Mi dispiace davvero molto per la sconfitta patita da Ons Jabeur alla fine di una partita in cui è stata avanti 4-2 nel primo set e 3-1 nel secondo.
Avevo scritto l’altro giorno che non sono abitualmente tifoso di nessuno – ok, salvo che per la Fiorentina, ma anche in questo caso un tifoso non esagitato, e un quarto di secolo fa anche per Gabriela Sabatini – ma che per lei, per Ons, per il suo stile di gioco originale se non unico, per la sua dolce umanità e personalità, nonché per tutto quel che rappresenta, per il suo Paese e le sue donne, per tutta l’Africa, ebbene sì avrei fatto il tifo per un suo trionfo a Wimbledon dopo due finali perdute, a Wimbledon con Rybakina e a New York con la Swiatek.
Forse sono state proprio tutte quelle “responsabilità” avvertite a destabilizzare Ons, dal 29mo minuto della finale, quando aveva appena strappato a zero il servizio alla Vondrousova per passare a condurre il set per 4-2.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che Ons avrebbe perso la testa e in 4 game 16 punti su 18 per cedere il primo set per 6-4, 18 punti su 20 contando anche i primi due punti del secondo in una serie di 10 punti consecutivi.
Un vero tracollo emotivo che pareva superato quando Ons ha reagito portandosi sul 3-1 nel secondo set. Invece la ragazza tunisina avrebbe fatto un altro solo game sui successivi sei fino alla volee vincente in tuffo dell’unica tennista capace di vincere Wimbledon senza essere testa di serie, Marketa Vondrousova.
Fra il video per l’Instagram di Ubitennis e quanto ho scritto sul sito di Quotidiano.net non credo di poter aggiungere granchè di inedito.
Se non che questo torneo è stato davvero strano, davvero sorprendente, al di là dell’impronosticabile trionfo della Vondrousova che ha battuto cinque teste di serie nel suo cammino, la n.12 Kudermetova, la n.20 Vekic, la n.32 Bouzkova, la n.4 Pegula, la n.6 Jabeur, dominando in semifinale la Svitolina che, se non fosse stata fermata dalla maternità, sarebbe stata testa di serie anche lei.
Ma anche la Jabeur aveva avuto un percorso pazzesco: aveva eliminato quattro campionesse di Slam, Andreescu, Kvitova, Rybakina e Sabalenka.
Anche per via di questo percorso “minato” Ons avrebbe meritato, secondo me e non credo di essere meno oggettivo per via del mio tifo, di vincere questa 129ma edizione del torneo femminile di Wimbledon.
Ha pianto calde lacrime ieri, Ons, e non so quante altre lacrime verserà nei prossimi giorni e forse tutte le volte che ripenserà a questa occasione perduta. Che, purtroppo per lei, non è detto che si ripresenti.
All’inizio dei Championships il pronostico sulla futura campionessa sembrava infatti circoscritto alle prime tre teste di serie, Swiatek n.1, Sabalenka n.2, Rybakina n.3, vale a dire le vincitrici degli ultimi Slam.
Mentre la Vondrousova sembrava spacciata nei quarti contro la Pegula: perdeva, sul campo n.1, 4-1 nel terzo set quando l’americana ha sbagliato sulla palla del 5-1 un rovescio da metà campo che grida vendetta. Che né la Pegula né la Vondrousova dimenticheranno tanto facilmente.
Una vicenda simile a quella del film Matchpoint di Woody Allen.
Ho sentito dire a Paolo Lorenzi – apro un inciso: mi sembra davvero un ottimo acquisto per Sky; è bravo, è intelligente, non è montato, è competente, si esprime in modo simpatico e in un italiano più che corretto – la seguente considerazione: “Brava la Vondrousova che ha vinto e mantenuto sangue freddo nei due ultimi turni di battuta quando avrebbe potuto avvertire la tensione, e quindi ha meritato di vincere, ma per me la Jabeur resta la tennista più forte…”.
Temo che, oltre al sottoscritto, anche la Jabeur lo creda e ciò aumenterà a dismisura il suo rimpianto per quella che ha definito: “La sconfitta più dolorosa della mia carriera”. In fondo contro Swiatek a New York e contro Rybakina qui a Wimbledon Ons non era favorita come invece veniva considerata qua da tutti gli addetti ai lavori alla vigilia della sfida alla Vondrousova.
Va aggiunto però anche, per onestà intellettuale – espressione abusata che purtroppo ho sentito fare più volte da chi onesto intellettuale non era proprio per niente! – che la Vondrousova avrebbe motivo di non condividere quei pronostici della vigilia a lei sfavorevoli nonché le opinioni tecniche di Lorenzi e del sottoscritto: quest’anno, sia in Australia sia a Indian Wells, Vondrousova aveva battuto Jabeur. Tre vittorie di fila, dunque, per la ragazza ceca che segue le orme di Vera Sukova, Martina Navratilova (9 volte!), Jana Novotna, Petra Kvitova. Mancina Martina, mancina Petra, mancina Marketa. Un marchio ceco di fabbrica quasi quanto… la Skoda.