[1] S. Tsitsipas b. [5] A. De Minaur 6-3 6-4
Chiariamolo subito, come ormai avviene da qualche anno a questa parte, per l’egida dell’ATP non è compreso nel conteggio degli allori conquistati in carriera da Stefanos Tsitsipas il trionfo targato 2018 alle Next Gen ATP Finals di Milano battendo in finale proprio quel Alex De Minaur – finalista perdente anche della seconda edizione della manifestazione nel 2019 – sconfitto 6-3 6-4 in 1h27‘ di gioco nella sfida odierna del Mifel Tennis Open by Telcel Oppo di Los Cabos e già superato nelle undici precedenti volte in cui si erano incontrati a livello di circuito maggiore.
Questo perché l’evento dedicato ai migliori otto Under 21 del tennis mondiale, passato nella mani arabe dopo le cinque edizioni meneghine, è considerato un appuntamento sperimentale del calendario e dunque non inseribile nelle bacheche personali degli atleti che lo hanno conquistato. Ed è per tale motivo, quindi, che il n. 5 del ranking maschile attraverso la prima affermazione della sua stagione, che segue due finali perse nel 2023 all’Australian Open e all’ATP 500 di Barcellona ma sempre per mano degli unici due in grado durante l’arco di quest’anno tennistico di prendersi lo scettro della classifica ATP, ottiene la doccia cifra – e non 11esima – di successi nel Tour principale nonché il settimo sigillo 250.
Curiosamente anche l’australiano correva per la settima sinfonia 250 che avrebbe inoltre corrisposto all’ottava generale composta su 13 atti conclusivi disputati: rimane – per il momento – solamente uno il trionfo stagionale e salgono a due invece le finali perse dopo quella del Queens. Si interrompe così, per merito di colui che di fatto è un’autentica bestia nera del diavoletto oceanico, la magica liaison con il Messico dopo 9 incontri vinti consecutivamente (18/6 il computo totale dei set sul suolo messicano in stagione, considerati anche i due persi contro Stefanos), che conferma infine come ad Alex manchi sempre qualcosina di strutturale per venire a capo di uno scontro al cospetto di un Top 10 (11-33, il bilancio in carriera), a maggior ragione quando è costretto ad affrontarlo in finale: neanche un successo in quattro circostanze.
Tornando con il focus sul vincitore, era dal 25 giugno 2022 ossia dalla conquista dell’ATP 250 di Maiorca che Tsitsi non alzava al cielo un trofeo. Dopo l’alloro sull’erba spagnola, infatti, il 24enne nativo di Atene, che da questa settimana è tornato a lavorare con Mark Philippoussis – difficile credere ad una mera coincidenza la contemporanea ascesa del ritorno ad assaporare il gusto sublime del successo con i fili del rapporto professionale riallacciati contestualmente con il coach australiano -, ha raccolto solamente delusioni in sequenza: da Coric a Cincinnati, contro il quale si è preso la rivincita nella semifinale di Los Cabos – torneo, quello che ha sede nella località costiera e balneare del Centro America, che dalla prossima stagione cambierà collocazione in calendario facendo da prologo ad aprile al suo gemello maggiore Acapulco -, da Djokovic ad Astana e poi in Australia, da Rune a Stoccolma e dulcis in fundo in Catalogna a causa di Alcaraz.
Da lunedì l’ex n. 3 del mondo tornerà ad occupare la quarta piazza scalzando Casper Ruud, guadagno di una posizione nel ranking virtuale anche per lo spagnolo da parte di madre: conferma pienamente la sua leadership del movimento australiano salendo al n. 18, ovvero a tre sole lunghezze di distanza dal proprio Best.
Scandagliando gli H2H possiamo appurare come l’airone di Atene si sia concesso all’ossesso atletico aussie soltanto nel 2017 in occasione del Challenger di Surbiton, che si disputa su erba non certo la superficie dove il figlio di Apostolos si esprime al meglio. L’ultima volta in cui si erano affrontati: lo scorso 21 aprile nei quarti di Barcellona, al turno successivo il greco avrebbe estromesso Musetti – a proposito sempre di azzurri, nel main-draw di Toronto sono stati sorteggiati Sinner, Berrettini e Sonego tutti nel quarto presidiato da Stefanos.
