Coco Gauff subito dopo il quarto di finale-lampo vinto 6-0 6-2 con Jelena Ostapenko parla liberamente del match, delle possibili rivali in semifinale e dei suoi progressi, soprattutto dal punto di vista mentale. Senza dimenticare… la nonna.
D: un’ora e otto minuti di partita, hai dominato il primo set. Cosa ti sei detta prima di iniziare il secondo parziale?
Gauff: “che cominciava un’altra partita, che 6-0 non significava nulla. In realtà sono sorpresa per com’è andato il match”.
D: vorrei sapere da te se, guardando la tua avversaria, hai registrato una sua frustrazione nei confronti del caldo e delle condizioni in generale o piuttosto in merito alla sua incapacità di colpire la pallina come è in grado di fare.
Gauff: “sì, mi sono accorta che lei non aveva il consueto timing. Lei però è una giocatrice particolare: in Australia mi era capitato di strapparle la battuta e di perdere poi il primo set. Così quando ho fatto il break mi sono detta che non dovevo mollare la presa. Non so se il caldo è stato un fattore decisivo perché il match è stato abbastanza breve. Sinceramente penso che se fosse stato più lungo le condizioni ambientali avrebbero ulteriormente aiutato me piuttosto che lei. In ogni caso Jelena non è stata sicuramente contenta della sua prestazione”.
D: sei in semifinale come lo scorso anno a Parigi: da quella esperienza che cosa hai imparato in termini di gestione delle emozioni e delle energie che ti potrà aiutare nel prosieguo del torneo?
Gauff: “dal punto di vista mentale intendo comportarmi come se il torneo durasse ancora due settimane. Ci sono ancora due partite per arrivare fino in fondo, ma per me è come se fossi all’inizio. I tornei sul cemento americano mi hanno dato una grande fiducia, mi sento fisicamente e mentalmente pronta. Mi sento fresca da ogni punto di vista, mentre nell’esperienza precedente di cui tu hai parlato le emozioni mi avevano prosciugato. Ecco, questo è il progresso più importante e di cui vado più fiera”.
D: come descriveresti il ruolo dei tuoi genitori considerando i cambiamenti avvenuti nella tua squadra? Che cosa è cambiato dopo l’inserimento di nuove persone nello staff?
Gauff: “i miei genitori continuano ad avere un ruolo speciale, nel senso che spiegano agli elementi della squadra che non mi conoscono chi sia veramente Coco Gauff, cosa funzioni con lei e cosa no. Mio padre mi supporta inviandomi gli scout della partita, mentre mia mamma è soprattutto… mia mamma. Certo, ovviamente anche mio padre, al di là degli scout, ricopre il ruolo soprattutto di padre”.
D: sei la prima teenager americana in semifinale dal 2001. Allora fu una certa Serena Williams: che effetto ti fa?
Gauff: “è incredibile. Serena è la più grande di tutti i tempi e io chiaramente sono ben lontana dai risultati che ha raggiunto, ma vedere il mio nome accostato al suo nella stessa frase mi fa andare fuori di testa. Cerco di non pensarci per non perdere il contatto con la realtà”.
D: hai raggiunto dei grandi risultati e nello stesso tempo mostri di divertirti di più e sei più aperta con la folla. Te ne sei resa conto?
Gauff: “sì. In uno sport individuale come il nostro io devo ricoprire il ruolo di quella superconcentrata che vince le partite e nello stesso tempo essere la persona che sorride e allenta la pressione. La prima cosa che Brad Gilbert mi ha detto è stata: “devi sorridere di più””.
D: puoi descriverci come si arriva a costruire una buona resistenza mentale?
Gauff: “ognuno effettua il proprio percorso. È chiaro che l’esperienza gioca un ruolo fondamentale: la pressione c’è sempre durante un grande torneo e arrivare in fondo più volte ti aiuta a costruire la fiducia in te stessa e a gestire quei tipi di momento”.
D: come immagini la semifinale, prima con una e poi con l’altra possibile avversaria?
Gauff: “con Karolina Muchova ho giocato a Cincinnati e lei era un po’ stanca. Qui ci sarà il giorno di riposo quindi non devo tenere conto di quella partita. Con Sorana Cirstea ho giocato mi sembra un paio d’anni fa, quindi non farà molto testo”.
D: tua nonna è una tifosa molto speciale. Che cosa ti ha insegnato? Che cosa hai preso da lei?
Gauff: “Tantissimo. Lei è stata la prima donna di colore nella sua scuola e questo è accaduto circa sei mesi dopo Ruby Bridges (la prima bambina di colore a entrare in una classe di soli alunni bianchi, nel 1960 n.d.r.). Quindi ha dovuto affrontare le ingiustizie più tipiche di quei tempi. Il suo essere sempre alla mano con tutti, non importa da quale ambiente arrivino, è una cosa che mi dà una incredibile ispirazione”.
D: hai detto di essere riuscita a trovare la gioia di giocare alleggerendo la pressione sulle tue spalle. In tante ci provano, tu come ci sei riuscita così presto?
Gauff: “il segreto è porre le cose nella giusta prospettiva. Prima avevo pensieri negativi del tipo “è dura tenere questo ritmo” oppure “la pressione è troppa”. In realtà devo pensare che sono pagata per fare quello che amo fare e che tutti mi supportano in questo. Sono fortunata se penso a quante persone vorrebbero essere al mio posto e quante persone faticano ad arrivare a fine mese, a pagare le bollette o a mettere insieme il pranzo con la cena”.