[2] A. Mannarino b. A. Michelsen 6-2 6-4
La finale dell’edizione 2023 all’Infosys Hall of Fame Open di Newport se l’accaparra la testa di serie n. 2 del draw di Rhode Island Adrian Mannarino, che liquida con lo score di 6-2 6-4 in appena 1h28′ di gioco il giovane Yankee – classe 2004 – Alex Michelsen.
Una partita mai realmente in discussione, anche quando in avvio di secondo set il 18enne americano ha strappato il servizio al veterano francese; al quale difatti è bastato molto poco per rimettere le cose sul versante giusto per il suo tornaconto tennistico affidandosi a tutta la propria competenza erbivora: 93esima affermazione – a tutti i livelli – della carriera sul manto erbivoro, nel 2024 potrà provare l’assalto ai 100 successi per sfondare un muro rivelatosi sinora imperituro per tanti colleghi e che tra i tennisti in attività vede soltanto Djokovic e Murray ad essere riusciti nell’impresa di oltrepassarlo. Si tratta del terzo alloro della carriera nel Tour maggiore per il 35enne transalpino, dopo le conquiste nei ‘250’ di ‘s-Hertogenbosh nel 2019 – battendo nell’ultimo atto Jordan Thompson – e ad agosto dello scorso anno a Wiston-Salem superando Laslo Djere nel match per il titolo.
Dunque, leggermente mitigato l’insufficiente bilancio dell’ex n. 22 ATP a livello di finali disputate in carriera: ne ha vinte solamente tre, perdendone invece ben 10. A proposito poi di ranking, il mancino dell’Ile de France con questo successo sale virtualmente al n. 28 del mondo quindi a sole sei posizioni di distacco dalla sua miglior classifica fatta registrare nel marzo del 2018. Anche Alex però non è da meno in termini di balzo nel ranking, dalla sua attuale piazza di n. 190 del mondo guadagnerà la bellezza di 52 posti agguantando la Top 140 (sarà n. 138 a partire da lunedì). Nel caso in cui avesse alzato il trofeo, si sarebbe avvicinato ai primi 120 giocatori ATP. Grazie, inoltre, alla propria corsa nell’ultima appendice tennistica della stagione riservata al verde compie anche un gran balzo nella Race relativa alle prossime Next Gen Finals di Gedda prendendosi di forza la settima piazza, con il successo finale avrebbe scavalcato Luca Van Assche assestandosi in sesta posizione.
Nonostante però la sconfitta patita in finale, rimane comunque il clamoroso torneo disputato dal ragazzo della California al primo main-draw ATP della carriera con accesso diretto. Basti pensare, per comprendere al meglio le proporzioni del risultato conseguito da Alex, che a gennaio 2023 bazzicava attorno alla 600esima posizione del ranking e che addirittura a settembre 2022 non era neppure dentro la Top 1000: una scalata paurosa, che tuttavia non gli ha permesso di rinverdire lo scettro americano del 2023 negli eventi duecentocinquanta di scena sul suolo statunitense – Taylor Fritz e Frances Tiafoe vittoriosi a Delray Beach e Houston.
Primo Set: la sapienza tattica e il servizio slice da sinistra di Mannarino fanno la differenza, Michelsen incappa in qualche sbavatura per via della tensione dovuta alla posta in palio
Il sorteggio viene vinto da Mannarino, il quale sceglie di cominciare la partita in risposta.
Il confronto a distanza tra i due protagonisti, che si contenderanno il titolo nella 47esima finale del torneo di Newport, vede il match iniziare con diversi scambi sulla diagonale sinistra fra il dritto incrociato di Adrian e il solido bimane di Michelsen.
Al primo cambio di campo il punteggio vede il n. 190 avanti 2-1 senza break, il giovane americano in due turni di servizio non ha ancora concesso un singolo quindici vincendo il 100% dei punti con la battuta – 8/8 sulla prima, 2/2 sulla seconda: un avvio di sfida che ricorda funestamente – per il francese – quello che il classe 2004 ha messo in mostra brillantemente anche nella fase embrionale della semifinale contro Big John dove mise in atto una serie consecutiva di punti intascati mediante la prima di servizio.
Tuttavia, nel quinto game del match il 18enne californiano fa intravedere le prime crepe della sua doppia prestazione fino a quel momento priva di sbavature – di gioco ed emotive: difatti al cospetto di Long John, nonostante il grandissimo risultato che stava conseguendo, non aveva mai in nessun caso palesato fisiologici scricchiolii dovuti all’ingente prestigio della posta in palio. Anche nello scontro con il mancino transalpino, pronti via è sembrato lo stesso ragazzone (1,93) sereno e sicuro dei propri mezzi già ammirato in semifinale: prime devastanti, ma soprattutto una strabiliante capacità di variare – che sull’erba diviene un invidiabile punto di forza – e di generare effetti dal differente peso di palla o di traiettoria impressa. Dal chirurgico rovescio tagliato passando per una proiezione offensiva strutturata all’interno di un’ottima abilità di “presa” della rete in controtempo, fino ad arrivare ad una buonissima manualità nell’esecuzione della smorzata; tutti ingredienti inseriti in un contesto di mobilità a limiti del sublime considerate le leve del tennista Yankee.
Purtroppo, però, per il n. 190 ATP affrontare sull’erba un avversario come il 35enne d’Oltralpe è certamente uno dei compiti più ardui da soddisfare nell’attuale Tour mondiale: figuriamoci se poi colui che debba eseguirlo è sostanzialmente un esordiente a questi livelli, di conseguenza non può non pagare la tensione per la prima finale ATP; perché se la partita con Isner raffigurava lo scalpo in un derby dai connotati già piuttosto significativi, contro il finalista di Maiorca si trattava della cosiddetta prova del nove.