Primo Set: uno scontro tra due tennisti con punti di contatto, ma anche con evidenti differenze di potenziale vede colui che possiede il servizio più performante prendersi il vantaggio
La partita comincia sotto una calura significativa (30° C.) che avvolge l’Estadio Mextenis del Cabo Sport Complex e all’insegna di raffronti tattici oramai totalmente consapevoli da parte di entrambi visto il bottino rimarchevole di dodici scontri diretti che hanno preceduto questo nuovo incrocio in salsa messicana. Stefanos cerca di prendere immediatamente il vantaggio decisivo nello scambio con la prima di servizio per poi prontamente spostarsi – compiendo la consueta mezza luna – sul dritto a sventaglio e comandare il punto affidandosi al superiore peso di palla del proprio siluro destrimano, a cui affianca all’occorrenza quando le accelerazioni da fondo non si rivelano definitive l’ottima capacità di attaccare la rete in controtempo apponendo così il sigillo sul quindici con la copertura volante. Al contrario, Alex è lì in attesa del materializzarsi della seconda greca per fiondarsi su di essa con la sua imprescindibile aggressività che è in grado di sprigionare in ribattuta permettendogli sovente di esibirsi in chirurgiche SABR Federiane.
Chiaramente per Tsitsipas l’obiettivo è aprirsi il campo. Nel match-up odierno tuttavia deve farlo, differentemente da ciò che accade più di frequente nei suoi incontri, sulla diagonale destra per mettere pressione sul colpo meno solido su cui l’australiano può contare da fondo.
Sulla falsariga, ma perseguendo modalità opposte, il 24enne di Sydney dovrà provare il più possibile a mettere il confronto sulla direttrice sinistra per far valere la maggiore consistenza del suo bimane rispetto al monomane ateniese, cercando poi in talune circostanze di mischiare le carte in tavola attraverso un’improvvisa sbracciata lungolinea: soluzione che potrà utilizzare efficacemente, non abusandone, nel tentativo di destabilizzare il gioco rivale anche il secondo classificato in gennaio a Melbourne. Per tutti e due comunque, presa coscienza dello spartito tattico e della superficie di gioco, sarà essenziale una tenuta costante della percentuale della prima battuta onde evitare di finire nelle grinfie della pressione avversaria in risposta che sottrarrebbe tempo vitale in uscita dal fondamentale d’inizio gioco.
Dopo una fase iniziale in cui i turni di servizio corrono veloci grazie a tante prime in campo, al termine del primo cambio di campo, va in scena tra quarto e quinto game uno scambio di break; frutto in un primo frangente di un round di battuta di De Minaur dove la tds n. 5 smettendo di essere supportata con continuità dalla prima palla ha commesso qualche inciampo di troppo dando via libera allo strappo ellenico, che si è preso di forza il momentaneo vantaggio trovando grande profondità nell’azione di contrattacco.
Purtroppo per il bicampione di Montecarlo è arrivato subitaneo il contro-break sostanzialmente per la messa in pratica di due distinti fattori non necessariamente casuali ma assolutamente conseguenziali: un pizzico di Dea Bendata, dalla sua, abbinata all’immancabile caparbietà dell’uruguagio da parte di padre che non manca mai di evidenziare il suo connubio più identificativo contraddistinto dall’abilità di esaltarsi nella sofferenza di recuperi insensati, difendendosi da vero esponente dell’arte del Bushido ad una stasi di tempra mentale come poche se ne vedono nel circuito. D’altra parte, altrimenti, con quel tennis leggerino se non avesse una forza psicologia superiore alla media il Diavolo aussie non potrebbe essere dov’è.
Le battute ritornano mastodonticamente dominanti, ridando nuovo ritmo e rapidità alla partita: la quale nel suo complesso è decisamente piacevole, soprattutto per via della buonissima manualità di ambedue i protagonisti nel toccare la sfera di feltro in situazioni di contro balzo dal coefficiente elevato durante le loro scampagnate fuori dalla confort zone della linea di fondo.
