È bene chiarirlo immediatamente: il titolo è provocatorio, e chi scrive non pensa che Alexander Bublik vincerà Wimbledon (sotto sotto ci spera, ma niente di più). Però, c’è un però: se l’anno scorso Berrettini e Kyrgios erano legittimamente considerati tra i pochissimi (insieme sostanzialmente solo a Nadal perché Rafa è pur sempre Rafa anche sull’erba) potenzialmente in grado di battere Djokovic o comunque di ambire alla vittoria finale (e in effetti poi Kyrgios è arrivato a “soli” due set dal trionfo), si potrebbe dire che Bublik è vittima di una disparità di trattamento. Nessuno, al di là delle battute e delle provocazioni per l’appunto, lo inserisce infatti nel novero dei “secondi favoriti”, comunque a chilometri di distanza dal Favorito (sì, con la F maiuscola).
Alcaraz ha apparentemente ridotto questo distacco abissale nei confronti di Nole con la vittoria al Queen’s. In effetti, Carlitos ha giocato un ottimo torneo, eccezion fatta per il primo turno con Rinderknech con cui ha seriamente rischiato di perdere: da quel momento in avanti, però, lo spagnolo non ha più perso un parziale (e non ha nemmeno dovuto ricorrere a long set) pur affrontando giocatori che sull’erba sanno dire la loro come Dimitrov, Korda e De Minaur. In questo modo il nuovo numero 1 del mondo ha occupato con prepotenza una posizione che, in caso di sua sconfitta all’esordio, sarebbe rimasta inevitabilmente vacante: quella di secondo favorito dietro a Djokovic a Wimbledon.
Se infatti a un Berrettini lontanissimo dai fasti dell’anno scorso (così come Kyrgios) e del 2021, a un Medvedev che sembra digerire l’erba solo a tratti, a uno Tsitsipas e soprattutto a un Ruud che quasi nemmeno ci provano ad adattarsi a questa superficie, e a un Sinner malconcio e in una fase negativa della sua stagione, si fosse aggiunto anche un Alcaraz incapace di superare il lucky loser Rinderknech, beh… davvero sulla carta sarebbe stato “Djokovic contro nessuno”. Carlos, però, ha lanciato un segnale importante.
Così importante da rendere giustificato investire sulla sua quota di vincitore di Wimbledon che non supera in nessun caso i 4.50? A nostro modesto parere no, così come a maggior ragione non lo è puntare su quella (giustamente) irrisoria attribuita a Djokovic: 1.70 in media. È assai probabile che a lasciare il Centre Court con la celebre coppa sormontata dal piccolo ananas sia uno di questi due, ma dal punto di vista di Alcaraz, c’è chiaramente il problema Djokovic oltre a una serie di ostacoli più o meno preoccupanti che troverà sulla sua strada, mentre da quello di Nole gli incidenti di percorso non possono comunque essere esclusi.
Può quindi essere una mossa interessante andare a pescare tra gli outsider e qui riprendiamo il discorso interrotto su Bublik. Prendendo come riferimento Sisal, il kazako fa parte solamente della sesta categoria di favoriti: oltre a Djokovic e Alcaraz, prima di lui si trovano infatti anche l’accoppiata Sinner-Medvedev (quota 16), quella Kyrgios-Zverev (25) e poi il trio Rune-Korda-Fritz (33). Per vedere una quota simile a quella assegnata al momento a Bublik (66), lo scorso anno si doveva scorrere fino al nome di Murray o, per avvicinarsi ancora di più, fino a Shapovalov.
Sir Andy si presentava a Wimbledon 2022 dopo aver centrato la finale a Stoccarda, persa con Berrettini, mentre l’eterno incompiuto Denis aveva addirittura perso tutti e tre i match giocati in preparazione ai Championships. Quanto fatto da Bublik quest’anno con il trionfo ad Halle (un 500, non un 250 come Stoccarda) meriterebbe quindi un’attenzione sicuramente maggiore. Il percorso di avvicinamento del kazako al prossimo Wimbledon da un lato, e il suo stile di gioco (e di approccio a questo sport) dall’altro, infatti, trovano semmai giusto termine di paragone – rispettivamente – nel Berrettini e nel Kyrgios 2022 edition.
Dopo aver fatto doppietta tra Stoccarda e Queen’s, lo scorso anno Matteo era considerato dai bookies il primo rivale di Djokovic con quote non superiori al 6.50. Sarebbe ovviamente folle pretendere un riconoscimento simile a Bublik, visto che, a differenza di Berretto, Alexander non ha già giocato una finale all’All England Club. Tuttavia, la differenza è davvero imponente. E lo è anche rispetto a Kyrgios che, prima di Wimbledon 2022, aveva ottenuto due semifinali (Stoccarda e Halle) e si era poi ritirato al secondo turno a Mallorca: risultati sì buoni ma non eccellenti che però avevano comunque portato le agenzie di scommesse ad assegnargli una quota di 25 volte la posta, vista la sua imprevedibilità e la sua pericolosità sull’erba. Due caratteristiche chiaramente riscontrabili anche in Bublik che per di più ha vinto ad Halle battendo giocatori come Struff, Zverev, Rublev (e in parte anche Sinner): evidentemente, però, non basta.
Riformulando il titolo del pezzo, la tesi non è tanto che il kazako possa vincere Wimbledon, ma che debba essere maggiormente considerato, almeno a livello puramente teorico. Per due motivi: innanzitutto, chi trionfa ad Halle o al Queen’s e se lo fa – come in questo caso – battendo giocatori di livello non può passare sottotraccia in vista dei Championships; e poi, se un giocatore come Kyrgios è riuscito ad arrivare così vicino alla vittoria finale a Wimbledon, può farcela (lo ribadiamo: a livello teorico, sulla carta) anche Bublik, che è colui che nel circuito più somiglia all’australiano per un combinato di qualità di gioco e aspetti caratteriali.
Fino a qualche anno fa, gli specialisti dell’erba erano infatti molti di più, a partire da un certo Federer e tra lo svizzero, Djokovic, Murray e anche Nadal, lo spazio per gli outisder era quasi inesistente (anche inferiore rispetto a quello del Roland Garros: non a caso l’albo d’oro di Wimbledon rimane l’unico tra gli Slam ancora immacolato dall’inizio dell’era dei Fab Four, senza “contaminazioni” da parte di esterni a questa cerchia). Oggi, lo Slam londinese è probabilmente quello in cui i pronostici sono più chiusi in quanto le nuove leve sono ancora troppo acerbe per competere con Djokovic su una superficie così difficile come l’ebra. Per lo stesso motivo, però, nella ricerca dei rivali si può allargare lo sguardo molto più di prima, e fattori come l’imprevedibilità di alcuni giocatori e i risultati ottenuti in preparazione a Wimbledon hanno un valore di gran lunga superiore rispetto a qualche anno fa. Ecco perché Bublik può dire la sua all’All England Club.