il danese alza il livello in risposta, e nel quarto game stuzzica particolarmente il rovescio del russo, così da causare errori che lo rimettono in carreggiata. Se c’è però una sensazione che emerge dalla prima ora e mezza di partita, è che tutto o quasi dipenda dalle lune del 2003 di Gentofte, che fa e disfa in continuazione: al break recuperato fa corrispondere l’ennesimo game disastroso al servizio, colorato con un paio di discese a rete non proprio da mostrare in una scuola tennis, che riporta avanti Andrey. Poco dopo il settimo gioco sa tanto di resa, e soprattutto di confusione: due doppi falli, un non forzato e un attacco della rete con nulla da offrire manifestano un Rune che ha perso la bussola del secondo parziale, e un Rublev che ora è in piena fiducia e molto meno propenso all’errore. L’ennesimo colpo sbagliato dall’irriconiscibile Holger del secondo set, falloso, deconcentrato e visibilmente teso, porta la partita al terzo, ribaltando totalmente le carte in tavola rispetto a quanto visto nel primo.
Nonostante apparentemente ci sia qualche indizio di crampi per Rune, il danese è comunque il primo a mettere a segno il break nel terzo parziale. Prende a tirare tutto come se non ci fosse un domani, così da accorciare gli scambi, e la fortuna sembra fargli l’occhiolino, dato che ogni colpo gli rimane dentro permettendogli di strappare il servizio a un Rublev che invece che tenere la palla dentro e cercare traiettorie più sicure continua a tirare a tutto braccio di piena potenza, commettendo errori e concedendo terreno fertile al campione di Bercy. Dopo il quinto game, in cui prima riesce a trarsi d’impaccio da un game duro annullando due palle break, con una bella mano del servizio, Rune chiama il fisioterapista, segno che la stanchezza pesa.
Ed è proprio la battuta, che spesso nella partita lo ha aiutato, a tradirlo nel settimo game, con due doppi falli e una certa fatica a servire da destra (ancora dimostrazione che qualche problema c’è), che uniti a due non forzati rimettono in partita Rublev. Che qualcosa non vada lo si evince anche dal nervosismo che il danese già ha mostrato quando era in comando prima del contro-break. Il prosieguo del match non è il massimo da un punto di vista tecnico, dominato dalla tensione e dal nervosismo…soprattutto per Rune. Sul 5-5 ecco la frittata: tra palline in mare, warning e non forzati regala una chance golosissima a Rublev, che non deve neanche impegnarsi per andare avanti e prepararsi a servire per il match, grazie al nono doppio fallo dell’avversario. Alla fine, dopo più di 2h e mezza di ribaltamenti e dubbi, è Andrey Rublev, complice il quinto ace, a finire con la schiena a terra, la faccia verso il cielo e la coppa in mano. É stato bravo ad approfittare di un Rune che palesemente nel terzo ha scontato le fatiche di ieri sera con Sinner e non è stato capace di dare il massimo, mollando anche le chance in risposta nel dodicesimo, decisivo gioco, quando al russo è bastato il minimo per chiudere.
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