Nonostante tutte le dislocazioni strategiche che si possano fare, la differenza di livello tra i due è palese quando il due volte finalista Slam riesce a far pesare la propria castagna di dritto di cui invece – come detto – è sprovvisto completamente il camaleontico Alex: ed è quello che succede puntualmente nell’ottavo game, se inoltre ci si mette anche un piccolissimo calo di rendimento alla battuta del tennista oceanico è fisiologico che gli errori pur per un tennista che fa della solidità uno dei suoi cavalli di battaglia aumentino. Dal 30-0, infatti, beffardamente l’attuale n. 19 ATP si fa riprendere fino a pasticciare lui stesso con un sanguinoso doppio fallo sulla palla break che spiana la strada all’incameramento del parziale di Tsitsi: il n. 5 al mondo firma il 6-3 in 39 minuti senza ulteriori indugi.
Il Maestro delle Finals 2019 è ad un solo set dall’agguantare il primo successo del 2023.
Secondo Set: Tsitsipas delinea ancora la differenza sul foto-finish, Alex reagisce come può ai momenti di strapotere del rivale tuttavia alla fine deve soccombere
Alex è ancora scosso dalla frazione inaugurale persa, solamente la quinta sulle 23 complessive disputate in questa stagione sul suolo messicano – ha trionfato nel ‘500’ di Acapulco in Primavera -, e ca va sans dire ecco che il déjà vu si consuma.
Break a freddo nuovamente vidimato dal doppio fallo australiano sul break point. Il treno Tsitsipas viaggia in scioltezza, conferma a zero e non sazio imbeccato da uno splendido lob in recupero va a prendersi pure il 3-0 “pesante”.
No scusate in realtà ci siamo distratti, perché contro quasi qualsiasi altro rivale ciò sarebbe andato in porto inopinatamente ma il classe ’99 cresciuto e formatosi tennisticamente ad Alicante non è compreso nella schiera di quei giocatori che si accontentano di qualche spunto spettacolare del proprio bagaglio tecnico quando capiscono che l’inerzia è indirizzata. Attacca come un forsennato in avanti con gioielli funambolici in controtempo togliendo spazio alla replica greca, tenendosi in vita rimontando lo 0-40 e rimanendo in scia (2-1) dopo che lo smash a rimbalzo colpito da Stefanos sulla palla game termina in rete.
Il problema però per l’ex n. 15 del ranking mondiale è che mentre lui deve lottare a spada tratta – non se ne fa eccessivamente un cruccio l’australiano quando vi è costretto, anzi ci si trova proprio comodo – per difendere i propri turni di servizi, riemergendo spesso e volentieri da situazioni di grave difficoltà e svantaggio, le battute ateniesi continuano amaramente per lui a volare via assai velocemente. Siamo così giunti sul 3-1 Grecia, tuttavia due game più tardi l’attitudine battagliera – e non è la prima volta che gli capita in carriera – di De Minaur paga i dividenti innervosendo un attimino Stefanos e facendogli perdere la soglia dell’attenzione propedeutica a chiudere un punto comandato dall’inizio alla fine. Inoltre il lottatore nato che è Alex costringe pure il n. 1 del seeding a dover quasi naturalmente forzare più del necessario in termini di spinta delle accelerazioni, profondità delle esecuzioni ed esposizione acuta degli angoli ricercati. Risultato? Ristabilita la regola della battuta con il figlioccio di Hewitt ad intascarsi, rispondendo, il game del 2-3 addirittura a zero. E così in un amen, dal 3-1 Tsitsipas filotto di tre game a marca Australia ed è comando delle operazioni (4-3) per lo sfavorito.
E ricordiamo che potevamo essere tranquillamente sul 4-0 ellenico.
Adesso tutta l’energia e la carica emotiva è totalmente a favore del canguro, ma ancora una volta è nei momenti culminanti del set che il silente e concentrato Stefanos delinea il vero differenziale. Tutto lo sforzo profuso da De Minaur infatti va a farsi benedire, alla seconda chance del game sul 5-3 il passante di dritto buca l’improvvido serve&volley australiano ed il terzo break della frazione è servito.
Alla battuta per rifinire l’opera, come nel primo set è inappuntabile il moroso di Paula Badosa: sale 40-0, non concretizza il primo match ball ma il secondo con lo schema più oliato del proprio repertorio gli vale in poco meno di un’ora e mezza di match, il titolo numero 11 da quando è professionista.