[Q] T. Seyboth Wild b. [2] D. Medvedev 7-6(5) 6-7(6) 2-6 6-3 6-4
Finisce con la sospettabilissima torcida brasiliana in delirio, a far da cornice al ragazzo brasiliano immobilizzato sulla sua seggiola in un sorriso irreversibile, pari per densità e stupore allo sguardo di Duda Matos, coach beneficato da un pomeriggio di follia nient’affatto ordinaria, confuso e felice. Thiago Seyboth Wild, ventitreenne da Marechal Candido Rondon, mai apparso tra i primi cento giocatori del ranking ATP nonostante un dritto non comune e già vincitore dello Us Open Junior 2018 dopo aver battuto Lorenzo Musetti in finale, ha cacciato al primo turno dello Slam rosso Daniil Medvedev, il quale aveva appena dimostrato di poter fare la voce grossa anche sul mattone tritato durante l’incredibile trasvolata romana di dieci giorni fa. “Un’inaspettata storia d’amore con la terra rossa – aveva sogghignato ai cronisti nella conferenza stampa post-trionfo al Foro Italico –? Forse no, ma credo possa nascere una buona amicizia“. Qualche dubbio nettamente prevaricato da una comprensibile dose di rinnovata autostima, e parevano comunque lontani i tempi in cui il burbero Daniil, costretto da esigenze lavorative a giocarsi la primavera sul rosso, dichiarava d’immaginarsi i campi blu per far passare la nottata.
Ma il percorso di adattamento all’odiata clay di un tempo dovrà proseguire ancora a lungo, a quanto pare, e lo stop forzato di pochi minuti fa non autorizza previsioni positive per quanto riguarda il perseguimento dell’obiettivo. Seyboth Wild, un titolo ATP in carriera (Santiago 2020, ultimo torneo pre-interruzione per l’emergenza pandemica, fu il primo nato nel 2000 a vincere un torneo maggiore), best ranking al numero 106 delle classifiche mondiali, fino a oggi non aveva mai vinto un match di tabellone principale negli Slam. Medvedev, da par suo, aveva perso per l’ultima volta all’esordio in un Major proprio a Parigi, contro Marton Fucsovics nell’anomala edizione autunnale del 2020, e continua ad avere un brutto rapporto con il quinto set: aggiornata la specifica statistica, il russo vanta un preoccupante 3-9. Era arrivata una sconfitta anche nell’unico altro match finito al quinto sulla terra parigina, nel 2019 contro Pierugo Herbert, e insomma i segnali storici iniziano a incoraggiare pensieri funesti. Medvedev lascerà sguarnito l’ultimo spicchio di tabellone da dominatori designati. L’ultimo campione di Roma a salutare Parigi all’esordio era stato Sascha Zverev, nel 2017.
Difficilino mettere ordine in un match segnato da parecchi alti rilevanti e altrettanti bassi sciagurati, ma sia detto subito ciò che subito va detto: Seyboth Wild ha meritato la vittoria, e ha pure rischiato di doversi mangiare le mani. Avanti di un set vinto al tie break dopo aver rimontato il subitaneo svantaggio di un break, il brasiliano si è trovato avanti sul 6-4 nel tredicesimo gioco del secondo grazie a una risposta baciata dal nastro che ha messo a nudo la presa estrema di Daniil, ma al momento di chiudere con il servizio a favore il dritto di Thiago, sin lì prodigo di vincenti, è finito lungo dopo un servizio che gli aveva apparecchiato l’esultanza. Un altro errore con il dritto, stavolta meno grave in coda a uno scambio da venti colpi ha favorito il pareggio a sei, e quando Medvedev si è portato sul 7-6 grazie a un pallonetto da campione ampiamente scenografico, l’occasione della vita sembrava sfumata: sul set point Russia, Seyboth Wild ha buttato un facilissimo smash a due passi dalla rete, mentre i cronisti di tutto il mondo erano pronti a ricopiare la storia di un finale già scritto mille volte.
Partito con il piglio giusto, pronto a spaccare qualsiasi palla arrivasse corta nella propria metà campo, fino a quel momento indisponibile a lasciare che il filo della partita si attorcigliasse nella classica ragnatela tattica tessuta dallo scafato avversario, Seyboth Wild, un solo match giocato al quinto set in tutta la carriera fino al pomeriggio di oggi, è parso pagar grave dazio alle insidie proposte dalla distanza tre su cinque. Un break subìto all’inizio del terzo set, un timido tentativo di reazione fino alla palla del tre a due sciupata, e un finale di frazione in picchiata, più per distrazione e scoramento che per meriti di un Medvedev disordinato e in costante lite col servizio, a volte utile a cavarlo dai molti momenti di ambasce in battuta (12 palle break salvate sulle 19 concesse), ma molto più spesso a cacciarlo nei guai (quindici doppi falli alla fine).
Messe le cose a posto con il netto 6-2 del terzo set e di fronte a un avversario apparentemente sulle gambe, Daniil è inopinatamente partito scarico all’inizio del quarto, ed è finito sotto 3-0 prima di recuperare il break grazie alla non richiesta partecipazione del brasiliano, annebbiato dai fumi della pressione quando ha affossato in rete la voleé di rovescio per il 3-2 che ha rimesso in pari l’ordine dei servizi su una palla destinata al corridoio esterno. Il segnale che il pomeriggio sarebbe stato comunque complesso si è manifestato nel game successivo: sul 40 pari conciliabolo esteso tra Medvedev e giudice arbitro su palla contestata, fischi del pubblico al russo, il quale con plateali gesti dell’indice ripetutamente portato alla bocca intimava i tifosi al silenzio. La concentrazione è qualità sprovvista di tasto per l’attivazione a piacimento, massime nel caso di Medvedev, che nel punto successivo ha puntualmente concesso palla break compiendo un disastro a rete, per poi subire un rispostone da Wild con il rovescio lungolinea che ha di fatto spostato ogni decisione al quinto.
Il servizio, da precario strumento di salvataggio, si è a quel punto trasformato nel nemico pubblico numero uno: dieci i giochi andati in archivio nel parziale decisivo, cinque i break totali, di cui quattro consecutivi dal due pari al 4-3 Brasile, settimo gioco rivelatosi per l’ennesima volta quello simbolico nelle giornate infernali con protagonista il feltro giallo. Lo scoppiettante dritto di Seyboth Wild, quarantasette, dicasi quarantasette, vincenti con il fondamentale in tutta la partita, aveva smesso di collaborare per un’oretta buona. Il brasiliano, bravo e baciato dagli Dei di un pomeriggio che vale almeno una stagione, ha salvato nel frattempo capra e cavoli con il rovescio anche anomalo, mandando ai matti lo scocciatissimo favorito. Ma sul 5-4, al momento di servire per l’incontro, la prova del nove innumerevoli volte fallita per scarsa abitudine al trionfo dal peone di turno, la tremenda catenata che aveva costretto così tante volte Medvedev a rincorrere nei pressi dei teloni è all’improvviso ricomparsa, giusto in tempo per marchiare a fuoco il sovvertimento di pronostico più clamoroso della giornata: inside-in prima; inside-out poi, per chiudere dopo quattro ore e quindici minuti di altalena vorticosa. Thiago Seyboth Wild giocherà per la prima volta in vita sua un secondo turno Slam, e la porta sul terzo non dovrebbe essere chiusa a chiave da Quentin Halys o Guido Pella. Daniil Medvedev avrà di che riflettere: storia d’amore no, s’era detto. Ma anche le buone amicizie vanno coltivate nel tempo.