Il 3-0 patito con il Canada non può non far discutere. Poche storie, è stata una debacle. Capisco Volandri che per difendere i propri giocatori, proprio come fanno gli allenatori di calcio dopo una risciacquata, dica abbastanza banalmente “Sono orgoglioso dei miei ragazzi…hanno dato tutto!”. Ma che voleva che facessero? Che nemmeno lo dessero? Che si impegnassero poco?
Ok, sono cose che si dicono. Però a chi le ascolta vien da far le spallucce.
Purtroppo, sono stati tutti maledettamente sotto alle loro possibilità, questo è chiaro. E questo, sfumando, si poteva dirlo. Si è preferito darlo per scontato.
Ma il capitano che li ha visti giocare in questi giorni è rimasto sorpreso quanto noi che non li abbiamo visti?
Non sarebbe un bel segno, in prospettiva. Per anni, abituato a scelte anche coraggiose di capitan Panatta (ricordate Pesaro con Camporese schierato vs Moya? Ma anche Canè in certe situazioni…), ho mosso critiche a capitan Barazzutti quando schierava la formazione in base alle classifiche ATP, senza quasi mai mostrare particolare fantasia creativa, alias strategica.
Volandri è fresco di capitanato. E il primo compito di un capitano di personalità è non sbagliare nella selezione dei giocatori. Il secondo compito sta nell’attivare un buon rapporto, schietto, sia con i giocatori che convoca sia con quelli che non convoca. Soprattutto se prima li convoca e poi non li convoca più.
Ma prima di addentrarmi su questo spinoso argomento che mi provocherà tanti più nemici quanto più sarò chiaro nell’esprimere quel che penso senza fare sconti a nessuno, credo opportuno fare un’altra premessa.
Non mi pare che sia mai successo, neppure in questo recente, discusso e discutibile format della Coppa Davis, che in un team del World Group scendessero in campo due singolaristi classificati oltre il 150mo (centocinquantesimo) posto, come Galarneau n.200 e Diallo n.158.
Tantomeno credo che sia mai successo che entrambi abbiano vinto senza perdere un set. E uno dei due senza concedere neppure uno straccio di palla break a un avversario, Musetti, top-20 da un bel po’.
Tutto ciò mi fa ritenere che il 3-0 subito dall’Italia con il Canada sia di gran lunga la nostra peggior disfatta di sempre. Tipo quella del nostro calcio azzurro con la Corea a Middlesbrough nel ’66, prima di quella “manciniana” con la Macedonia in tempi più recenti.
Oggi perfino la per solito “timorata” Gazzetta ha dedicato una intera pagina a Jannik Sinner e ai suoi cinque “gran rifiuti” al momento di vestire la maglia azzurra. Sotto a un titolo “Non si fa così” e a un occhiello “Sinner e Nazionale, un amore mai nato che danneggia tutti”.
In un colonnino sulla destra della pagina sono elencati i cinque no di Sinner alla maglia azzurra. Riassunti sono: 1) Davis 2019, rinuncia alle finali, 2) Davis 2020, rinuncia ai playoff. 3) Tokyo 2021, rinuncia alle Olimpiadi, 4) Davis 2022, rinuncia alle finali. 5) Davis 2023, rinuncia al Girone di Bologna.
Al centro pagina della rosea c’è l’articolo scritto da Riccardo Crivelli, cui non auguro di subire le conseguenze negative che ha spesso patito il sottoscritto per alcune prese di posizioni chiare ed esplicite: chissà se il management di Sinner negherà alla Gazzetta future “esclusive”. Probabilmente no, perché la Gazzetta – per suoi meriti e fortuna – ha un potere forte che ha sempre consentito a tutti i suoi corrispondenti di ottenere –anche dall’ATP – interviste che ai comuni mortali di testate meno potenti non sono mai concesse. Beati loro. Che invidia.
Crivelli ha però, se non altro, il vantaggio di sapere che quasi certamente anche il presidente FITP Binaghi la pensa come lui su Sinner e i suoi no.
Solo che Binaghi non può permettersi di dirlo.
Sinner è e resta pur sempre, quali che siano le sue posizioni”politiche”, il n.1 italiano, il giocatore più importante oggi e – per chissà quanti anni interi – anche un top-ten e magari (auguriamocelo) pure top-five. La FITP non ha nessun interesse a urtarcisi, anche se non ha certo gradito l’atteggiamento e le scelte di Jannik e del suo clan.
Piuttosto pare che le esternazioni di Binaghi, il quale due giorni prima dell’ultimo no di Sinner lo aveva battezzato come “il grande esempio che tutti i tennisti italiani dovrebbero seguire, nelle scelte tecniche e di vita che fa” non siano troppo piaciute a Matteo Berrettini che in qualche modo si è sentito tirato in causa come esempio… meno da seguire.
È più facile, eventualmente, fare la voce forte e mostrarsi critici con i giocatori più deboli. Così come con le testate meno forti.
Oggi alla luce di quanto accaduto a New York e di quanto visto ieri si ha la netta sensazione che dei tre giocatori disponibili a giocare il singolare, Matteo Arnaldi fosse il più in forma. Ma sarà vero? Manca la controprova bolognese: ha giocato solo il doppio. E non male pur essendo poco pratico della specialità.
Contro il Cile è quasi certo che giocherà il singolare.
Volandri, che aveva lasciato New York ancora prima degli incontri degli ottavi di finale Zverev-Sinner e Alcaraz-Arnaldi, una decina di giorni fa (circa) ha modificato le convocazioni per tre quinti: Sonego al posto di Berrettini, Arnaldi al posto di Sinner, Vavassori al posto di Fognini. Alcune sostituzioni erano obbligate. Quella di Fognini…. secondo alcuni è stata una scelta tecnica, secondo altri una scelta politica.
Ma perché si insinua possa essere stata una scelta politica dettata dall’alto? Riferisco voci di corridoio: a fungere da coach a Fognini recentemente è tornato Corrado Barazzutti e Barazzutti da fine anno scorso non è più ben visto dalla FITP.
Corrado avrebbe anche l’ardire – dopo aver fortemente litigato con il clan federale a seguito della sua mancata conferma a capitano di Coppa Davis (e aver minacciato di far causa alla FIT)) – di pensare mesi fa di potersi presentare come candidato alternativo a Angelo Binaghi per la presidenza federale del prossimo quadriennio.
Ancora non ha ufficializzato la sua scelta (che personalmente considero perdente: un conto è gestire un giocatore o una squadra, un altro una federazione con 180 milioni di fatturato…). Comunque, Binaghi non ha certo gradito. Più è solo quando si candida, meglio sta. Arrivare a 28 anni di presidenza dovrebbe essere uno scherzo.
Che fosse una legittima scelta tecnica di Volandri – ormai da mesi è Vavassori a far coppia con Bolelli e quindi poteva avere senso anche se il leader carismatico del duo è sempre stato Fognini– oppure altro, fatto sta che a giudicare dalla prima reazione di Fognini… (e del padre di Fabio), quella di Volandri è stata una scelta che avrebbe trascurato di informare debitamente un giocatore che in Davis ha effettivamente sempre dato tutto e di più. Un po’ di attenzione supplementare la meritava. Il che non vuole dire che dovesse essere selezionato per forza. Un capitano ha diritto di scegliere chi vuole. Indovinando come sbagliando.
E il Fabio snobbato e trascurato, infatti, si è parecchio risentito, come avrete saputo.
Fabio non poteva immaginare che per l’appunto Vavassori si sarebbe infortunato e, risentendosi pubblicamente per la scelta del capitano, ha compromesso le sue chances di venire convocato una volta che Vavassori, sabato scorso, si è fatto male.
Volandri non aveva gradito lo sfogo di Fognini, ovviamente. E allora pur sapendo della sopraggiunta indisponibilità di Vavassori non l’ha convocato.
E qui ha sbagliato. Non è senno di poi. Fra un giocatore che non può giocare e uno che può giocare si sceglie il secondo fino a che si è in tempo, dimenticando le querelle personali nel frattempo insorte.
Soprattutto se poi sei costretto a far esordire in azzurro, improvvisando, un giocatore che non è mai stato un doppista.
Molti – e quello invece può essere senno di poi – pensano che Fognini avrebbe dovuto essere convocato a prescindere.
Vuoi per i suoi trascorsi “patrioti”, vuoi per un talento che anche quando la sua condizione si è indubbiamente appannata, è probabilmente in grado di fronteggiare a sufficienza le riserve canadesi e di batterle. Soprattutto in doppio. Forse anche in singolo, nonostante i risultati certamente deludenti di questo 2023. Non foss’altro che per una questione di diversa personalità.
Dopo che Volandri ha giustificato la propria scelta, facendo capire che disapprovava la condotta e gli inadeguati allenamenti di Fognini…ecco però che il giorno dopo Binaghi ha raccontato di aver parlato con Fognini e che “tutto è stato chiarito e sistemato”. Quasi una mini-smentita nei confronti di un Volandri ancora capitano sub iudice. Mah…
È diffusa sensazione anche che i nostri tennisti non avessero molta idea (neppur minima?) di come giocassero i loro avversari. Non li avevano mai visti. Ma al giorno d’oggi se si vuole studiare un po’ le caratteristiche dei tennisti n.158 e n.200 qualche vecchio filmato, qualche streaming si riesce a scovarlo. Ieri a nome dei nostri Musetti ha detto: “Non li abbiamo sottovalutati ma non li conoscevamo. Ci hanno sorpresi”
Purtroppo, Sonego ha dimostrato di soffrire più i match nei quali è favorito, o strafavorito, che quelli in cui ce lo si aspetta perdente. E Musetti su campi veloci come questo bolognese appare in grossa difficoltà.
“Il campo è così veloce che sembra di essere sul ghiaccio! È molto ma molto più veloce dell’anno scorso. Io ho nella risposta il mio miglior colpo…non esiste che io non riesca a conquistare neppure una palla break” ha detto Elias Ymer, sconfitto 6-3,6-4 da Diallo che palle break non aveva concesso neppure a Musetti.
Al che io gli ho chiesto subito come la vedesse nell’ultimo match di domenica contro l’Italia visto che – sebbene potrebbe essere decisivo per la qualificazione a Malaga – “Anche Musetti e Sonego non amano questa superficie”…
E lui: “Ma la superficie l’avete scelta voi!”
E io: “Infatti l’abbiamo sbagliata!”.
E lui: “Forse credevate di giocare con Berrettini e Sinner…”. E sorride. E per strappargli un sorriso vi assicuro che ce ne vuole.
È probabile che sia andata proprio così.
Non c’è stato il tempo per studiare il modo di rallentare il campo per un “terraiolo” come Musetti, anche se Berrettini ha perso a New York ormai più di due settimane fa. Sinner 10 giorni fa…ma il campo era già così. Vero però che quello dell’allenamento – l’ha detto Diallo – “È un po’ più lento, non tanto, ma un po’. L’altro giorno abbiamo giocato un paio d’ore (con Shapovalov?) e nessuno ha mai perso il servizio!”
D’altra parte, sul ghiaccio i canadesi si trovano notoriamente a casa loro, come in Paradiso.
Chissà, forse qualcosina si poteva fare. I padroni di casa hanno il vantaggio di scegliere la superfice. Noi stavolta non ce lo siamo giocato bene.
Che Berrettini non ci sarebbe stato lo sappiamo da più di due settimane. Sinner invece solo da 10 giorni. Forse troppo tardi per studiare qualche sistema per allentare la superficie.
Contro il Cile e Jarry per Musetti – se giocherà lui come qui si tende a dare per scontato – sarà dura, molto dura. Per chi giocherà contro Garin (Arnaldi, sospetto…) vedremo.
La verità è che dopo quanto visto questo mercoledì …l’ideale sarebbe “richiamare d’urgenza… l’ambulanza Sinner” – lo so che non si può! – perché se si dovesse scommettere oggi sulla resa sicura di Musetti o Sonego non si saprebbe da quale parte cominciare.
Ecco, qui ci vorrebbe un capitano che capisse davvero su quale “cavallo” puntare, classifica e non classifica – abbiamo visto quanto contano le classifiche, no? – per aver visto in allenamento i nostri, per aver controllato chi abbia gli occhi di tigre, per aver fatto un minimo di video analisi sugli avversari cileni che incontriamo questo venerdì, e non solo i singolaristi Jarry e Garin che li conoscono probabilmente abbastanza bene sia Musetti, sia Sonego, sia Arnaldi, ma anche i due doppisti Tabilo e Barrios Vera che sono quasi certo invece che conosciamo pochissimo. E chi giocherà il doppio farebbe bene a studiarseli un po’, perché il doppio può rivelarsi decisivo.