Dalle stalle alle stelle, dall’Inferno al Paradiso? Sembrano luoghi comuni, ma in 72 ore, quando sono state rovesciate in modo rocambolesco non una ma tre partite con il Cile, siamo passati da una quasi certa bruciante eliminazione ad una qualificazione per le finali a 8 nazioni di Malaga dove – assenti Spagna, Stati Uniti e Russia – potremmo teoricamente conquistare addirittura la seconda Coppa Davis della nostra storia.
Il sorteggio sarà fatto martedì. Al momento non sappiamo in quale metà del tabellone capiterà l’Italia, ma sappiamo che nei quarti ci può capitare l’Olanda di Griekspoor e Van de Zandschulp o la Gran Bretagna di Murray ed Evans.
Squadre battibilissime per raggiungere le semifinali se saremo in grado di schierare i nostri migliori tennisti, il “figliol prodigo” Sinner in primis, Berrettini in secundis. Poi, certo, ci sarebbe la Serbia di Novak Djokovic in semifinale.
Insomma, credo che a due mesi di distanza da Malaga, se la Davis la si giocasse oggi, credo che la Serbia sarebbe la favorita per via del “mostro” Djokovic e della “bestia nera” dei nostri Djere (senza dimenticare Lajovic che, anche lui ama darci dispiaceri quando può).
Ma… insomma, quando si ascoltano le telecronache tennistiche di questi tempi i vocaboli più abusati sono “incredibile” e “pazzesco”…(insieme all’espressione “spesso e volentieri” anche quando il volentieri non ha alcun senso, ma viene detto comunque), ma devo confessare che qui a Bologna l’uso anche da parte mia di quei vocaboli mi sembra abbastanza giustificato.
Il giorno più…banale è stato certamente l’ultimo, non quello dello 0-3 con il Canada, non quello del 3-0 con il Cile. La Svezia era davvero poca cosa. Perderci una, due, tre partite non era possibile neppure in questa settimana…incredibile e pazzesca!
Leo Borg non ha demeritato contro Arnaldi, ma alla fine ha perso così come aveva perso le altre partite. E’ migliore del suo ranking, 334, ma del padre ha solo il cognome e il passaporto. E Matteo Arnaldi non poteva bagnare meglio il suo esordio che vincendo i due singolari in cui è stato impegnato, rimontando Garin e tenendo a bada Borg junior pur subendo un break nel terzo gioco che tradiva la sua comprensibile tensione.
Noi italiani siamo passionali per antonomasia, così come gli scandinavi – sarà pure uno stereotipo – vengono definiti …freddi.
E allora io mi chiedo come avremmo reagito noi con la nostra passionalità se ci fosse capitato quel che è accaduto al tennis svedese negli ultimi 25 anni.
Prima del ‘98 ultima finale vinta e ultima giocata dagli svedesi, 25 anni fa, la Svezia aveva vinto 7 Coppe Davis (1975, 1984,1985,1987,1994,1997,1998), non una come noi!
E fra l’83 e l’89 aveva giocato sette finali consecutive, vincendone quattro.
La loro ultima Davis l’hanno vinta per l’appunto a Milano 1998 contro l’Italia di Gaudenzi (che si fece male, malissimo, contro Magnus Norman nel set decisivo).
Credo di averle viste tutte, diverse anche commentandole in tv seppur non quella del ’96 a Malmoe quando Stefan Edberg fece il canto del cigno, chiudendo sfortunatamente con un infortunio la sua ultima finale con la Francia. Doppia sfortuna perché quella volta la Svezia ebbe tre matchpoint nel singolare decisivo con la Francia sul 2-2, ma Niklas Kulti finì per perdere con Arnaud Boetsch.
Il contrasto fra i successi svedesi e quelli italiani è stridente.
Non solo per 7 Coppe Davis a 1, ma per 25 Slam a 3: Borg ne vinse 11 (e chissà quanti ne avrebbe vinti se a 26 anni non si fosse stufato dei dirigenti della federtennis internazionale che lo volevano obbligare a giocare troppi tornei quando lui, antesignano dei tempi moderni, avrebbe voluto fare Federer, Nadal e Djokovic e giocare solo i tornei cui teneva, i Majors, qualche Masters 1000…che non si chiamava così), Wilander 7, Edberg 6, Johannson 1. 25 titoli colti in tutti gli Slam, tutte le superfici.
E L’Italia invece solo due di Pietrangeli e uno di Panatta tutti al Roland Garros.
