A Perugia (125.000$ terra battuta) Edoardo Lavagno arriva alla sua prima finale Challenger, al termine del più bel torneo della sua vita, completamente svuotato, con tutte le spie della riserva accese. Succede così che, davanti a spalti gremiti all’inverosimile, l’ungherese Fabian Marozsan (n.113 ATP) lo batta nettamente (6-2 6-3) in poco più di un’ora di gioco, senza mai correre il minimo rischio. Si capisce immediatamente che sarà una serata difficile per il 24enne tennista piemontese che parte piuttosto contratto e perde subito il servizio. Da lì inizia il calvario dell’azzurro che, a parte qualche colpo estemporaneo, non riesce mai a dare continuità ai suoi schemi. Del resto non è che il 23enne nativo di Budapest, con la faccia da studente modello, sia l’ultimo arrivato: salito all’onore delle cronache con la sua sorprendente vittoria romana su Alcaraz, è in realtà da tempo che sta mettendo in mostra il suo bel tennis come confermano le sue tre vittorie Challenger e una classifica che in questi ultimi mesi è prepotentemente migliorata. Da lunedì festeggerà il suo ingresso in top 100, precisamente al n.91, secondo miglior ungherese in graduatoria.
Ma anche Edoardo Lavagno ha molti motivi per essere soddisfatto di questa sua settimana e una finale in tono minore non può certo oscurare quanto di buono fatto in terra umbra. Edoardo finora a livello Challenger poteva vantare solo i quarti di finale a Torino in maggio, per il resto si era dovuto accontentare di cinque vittorie Futures, tutte ottenute in questi ultimi due anni. Fino a due mesi fa tra l’altro non aveva mai battuto un top 200 e adesso è improvvisamente sbocciato, cogliendo finalmente quei frutti che la sua bella sbracciata mancina prometteva da sempre.
La stagione è ancora lunga e siamo assolutamente convinti che altre soddisfazioni non mancheranno. Intanto si gode il suo nuovo best ranking alla posizione n.223 ATP.
Bis sull’erba inglese per Andy Murray
Al Challenger 125 di Nottingham (erba) va in scena un’altra puntata dell’epopea di Andy Murray, l’ex n.1 del mondo che, a dispetto dell’anca martoriata, non vuole proprio saperne di abbandonare le scene. E pazienza se gli ingaggi sono per palcoscenici di periferia, perché il cocciuto scozzese è assolutamente convinto che, prima o poi, arriverà anche la chiamata da un teatro degno del suo passato, del suo talento e della sua volontà di ferro. Non dimenticando che Wimbledon è veramente dietro l’angolo, Sir Andy Murray scalda intanto i motori nel Challenger di Nottingham dove in finale liquida con un doppio 6-4 il francese Arthur Cazaux (n.181 ATP) che mostra anche una certa predisposizione per il gioco erbivoro, peccato per lui che in materia Murray eserciti il suo magistero già dai tempi in cui il 20enne nativo di Montpellier andava ancora all’asilo. Il britannico inizia nel migliore dei modi, strappando subito il servizio con un perfetto passante di rovescio seguito da un millimetrico lob. Il secondo break nel quinto gioco pone praticamente fine al set, nonostante un tardivo tentativo di reazione da parte del francesino. Il break nel nono game del secondo set manda Murray a servire per il match. E qui finisce una partita che regala al 36enne di Glasgow la terza vittoria Challenger in una stagione (Aix-en-Provence e Surbiton i precedenti) dove comunque non sono mancate le soddisfazioni anche a livello ATP con la finale di Doha a febbraio. Il tutto a confezionare una classifica più che decorosa che da lunedì dovrebbe vederlo al n.38 ATP. Nuovo miglior best ranking per Cazaux che sale alla posizione n.147.
Rientro vincente per l’ex numero 3 Key Nishikori
Un altro che sta cercando di rientrare nel circuito, sempre dalla porta di servizio dei Challenger, è Key Nishikori (n.4 del mondo nel 2015) che nel 75.000 di Porto Rico (cemento) torna alla vittoria dopo quasi due anni di assenza dal campo. Ha battuto 6-2 7-5 lo statunitense di origini cinesi Michael Zheng, 19anni e n.1118 ATP. Siamo davvero felici di poter salutare, di nuovo in salute e di nuovo vittorioso, il figlio del Sol Levante che in carriera, a causa di una congenita fragilità fisica, ha sempre ottenuto meno di quello che il suo bel tennis avrebbe meritato.