Alex quindi inciampa sul 2-2: costretto a doversi affidare a qualche seconda di troppo, soffre tremendamente la straordinaria pazienza dell’ex n. 22 al mondo di allungare il palleggio. Scenario che porta in dote alla tds n. 2 una sequela di errori di dritto dello statunitense, specialmente in lungolinea nel tentativo di forzare qualcosa in più per evitare di finire dritto dritto nelle fauci francesi contraddistinte da tanta regolarità, abbinata a tratti di consistenza e variabili tattiche. Anche alcuni doppi falli, una palla corta totalmente errata a livello di soluzione tecnica opzionata e dulcis in fundo la profondità della riposta di Adrian contribuiscono a confezionare – a 15 – il primo strappo della finale.
A questo punto, Mannarino viaggia a vele spedite verso la conquista del set: letteralmente con la pipa in bocca, il secondo favorito del tabellone va all’incasso dopo soli 28 minuti per il 6-2 conclusivo con doppio break maturato nel settimo gioco (sul 4-2), frutto di una costante sapienza tattica ed in particolar modo dell’uncinata mancina da sinistra. Una tipologia di servizio, lo slice esterno tipicamente efficiente nel tennis prodotto dai mancini, con la quale sta letteralmente e letalmente tramortendo il povero Alex.
Secondo Set: cresce la risposta di rovescio statunitense ma Adrian si rifà sotto, rimonta e va a prendersi il terzo titolo della carriera
Si riprende con una versione di Alex furiosa nel voler cercare di modificare l’andamento fin lì a senso unico dello scontro: si guadagna la prima chance di break e immediatamente la concretizza. Dunque 2-0 subitaneo a favore del 18enne nativo di Aliso Viejo.
Ma Adrian non smarrisce minimamente la propria tranquillità e forte della superiore esperienza nel gestire certe situazioni – anche se non sempre in carriera si è rivelato all’altezza – va a prendersi subito il contro-break che successivamente consolida per il 2-2 che ristabilisce la parità. In verità il gioco viene fermato per qualche minuto – non precisata la motivazione di questa momentanea sospensione da parte del giudice di sedia Fergus Murphy -, tuttavia ciò non distrae in alcun modo Mannarino che dopo aver centrato l’1-2 – finora quattro break point nel match, tutti concretizzati – piazza pure l’aggancio nel primo game del confronto che si decide ai vantaggi.
Continua inoltre ad essere molto limpida una constatazione di natura tecnica riguardo Michelsen, il rovescio States è sicuramente migliore se paragonato al diritto: possiede più fluidità di esecuzione in grado così di permettergli di raggiungere importanti picchi di velocità di palla proprio perché il movimento è maggiormente lineare, al contrario di un dritto abbastanza macchinoso e carico di spin che quindi quantomeno su altre superfici potrà dare feedback ben diversi.
Non a caso, infatti, la pericolosità in ribattuta che sta mostrando ora, e che era stata praticamente assente nel primo set, la sta producendo grazie ad una sensibile crescita della risposta bimane – specie in lungolinea: un innalzamento dell’efficacia di questo colpo a tal punto da sottrarre al più esperto rivale alcune certezze sino a quel momento inscalfibili – e che tanto gli avevano dato in termini di punti diretti o di scambio già ben instradato – dal lato del servizio tagliato nei quindici dispari, ovvero Adrian quando non trova la prima si sente quasi obbligato a spingere la seconda più del solito in termini di chilometri ricercati poiché intimorito dalla possibile ribattuta bimane dell’americano.
Alex, dal canto suo, nonostante stia concedendo sempre almeno due punti in risposta in ogni game di servizio della frazione riesce sempre a venire a capo del rompicapo propostogli dal classe ’88 transalpino: va evidenziato infatti come in questo secondo parziale si stia affidando al serve&volley molto più di quanto avesse fatto nel set inaugurale.
Soluzione che però viene comunque utilizzata sporadicamente, non abusata, scegliendo con accuratezza i momenti in cui giocarlo: segnale di grande maturità e sagacia strategica per un ragazzo classe 2004. Altra peculiarità di questa seconda frazione, un dritto più ballerino da parte di Adrian che ha contribuito nelle imprese di salvataggio dei propri game di battuta del tennista di casa. D’altra parte per entrambi è il fondamentale da fondo meno sicuro.
Dentro questo scenario prosegue la corsa dei due giocatori, fin quando giunti nel nono gioco i 17 anni d’età in più sulla carta d’identità inevitabilmente vanno a dirimere definitivamente la contesa: Mannarino sale in cattedra con il suo meraviglio rovescio filante, facendo impallidire gli spettatori attraverso alcuni spettacolari passanti in corsa strettissimi che ricadono in angoli talmente acuti che è complesso anche soltanto immaginarli – per la verità pure il game in cui aveva centrato il contro-break ne aveva presentati un paio degni di nota -, e s’inerpica 30-40. Manca sia quest’occasione che la successiva – le prime palle break non sfruttate nell’intera partita -, ma dopo due risposte di dritto fermatesi in rete la terza possibilità è quella buona: break centrato, ora al servizio per vincere il terzo titolo della carriera.
Adrian è inappuntabile, al secondo match point sigilla il successo per 6-4 in 54 minuti – non effettivi – la sua seconda gioia della carriera sul verde.