Nel giorno di una terza semifinale italiana a Wimbledon, della prima di Sinner e della quarantaseiesima di Djokovic in un Slam, voglio concedermi una confidenza: sono un gran tifoso di Ons Jabeur. Per come gioca, perché mi piace come persona, perché l’ho vista bambina quando ha vinto il Roland Garros junior ed era seguita da Luca Appino, perché ha più di una storia dietro, la Tunisia, l’Africa e da sempre anche un bel rapporto con l’Italia, sponsor compreso.
Eppure salvo che per i tennisti italiani, uomini e donne -perché sono uno che quando sente l’inno di Mameli e vede un qualsiasi atleta azzurro su un podio e con una medaglia al collo si commuove e gli viene il classico groppo alla gola – non ricordo di aver mai tifato davvero per un giocatore ai danni di un altro, forse non più dopo McEnroe. Ma per lui l’ho fatto solo dopo che era finita la sua rivalità con Borg perché Bjorn si era “prepensionato” a 26 anni. Mi piaceva troppo vederlo giocare – e sclerare – perché io potessi augurarmi che qualcuno lo battesse.
Mentre invece anche se preferivo Becker a Edberg, forse più per poter stuzzicare Rino (Tommasi) che per lo svedese provava qualcosa di più di una semplice passione da quando si era sbilanciato fortemente per lui diciottenne (“Se non vincerà Wimbledon entro 5 anni smetterò di scrivere” e Stefan nel giorno del tempestivo trionfo gli disse: “Rino I saved your job!” “Ti ho salvato il lavoro), ho sempre tifato per le storie giornalistiche più belle da scrivere piuttosto che per un qualsiasi giocatore.
Così a chi mi chiedeva per chi tifavo alla vigilia di una sfida fra Sampras e Agassi, dicevo quel che pensavo, e cioè tifavo per chi quel giorno non era favorito. Idem fra Federer e Nadal, per cui se duellavano sulla terra battuta avrei voluto che vincesse Federer e se invece si affrontavano sull’erba mi auguravo una vittoria di Nadal.
Ho anche tifato, sempre per poter scrivere la storia più bella, per i record: avrei voluto che Serena vincesse lo Slam n.24, che facesse il Grande Slam, così come ho sperato che Novak Djokovic battesse Medvedev all’US Open 2022 per poter raccontare il suo Grande Slam.
Così per Ons Jabeur ho proprio un debole. Vince nonostante un fisico che è tutt’altro che atletico perché gioca meglio delle altre, perché ha talento, fantasia, intelligenza, tocco, varietà di schemi, guardarla giocare è un piacere, e inoltre è una ragazza sensibile, seria, educata, proprio per bene, insomma una bella persona. Non c’è chi non la stimi, chi non ne parli bene.
In finale, un anno dopo quella persa qui con la Rybakina e alla sua terza in uno Slam, Ons troverà una tennista ceca e mancina…ma non quella che avreste detto una settimana fa, non Petra ma Marketa, non Kvitova già bicampionessa a Wimbledon e top-ten, ma la n.42 del mondo Vondrousova che qualcuno ricorderà finalista al Roland Garros quattro anni fa, quando perse da Ashleigh Barty. Ma che poi, fra vari infortuni che l’hanno costretta ad affrontare due operazioni chirurgiche, era come sparita dai radar WTA di vertice.
Non ho naturalmente niente contro Marketa Vondrousova, bravissima ragazza anche lei, ennesimo prodotto di una scuola tennistica che non ha mai cessato di stupire, sfoderando una campionessa dopo l’altra, da Martina Navratilova a Hana Mandikova a Jana Novotna, ma anche a Vera e Helena Sukova, a Petra Kvitova, Karolina Pliskova, Barbora Krejcikova, Karolina Muchova. Una fioritura ceca infinita, davvero sempreverde. Vincesse Wimbledon sarebbe la prima tennista non testa di serie a riuscirci, sessant’anni dopo Bille Jean King che si chiamava ancora Moffitt, il cognome da ragazza. Prima di allora le sole outsider a trionfare erano state Angela Mortimer nel ’58 e l’appena citata Vera Sukova nel ’62 e Billie Jean nel ’63.
Ma Ons Jabeur è un’altra cosa per me. Vincesse sarebbe la prima donna africana e araba a conquistare uno dei quattro Majors, dopo le finali perse nel 2022 a Wimbledon e New York. Ma, a differenza di un anno fa quando perse in finale dalla Rybakina, ci sarebbe riuscita nonostante un tabellone difficilissimo. E dopo tutta una serie di rimonte improbe, fin dal terzo turno quando con la canadese Andreescu perdeva 3-1 al terzo, poi indietro di un set con la Rybakina che sul 2 pari ha avuto sulla racchetta 3 pallebreak, quindi con la Sabalenka perdeva ieri 7-6, 4-2. Fra terzo turno e ottavi aveva invece dominato addirittura 6-0 6-3 nientemeno che la Kvitova. Insomma, ripeto, un tabellone che l’ha messa di fronte a tutte le peggiori insidie.
Non commettete l’errore di farvi ingannare dalla classifica (n.42) della Vondrousova, anche lei capace di una gran rimonta: la Pegula ha sbagliato un rovescio piuttosto facile sulla palla-game del 5-1 nel terzo set. Marketa è stata n.14 e se vincesse sabato diventerebbe n.10. Sono stati gli infortuni a penalizzarla.
I precedenti sono 6 e il bilancio è in pareggio: 3 a 3. Ma, poiché i primi due sono antichi, ricorderei solo gli ultimi 4. La tennista ceca ha vinto i due duelli di quest’anno a Melbourne per l’Australian Open (6-1 6-7 6-1, punteggio…isoscele) e l’ultimo a Indian Wells (7-6,6-4), mentre Ons ha prevalso sull’erba a Eastbourne (6-3,7-6) e a Stoccarda (4-6,6-2,6-3). Vinca dunque la migliore. Che per me, per chi non l’avesse capito, è Ons Jabeur.