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Non poteva essere come l’anno scorso, lo sapevamo. Forse qualcuno ci aveva sperato comunque e magari anche Matteo si era illuso di poter replicare esattamente quanto fatto dodici mesi fa. Ma sono bastati i primissimi minuti della partita di primo turno al Boss Open di Stoccarda contro l’amico Sonego per togliersi qualsiasi dubbio: in un anno è cambiato troppo per fare finta di nulla. Nel 2022 Berrettini si era fermato addirittura per tre mesi – da Indian Wells a Stoccarda – per sottoporsi e poi recuperare da un intervento alla mano destra. Il rientro era stato sfavillante con 9 vittorie di fila sull’erba ottenute in quelli che erano diventati i suoi tornei: Stoccarda, per l’appunto, e il Queen’s.
Quest’anno i mesi di stop sono stati “solo” due dopo l’ennesimo problema agli addominali presentatosi nel match vinto contro Cerundolo a Montecarlo. Sì, un mese in meno di ruggine rispetto al 2022, ma il tennis non è matematica. Semmai, il tennis è logica ed era logico che l’azzurro non potesse essere quello dell’anno scorso. Se poi ci aggiungiamo che Sonego, reduce da buonissime prestazioni al Roland Garros, sta attraversando un ottimo periodo di forma a livello fisico e mentale, il risultato era quasi scontato.
Le lacrime dopo la sconfitta e un passato apparentemente inafferabile
Non abbiamo dubbi che lo stesso Matteo ne fosse consapevole. La speranza è l’ultima a morire, sì, ma “Berretto” (e chi lo affianca) è troppo intelligente per cadere in un errore di valutazione simile. Perché quelle lacrime a fine match allora? Santopadre, secondo quanto riportato da Tuttosport, ha rassicurato escludendo ulteriori problemi fisici. E allora c’è spazio per le ipotesi, e ci sembra assolutamente confutabile quella relativa alla presunzione: non sono infatti lacrime di chi era sicuro di tornare sull’erba, scagliare un ace dopo l’altro e vincere l’ennesimo torneo su questa superficie. Fosse stato così presuntuoso Matteo, magari avrebbe perso comunque contro Sonego ma non con l’arrendevolezza che è stata evidente dallo 0-3 in poi. Le presunzioni non svaniscono con un break subìto o non sarebbero tali.
Quindi? Lo ribadiamo: solo Matteo sa cosa ha provato durante i 70 minuti dell’incontro di ieri e al suo termine quando è uscito dal campo tra gli applausi di incoraggiamento di chi non lo aveva mai visto perdere lì. Vogliamo però provare a dare un’interpretazione senza con questo volerla elevare a verità assoluta (a quello ci pensano i presuntuosi dei social). Che siano lacrime nostalgiche? Lacrime di chi, lasciando uno stadio in cui aveva soltanto vinto e alzato trofei, ha ricordato un passato vicinissimo, ma apparentemente lontano, come fosse parte di una fase diversa della propria vita, ormai irrecuperabile.
Berrettini aveva perso solamente una delle sue ultime 21 partite sull’erba e, per giunta, contro Djokovic in finale a Wimbledon (dove vincere assume la forma di una delle imprese più difficili nello sport, quasi al pari di battere Nadal nell’ultimo atto a Parigi). Matteo ha provato a lungo la sensazione di essere invincibile o quasi sull’erba e ora, invece, al posto dell’adrenalina e della soddisfazione derivanti da quella sensazione, c’è un grande vuoto: come al rientro in ufficio dopo una vacanza estiva indimenticabile. Il problema, però, è che nel caso di Matteo la vacanza estiva (fuor di metafora, le vittorie sull’erba e non) non era durata una settimana, ma due anni: era quella la sua (stra)ordinaria routine, non l’ufficio. La nostalgia cresce quindi in maniera esponenziale rispetto a quella che proviamo in molti dopo Ferragosto.
Berrettini: primo obiettivo, ritrovare la condizione fisica
Crediamo poi che nei minuti finali del match contro Sonego e alla mestissima uscita dal campo, Berrettini non abbia pensato al ranking in calo, sebbene anche quello non sia motivo di serenità. Ciò che scoraggia Matteo, infatti, potrebbe essere non il presente o le riflessioni sul futuro, ma il ricordo del passato, la sua apparente inafferrabilità.
Lunedì prossimo l’azzurro uscirà dalla top30, conquistata esattamente quattro anni fa e fin qui mai lasciata, a causa della cambiale dei 500 punti in uscita dal Queen’s vinto lo scorso anno. Berrettini ha ancora la possibilità di rientrare tra le teste di serie a Wimbledon, dovesse fare bene al torneo londinese della prossima settimana. Non tutto è perduto, Matteo ha ancora la possibilità di prendere in mano la stagione sull’erba e la sua carriera.
Tutto passa dal ritrovare la miglior condizione fisica possibile. Il suo braccio è lo stesso, le sue qualità tecnico-tattiche non sono svanite nel nulla. Il livello raggiunto nel 2021 non è impossibile da riguadagnare semplicemente perché non è stato frutto del caso, ma del lavoro e delle capacità di Matteo. Queste ultime, applicando la legge di Lavoisier sulla conservazione della materia al tennis, non possono essere andate distrutte: al massimo si possono essere trasformate, ma non sono irrecuperabili. Bando quindi alla nostalgia e ai ricordi. Le vacanze estive, infatti, tornano sempre: torneranno anche le vittorie di Berrettini.