E vogliamo misurare i top-10 svedesi contro quelli italiani?
Beh, 13 svedesi contro 5 italiani nell’Era Open (Più Pietrangeli prima di quell’Era…che sennò si arrabbia! Ma meritava di starci).
E della qualità di quei top-ten vogliamo parlare?
L’Italia ha avuto Panatta, best ranking n.4, Berrettini e Sinner best ranking n.6, Barazzutti n.7, Fognini n.9), la Svezia tre n.1 (Borg, Wilander e Edberg), un n.2 (Norman), tre n.4 (Soderling, Bjorkman e Enqvist, che era qui a Bologna), un n.5 (Jarryd), due n.6 (Sundstrom e Carlsson), due n.7 (Johansson e Nystrom), quattro n.10 (Larsson, Gustafsson, Pernfors e Svensson).
Ma da più di un ventennio (dal 2002 quando Thomas Johansson vinse l’Australian Open) gli svedesi non hanno praticamente più raccattato pallino.
Vi immaginate le polemiche che sarebbero sorte in Italia se fossimo stati vittime di tali continue debacle?
Se ci fossimo trovati a giocare in Davis con giocatori mezzo etiopi e mezzo italiani, così come i due Ymer sono mezzo etiopi e mezzo svedesi, salvo lanciare in squadra un…figlio di Panatta che fosse classificato n.334 del mondo.
Vabbè dai, allora non lamentiamoci. Stiamo molto meglio degli svedesi. Da un quarto di secolo, più o meno.
Ho raccolto, e ne parleremo diffusamente, 37 minuti di conferenza stampa di Angelo Binaghi, che abbiamo registrato sia in video sia in audio, e ne faremo sintesi anche testuale dopo che ne ho accennato sommi capi anche nel video che avete sul sito e su You Tube.
Sono d’accordo con Binaghi– udite udite! – sul fatto che se la Davis deve essere assimilata a un campionato del mondo non si possono usare per essa gli stessi parametri di quanto Dwight Davis andò a far coniare la Coppa che ha preso il suo nome nella celebre gioielleria di Boston Shreve&Low&Crump, anno del Signore 1900.
Se la Davis dovrebbe esaltare la profondità del movimento non può farlo basandosi su uno o due giocatori che da soli possono vincerla. Nel ’75 Borg la vinse praticamente da solo, due singolari ogni volta e il doppio con il gigante Ove Bengtson che era appena n.100 del mondo in singolare (quando il 100 di allora giocava come il 250 di oggi).
Binaghi ha ricordato che Rino Tommasi, come al solito ante litteram, aveva suggerito che ogni duello avrebbe dovuto consistere in 4 singolari e un doppio, ma che quei 4 singolari avrebbero dovuto essere giocati da 4 giocatori diversi. In altre occasioni Rino si era spinto più in là: sei singolari e 3 doppi, impegnando quindi 6-7-8 tennisti diversi.
Però Luca Marianantoni ha trovato dove Rino parlò di come sarebbe dovuta cabiare la Coppa Davis. Non l’ha scritto su uno dei suoi libri, ma sul mio Blog Servizi Vincenti, il padre di Ubitennis!
http://www.blogquotidiani.net/tennis/index574f.html?p=2446
Io sono d’accordo in linea di principio…con Tommasi e Binaghi (mai avrei detto che ci saremmo trovati tutti e tre sulla stessa linea!).
Ma aggiungo che si sarebbe dovuto studiare un regolamento diverso soltanto da applicare per le nazioni facenti parte del World Group.
Perché solo le prime 16 nazioni del mondo –e come abbiamo visto soltanto qui a Bologna con i casi del Canada, del Cile e della Svezia, e senza esaminare le squadre degli altri 3 gironi, purtroppo neppure tutte – possono avere 4 singolaristi “presentabili” televisivamente per una “Davis-WorldCup” che per conquistare sponsor milionari deve poter garantire audience di primissimo livello.
Se si mostrassero partite tipo Galarneau-Ymer (che erano i n.2, non i n.4 delle loro squadre!), ma anche Garin-Borg…ve l’immaginate l’audience televisiva mondiale? Le guarderebbero a fatica anche in Canada, Svezia e Cile!
Le tv vogliono mostrare solo le star, i n.1. Faticano a mostrare i n.2 che giocano fra loro. Figurarsi i n.3 e i n.4 di squadre deboli. Ma anche di quelle forti se …non hanno nomi reboanti.
Però è vero che qualcosa vada fatto. