[2] A. Mannarino b. [3] U. Humbert 6-4 6-3
Adrian Mannarino centra la tredicesima finale della carriera nel Tour maggiore, la quinta su erba e lo fa superando nella semifinale della parte bassa del tabellone dell’Infosys Hall of Fame di Newport – sede anche dell’International Tennis Hall of Fame – il connazionale di dieci anni più giovane Ugo Humbert con lo score di 6-4 6-3 in quasi due ore di partita (1h48′ per l’esattezza).
Per il 35enne transalpino si tratta dell’undicesima vittoria su quindici match disputati nello swing erbivoro del 2023, dove ha preso parte a cinque eventi riuscendo a raggiungere almeno i quarti di finale in quattro di essi: l’unica eccezione è stata rappresentata da Wimbledon, in cui si è dovuto arrendere al 2°T al futuro semifinalista Medvedev. A ‘s-Hertogenbosh e Maiorca, invece, Adrian ha ceduto il passo rispettivamente a Thompson – l’australiano è stato poi superato superato nell’ultimo atto valevole per il titolo da Griekspoor. Tuttavia il francese si è preso la rivincita proprio questa settimana e sempre nei quarti, dove però ha comunque seriamente rischiato di sprecare un vantaggio di 6-0 5-2 finendo per perdere il tie-break del secondo parziale e dovendo cancellare un cruciale break point in avvio di terza frazione – e soprattutto a Christopher Eubanks nella finale del torneo che si svolge nell’isola nativa di Rafa Nadal.
Inoltre per il n. 38 ATP quest’affermazione sul 25enne di Metz ricalca anche un curioso record che lo vede protagonista: nelle quindici occasioni nelle quali si è trovato a fronteggiare un altro mancino sull’erba ha trionfato per ben 13 volte e con la vittoria odierna può vantare una sequenza aperta di otto successi consecutivi, l’ultimo – prima di quello ai danni del campione di Halle 2021- si era materializzato sempre in uno scontro fratricida a tinte bleu contro Corentin Moutet nei quarti di Maiorca il mese scorso.
Per l’ottavofinalista di Wimbledon 2019 vale la pena comunque sottolineare al netto della sconfitta, la portata del traguardo raggiunto dato che non si spingeva in una semifinale ATP dal ‘500’ di Halle di due anni fa, torneo che vinse battendo in successione negli ultimi due match valevoli per assegnare il trofeo Auger-Aliassime e Rublev, conquistando così il terzo – ed ultimo sinora – titolo in carriera: certamente il più prestigioso dopo i due ‘250’ che si aggiudicò nel 2020 ad Auckland e Anversa. Tra l’altro sempre qui a Newport nel 2019 raggiunse anche la sua seconda semi in assoluto nel circuito principale, venendo però sconfitto in tre set da John Isner che in quell’edizione avrebbe conseguito il quarto personale alloro nell’evento.
Due i precedenti derby consumatisi prima di quest’ultimo andato in scena in quel di Newport, sempre in Francia e sempre a Parigi: nel 2018 al secondo turno di Bercy a spuntarla fu Mannarino per 6-4 6-2 sull’allora wild card Humbert, quest’anno ai sessantaquattresimi di finale di Bois De Boulogne agevole affermazione di Ugo per 6-3 6-3 6-1.
Primo Set: i tagli e i colpi filanti di Mannarino hanno la meglio sulla maggiore potenza di Humbert
Un sfida tutta mancina che non può non incuriosire gli amanti della tecnica applicata, un confronto che certamente troverà una delle chiave di volta nello scontro a distanza sulla diagonale destra dove entrambi possiedono nel fondamentale bimane sicuramente il colpo migliore del loro repertorio da fondo. Una partita, inoltre, che riporta inevitabilmente al passato data la superficie sulla quale va in scena e le caratteristiche quasi d’altri tempi dei due protagonisti che come hanno già dimostrato più volte in carriera ben si adattano al verde. Se si vuole però scovare un elemento di differenza a livello di peculiarità tecniche, lo si può riscontra sul piano dell’impatto e dunque della potenza o dell’effetto che generano con i rispettivi rovesci: Adrian ha questa capacità quasi unica di anticipare costantemente le proprie soluzioni e lasciare andare via dei colpi meravigliosamente filanti e semi-piatti, tra i più significativi dell’intero Tour nell’abilità di passare “spannometricamente” a fil di rete, chiaramente queste qualità personalizzate del 35enne transalpino vengono ancor di più enfatizzate nel loro rendimento quando vengono prodotte sull’erba rispetto a qualsiasi altre condizioni di gioco. Dalla sua, tuttavia, il n. 40 ATP è in grado di mettere maggiore peso di palla ed un tasso di potenza alquanto superiore nelle “proprie” sbracciate, ma per far sì che ciò sia sufficiente deve gioco forza provare a comandare sempre lo scambio: quindi è necessario anche un rendimento impeccabile in battuta – cosa di cui a posteriori ha difettato parecchio andando ad incidere irrimediabilmente nell’economia del match: pessime percentuali con la prima in campo e sulla concretizzazione della seconda, 56% e 43% -. Poiché altrimenti se Mannarino può tessere la sua perfida tela di scambi all’insegna di una “crudele” profondità e potendo contare sul suo vastissimo arsenale di tagli sotto la palla, è ovvio che anche un tennista dalla mano fatata come Ugo farebbe una fatica allucinante anche soltanto a far partita pari.
L’inizio della sfida mette in mostra proprio lo spartito tattico appena illustrato, l’ex n. 22 del mondo manda sovente le sue soluzioni nella metà campo opposta a meno di mezza spanna dalla riga per poi chiamare puntualmente in avanti il più giovane connazionale mediante slice corti o smorzate che letteralmente scompaiono tra i fitti fili d’erba nei pressi della rete: il risultato di tali rapporti di forza vede la tds n. 2 strappare il servizio ad Humbert – a 15 – già nel terzo game, dopo che invece i primi due turni di servizio non avevano lasciato neppure un quindici alle ribattute. Break che matura alla seconda occasione del game, per la verità in un primo momento Adrian è stato abbastanza fortunato nella modalità con cui si è costruito le chances di fuga visto che è stato coadiuvato da un nastro a dir poco beffardo nei confronti della terza forza del tabellone. Sta di fatto che dopo la prima occasione mancata con la risposta di dritto volata via, ma che aveva visto Mannarino essere federe al piano fin lì messo in pratica – cioè anticipo e aggressività anche al costo di incorrere in qualche errore di troppo per eccessiva “arroganza tennistica” in termini di intenzione strategica, quindi sulla seconda piedi in campo e spinta filante a tutto gas – uno straordinario passante bimane del classe ’88 regala il primo scossone della partita.
Ora il giocatore privo di sponsor tecnici è un fiume in piena, mentre al contrario il classe ’98 non ci sta capendo granché: è molto confusionario nelle sue azioni offensive, non facendo altro che apparecchiare alla perfezione la tavola per il rivale esaltandone i recuperi difensivi che peraltro non sono proprio il fiore all’occhiello del nativo di Sousy-sous-Montmorency.
E se ciò non ci bastasse, Ugo sta offrendo anche una palla troppo alta e totalmente mancante di profondità: così Adrian ci va a nozze ed assieme ai gratuiti di rovescio che crescono a dismisura nella parte di campo di Humbert – soffre in particolare un palla profonda non direzionata in angoli evidenti – arriva fisiologicamente il doppio break che recita quindi 4-1 e servizio in favore del finalista di Maiorca.
A questo punto, tuttavia, ad un passo dal precipizio il campione di Halle 2021 non ci sta ad essere asfaltato passivamente in un derby della Marsigliese: si scuote e con un sussulto d’orgoglio ripristina immediatamente lo svantaggio precedente riportandolo ad una sola distanza di distacco. A livello tattico, questa mini rinascita di Humbert è da ascriversi ad una soluzione che fino al quel momento Ugo non aveva praticamente mai esplorato: il rovescio lungolinea per andare a pizzicare il dritto in corsa di Adrian che dimostra di trovare qualche difficoltà in più dal quel lato quando deve colpire privo di appoggi stabili; oltre a ciò cresce decisamente anche l’incisività del dritto e della chirurgica prima in slice da sinistra.
Strabordante il cross uncinato che gioca nello scambio più bello finora del match e che lo mette nelle migliori condizioni di agguantare il 4-2. Adesso aumenta, come è normale che sia vista l’upgrade del n. 2 di Francia, la qualità generale della partita e difatti gli spettatori di Newport appaiono più coinvolti da un confronto che comincia a regalare diversi scambi in sequenza da vera cineteca e che vengono conclusi con autentiche prodezze di tocco. Esprimendo così un tennis veramente di alto spessore in questo frangente di gara, il 25enne di Metz va a conquistarsi addirittura un palla per il rientro completo nell’ottavo game ma Mannarino seppur non più con la stessa semplicità di inizio match e dovendo soffrire la spigolosità dei fulmicotoni in arrivo dalla racchetta dell’uomo con la visiera del berretto invertita, ne viene fuori brillantemente forte di un’inconsueta calma olimpica che non sempre in carriera ha dimostrato nei frame più scottanti.
Dopodiché vanno in scena due mirabolanti battaglie nei successivi due giochi della frazione, 23 punti complessivi con Humbert che sventa due set point per poi non concretizzare la terza e la quarta palla break del suo match che gli avrebbero permesso di agguantare il 5-5. Pertanto Mannarino vince il set d’apertura per 6-4 in 58 minuti, un parziale che poteva chiudersi molto prima e più nettamente in favore di Adrian ma che avrebbe potuto anche prolungarsi ancora e dare il là alla rimonta di Ugo.
Difatti il tre volte ottavofinalista di Wimbledon ha fatto suo il set forte dell’iniziale totale controllo delle dinamiche tattiche della partita, ma ora i due giocatori sono molo più vicini in termini di performance espressa.
Secondo Set: Humbert va avanti a scariche emotive, Mannarino è molto più continuo e si prende la finale
Non a caso, pronti via e in avvio di secondo parziale Ugo piazza alcuni vincenti in parallelo micidiali. Se riuscirà a limitare specialmente i diversi gratuiti commessi dal lato del rovescio, con l’efficacia dello stato attuale dei suoi colpi può pensare seriamente di ribaltare questo scontro fratricida.
La ripresa delle ostilità non parte all’insegna dello spettacolo, adesso anche Adrian inciampa in qualche buca di troppo: le belle giocate sono solamente effimere muovendosi dentro un contesto generale insufficiente e contraddistinto da una maggiore linearità e meno presenza di variazioni.
Affrontare comunque Mannarino richiede una costante attitudine zen alla stabilizzazione e conservazione della pazienza per l’intera durata del match, perché basta anche soltanto andare leggermente sovra ritmo nel fisiologico tentativo di sfondare il muro eretto dal contrattaccante per antonomasia da erba qual è Adrian perché si mandi tutto in frantumi. Ma purtroppo per Ugo ciò si verifica e così ancora una volta sull’1-1, il mancino dell’Ile de France rompe nuovamente gli indugi. Bisogna sottolineare come alla fin fine, nel complesso, sia maggiormente la prova sottotono di Humbert che l’onesta prestazione dell’avversario ad aver indirizzato l’esito della sfida sinora: sappiamo però come il quarto-finalista olimpionico di Tokyo 2021 sia un tennista capace di accendersi d’improvviso e che il semifinalista in doppio di Melbourne 2016 invece non personifichi in nessun modo il prototipo del cuor di leone.
Giunti a questa stazione di servizio del viaggio tennistico di questa prima semifinale di Newport, Ugo rischia di capitolare definitivamente pasticciando in modo tremebondo sul 2-2 fermando il gioco con una chiamata del falco poi rivelatasi errata e commettendo due sanguinosi doppi falli (siamo a quota quattro nel match, la metà per Mannarino). Ma come detto, il 25enne di Metz può predisporre tra le sue potenzialità quella di trovare la linfa creativa quando meno lo si attende: ritrova il servizio in tempo, cancella il break point concesso e al termine di 12 punti – ad oltranza – caccia fuori un urlaccio liberatorio per poi chiedere l’incitamento del pubblico, siamo 3-2.
Da qui sino alla fine si prosegue con Humbert a trascinarsi avanti a suon di estemporanee scariche adrenaliniche che lo portano sì ad intascarsi i punti più spettacolari e di conseguenza il primato dell’applausometro, ma ciò non produce minimamente l’effetto sperato ossia scalfire Adrian che stavolta il doppio break lo mette a segno sul 5-3 qualificandosi per la finale dell’ATP 250 statunitense al quinto match point – ultimo game da 12 punti in cui Mannarino manca i primi quattro match in risposta soprattutto per via di uno scatenato Ugo, che quando deve esibirsi sotto nel punteggio dà il meglio di se – con il 6-3 conclusivo da 50 minuti di durata.
A. Michelsen b. J. Isner 7-6(6) 6-4
Nonostante 20 ace scagliati e l’82% di trasformazione sulla prima di servizio, il quattro volte campione di Newport John Isner deve arrendersi ai 19 anni in meno di Alex “cannon-balls” Michelsen che chiude il match in modo esemplare in battuta: 79% di prime in campo, 78% di realizzazione ed anche un mirabolante 67% di conversione con la seconda.
Battere il proprio archetipo tennistico, per di più vero e proprio idolo per gli interpreti di un certo di tipo di tennis americano, capace in carriera di vincere l’85% – pari a 14 allori – dei suoi titoli in patria e che in questo torneo è il primatista nell’albo d’oro e farlo senza mai tradire il minimo traballamento emotivo; è veramente uno straordinario attestato per chi si presenta al grande tennis ad appena 18 anni.
A marzo 2022 addirittura Alex non aveva classifica, ora con questo successo è virtualmente a ridosso della Top 120. Il percorso del ragazzo californiano – che ha lasciato il segno sin dal primo turno estromettendo il campione uscente Cressy – ricorda tantissimo quello di Jenson Brooksby – altro californiano che però non se la passa altrettanto bene ultimamente – che nel 2021 proprio qui a Newport al debutto in un main-draw ATP arrivò sino in fondo prima di arrendersi a Kevin Anderson.
La stagione 2023 del semifinalista Slam a Wimbledon 2018, al contrario, era stata avara di soddisfazioni durante i primi tre quarti di anno tennistico. Anzi solamente colma zeppa di delusioni subendo sconfitte all’esordio in 8 dei 9 tornei a cui aveva partecipato: è arrivato così a Newport dopo aver registrato un filotto di 7 KO in fila. Ma appena ha rimesso piede sul territorio amico, ha ritrovato fin sa subito se stesso ed è proprio attraverso questi eventi che di fatto ne hanno scandito la carriera che John debba necessariamente passare se vuole provare un rientro in Top 100: la prossima settimana ci si sposta ad Atlanta, dove si è laureato campione per ben sei edizioni – il torneo che ha vinto più volte in carriera. Non è infatti una casualità che l’unico altro risultato degno di nota della sua annata lo avesse messo a segno proprio negli Stati Uniti in quella che sostanzialmente è la sua città d’adozione: in quel di Dallas si arrese soltanto a Yibing Wu.
In ogni caso è prima finale ATP che per Alex giunge dopo il titolo – anche in questo caso una prima volta assoluta – Challenger di Chicago di settimana scorsa, mentre l’esordio assoluto in tabellone del Tour maggiore per Michelsen si era consumato all’ATP 250 di Maiorca dove fu subito estromesso dal futuro vincitore del torneo e successivo quarto–finalista a Londra, Mr. Stecchino Eubanks che venne tuttavia costretto al terzo set dal classe 2004.
Primo Set: a Isner non bastano 13 ace, Michelsen annulla le tre palle break concesse e si aggiudica il tie-break per 8 punti a 6
Il parziale inaugurale se lo aggiudica l’allievo giovincello: Michelsen, ovviamente al tie-break, la spunta per 8 punti a 6 nel tredicesimo gioco al termine di un primo set durato la bellezza di 1h11′ di gioco.
Alex ha mostrato fin da subito di non essere soltanto servizio e dritto, ma di possedere nel suo bagaglio tecnico diverse variazioni che fanno ben sperare per il suo futuro considerando i 18 anni d’età del classe 2004 californiano: capacità di coprire la rete con ottime soluzioni volanti, senza dimenticare alcuni buonissimi drop-shot messi in mostra ed in generale un’eccezionale mobilità per una ragazzone della sua stazza (1,93m). Inoltre pure in risposta ha fatto vedere di essere più che presente, abbinando infine nei colpi da fondo al diritto di scuola americana un rovescio bimane solidissimo che praticamente non ha conosciuto strafalcioni all’interno della partita.
Sui 12 game regolari della prima frazione di gioco, cinque di essi si prolungano ai vantaggi. I primi due si materializzano nei rispettivi turni di battesimo del servizio come è normale che sia quando il fondamentale d’inizio gioco è ancora un po’ arrugginito ed in fase rodaggio: una sola palla break di palesa, sventata prontamente a freddo da Alex.
Il n. 190 ATP si è poi ritrovato nella stessa scomoda situazione sul 2-2 ma ancora una volta il 18enne di Aliso Viejo – che ha già firmato per accettare una borsa di studio alla Georgia University – si è dimostrato inossidabile in termini di forza mentale.
Chiaramente per quanto entrambi ben si disimpengnino a rete, il gioco è estremamente essenziale: entrambi servono come due ossessi, però, anche a Big John è richiesto di venire a capo di un tris di turni di battuta complessi: ad oltranza nel sesto, nell’ottavo e nel decimo gioco. Tuttavia il gigante di Greensboro ne esce fuori alla grande, dovendo comunque frantumare la prima palla break concessa al giovanissimo connazionale sul 4-4 ma dopodiché in bello stile non ne deve più affrontare.
Ciononostante i grattacapi per il 38enne nativo della Nord Carolina nono sono terminati, dato che pronti via e nel tie-break si ritrova ad inseguire 4-1 con mini-break subìto nel secondo punto del gioco decisivo. Di classe ed esperienza, Long John si rifà sotto riagganciando Alex sul 4-4. Il primo set point è a favore di Isner sul 6-5, ma a trasformarlo è Michelsen che appone il sigillo mediante uno spettacolare passantone bimane incrociato per convertire il set ball nel quattordicesimo punto del deciding game.
Secondo Set: la favola di Michelsen si compie grazie ai 20 punti vinti da Alex su 24 servizi totali nella frazione
John sembra mollare e va immediatamente sotto 2-0, Michelsen da par suo è semplicemente stratosferico: non regala mai nulla, è preciso e chirurgico in ogni situazione di gioco.
Questa volta dopo lo svarione subitaneo in apertura di frazione, i servizi si rivelano inaccessibili per le risposte e si giunge così dritti dritti al momento della verità dove il nuovo che avanza, l’astro nascente del tennis a stelle e strisce non trema in alcun modo e attraverso un ace centrale si guadagna la prima finale ATP della sua giovanissima carriera professionistica: un risultato di tale fattura andato in porto in quello che per lui è soltanto il secondo tabellone principale dopo Maiorca.