In un articolo apparso sul Telegraph in data 3 settembre con la firma di Simon Briggs, si parla di un incontro tra i due governi del tennis professionistico, ATP e WTA, con al centro delle discussioni la possibilità di una storica unione, tre anni dopo il pubblico auspicio in tal senso di Roger Federer. Il magazine annuncia un incontro entro la fine del mese di settembre tra i numeri uno delle due organizzazioni, Andrea Gaudenzi e Steve Simon.
L’obiettivo, si legge, sarebbe quello di mettere in atto le naturali sinergie proprie di un progetto di fusione tra due enti per forza di cose apparentati. Anche restando fuori da questa fusione i quattro major, i risultati e le possibilità di sviluppo del movimento sono agevolmente immaginabili.
I due organismi internazionali hanno sicuramente fondati motivi di accelerare questo fenomeno nel sempre crescente interesse arabo negli sport tipicamente “occidentali”: il fenomeno non riguarda ovviamente solo il calcio con gli acquisti di team europei di prestigio (da diversi anni) e con l’importazione di campioni In Arabia Saudita, ma anche il golf. L’irruzione infatti della Golf LIV, lega golfistica finanziata dal fondo sovrano saudita, ha generato mesi e mesi di battaglie tra la LIV stessa e il PGA Tour, che sono poi sfociate nell’annuncio di circa tre mesi fa dell’unione tra i due organismi.
Inoltre, preoccupazione non ultima è la crescita della popolarità, a quattro anni dalla nascita, del sindacato PTPA fondato dall’asso serbo Novak Djokovic. Tutto quanto descritto ha già portato a numerose riunioni in seno agli organi amministrativi del tennis durante la prima settimana dello US Open.
Gli ostacoli per Gaudenzi e Simon passano dai diversi partner commerciali ai contratti televisivi in essere; non sarebbero poi da sottovalutare i malumori dei protagonisti maschili in vista di una probabile redistribuzione dei premi in denaro, che con ogni probabilità ne penalizzerebbero le entrate. Tuttavia, i due capi sono convinti che il risultato finale porterebbe a un importante ampliamento della torta finale.
I rapporti già esistenti tra Vecchio Mondo (+USA) e Arabia Saudita sono intensi ma altalenanti come risultati. Da un lato l’ATP ha spostato a Jeddah, seconda città del regno arabo, le Next Gen Finals, con il sospetto però che la concessione non sia sufficientemente significativa. Dall’altro la WTA ha bloccato l’assegnazione a Riad delle Finals, che ad oggi non hanno dunque ancora una sede certa (Repubblica Ceca? Messico?). In questa decisione hanno certamente pesato le autorevoli pressioni di personaggi quali Martina Navratilova e Chris Evert, che non vedono di buon occhio gli intrecci economici con un paese molto lontano dal mondo occidentale in termini di diritti umani e civili e segnatamente dei diritti di genere.
Quello che in effetti vorrebbe l’Arabia Saudita è l’ingresso nel governo del tennis e l’organizzazione di un Master 1000, da organizzarsi a ottobre, dicembre, o inizio gennaio. Gli ostacoli posti da un calendario già saturo sono evidenti: Bercy, Shanghai e la United Cup in Australia. Non ultima è la potenziale concorrenza che il torneo di Riad potrebbe portare al torneo 250 di Doha, in Qatar, la cui perdita di popolarità non sarebbe evidentemente gradita al patron del torneo, che è anche il proprietario della squadra di calcio del PSG.
In conclusione, al tweet di Federer che si chiedeva se fosse l’unico a desiderare una fusione tra i due organismi storici del tennis, Nick Kyrgios rispondeva seraficamente: “sì”. Ma Billie Jean King dava a King Roger ben altra risposta, aggiungendo di “desiderare fortemente questa unione sin dagli anni 70: un organismo solo, una voce sola”.
Forse ora i tempi sono davvero maturi.