Alex Michelsen, un nome che fino a una settimana fa nessuno conosceva, ma sono bastati pochi giorni e le cose sono cambiate in modo repentino. Facciamo prima un passo indietro: chi è questo biondino americano? Il gigante statunitense alto 1,93 m è nato il 25 agosto 2004 ad Aliso Viejo in California e ha fatto il suo debutto nel tennis professionistico solamente un anno e mezzo fa, nel circuito Junior e ITF. A livello Slam, per quanto riguarda il circuito giovanile, nella stagione scorsa ha ottenuto risultati in scala: prima la sconfitta al secondo turno nelle qualificazioni all’Australian Open, poi il primo turno al Roland Garros e a Wimbledon, e infine il terzo turno in casa allo US Open. Quello che però gli aveva garantito un po’ di notorietà erano state prima la finale all’Australian Open di doppio e poi il prestigioso titolo di Wimbledon in coppia, sempre a livello Junior. E sono stati proprio questi gli exploit che lo hanno fatto notare al noto marchio italiano Lotto, che ha poi deciso di firmare con lo statunitense. A gennaio 2023 si è portato a casa il secondo titolo Futures (il primo lo aveva vinto nel 2022) aggiungendo una sconfitta in finale.
Già negli ultimi mesi del 2022 Michelsen aveva provato a partecipare a qualche torneo Challenger, senza però raggiungere risultati di spessore. Il salto di qualità è arrivato nel febbraio di quest’anno, dove ha perso a Rome (Georgia) la sua prima finale a questo livello contro l’esperto australiano Jordan Thompson, mentre qualche settimana fa ha ottenuto il primo alloro Challenger a Chicago sconfiggendo all’ultimo atto il giapponese Yuta Shimizu. Ma quest’ultimo non è stato il solo nipponico a inciampare nel percorso del californiano a Chicago; chiedere a Kei Nishikori, ex numero 4 al mondo, per ulteriori informazioni. La vittoria sul finalista dello US Open 2014 era stata sicuramente quella più prestigiosa per il californiano sino a poche settimane fa, ma il biondino 18enne aveva già estromesso negli ultimi mesi altri nomi conosciuti quali Shang, Kovacevic, Vukic, Marterer, Koepfer e gli ex top 10 Sock e Pouille.
La prima presenza a livello ATP, invece, risale a Indian Wells di quest’anno. Affidatagli una WC, Michelsen si è arreso al primo turno del tabellone cadetto contro lo svizzero Riedi, e da lì a tre mesi e mezzo nessuna ulteriore partecipazione a livello ATP è apparsa nel suo curriculum. A Maiorca la seconda chance nella quale, dopo aver perso all’ultimo turno delle qualificazioni contro il sudafricano Harris ed essere stato ripescato come LL, ha ottenuto un posto in un tabellone principale di questo livello per la prima volta in carriera. Nessuna brutta figura, poi, nell’isola natale di Rafa Nadal, in quanto l’americano è stato sconfitto solamente 7-5 al terzo set dal poi vincitore del torneo Christopher Eubanks, che solamente dieci giorni dopo avrebbe centrato i quarti di finale a Wimbledon con vittorie su Norrie e Tsitsipas e si è arreso al quinto set solamente al n. 3 al mondo Medvedev. Nel tennis non vale la proprietà transitiva, ma basta poco per capire che il livello espresso da Michelsen era già alto un mese fa.
Finalmente arriviamo al fatidico torneo di Newport, l’unico fuori Europa sui prati, l’ultimo su erba della stagione, ma il primo grande successo per il nostro giovane californiano. Come si è detto, Michelsen arrivava dal successo a Chicago rimediato pochi giorni fa; infatti, lui stesso ha voluto far sapere un dettaglio non da poco: “Ho potuto giocare solamente un’ora e mezza a Newport prima del mio debutto. I tornei precedenti li avevo giocati sul cemento, ma alla fine sono riuscito ad adattarmi bene all’erba, superficie nella quale avevo giocato anche l’anno scorso e su cui mi trovo bene”. Eccome se si è trovato bene il nostro Michelsen, che senza timore reverenziale ha sconfitto uno dopo l’altro gli avversari che gli si sono posti dinanzi fino a giungere in finale. In ordine: il detentore del titolo Maxime Cressy, quinta forza del seeding, dopo una battaglia di quasi tre ore, James Duckworth sempre in tre set, la tds n. 4 suo connazionale Mackenzie McDonald con un sonoro 6-3 6-3 e, per finire, la stella americana vincitrice quattro volte a Newport, John Isner. I diciannove anni di esperienza in più non sono serviti all’ex n. 8 al mondo questa volta; 7-6(6) 6-4 il punteggio a favore di Michelsen. A un passo dal trionfo la promessa californiana si è arresa con lo score di 6-2 6-4 al veterano Adrian Mannarino, terzo giocatore nel circuito per numero di vittorie su erba. Un risultato amaro che però, come direbbe anche il 18enne di Aliso Viejo, ci sta se si guarda l’andamento complessivo del torneo o se si osserva da più lontano i progressi vistosi avvenuti in così poco tempo.
Con questa finale Michelsen si è posizionato al settimo posto nella classifica Next Gen, ha ottenuto il suo best ranking al numero 140 ATP, guadagnando ben 50 posizioni in un solo torneo, e inizia a far sentire il suo nome non solo tra i giovani che stanno ottenendo ottimi risultati, ma anche direttamente con i suoi coetanei francesi Fils e Van Assche. Settembre sta arrivando e l’americano dovrà decidere se iniziare a giocare per l’Università in Georgia a cui ha fatto domanda o continuare la sua cavalcata americana nei 1000, allo US Open, per poi concludere la stagione con gli altri tornei prestigiosi che il tour propone. Sarà una decisione difficile da prendere, ma da californiano doc un po’ tutti si aspetteranno che il ragazzo cavalcherà l’onda del tennis.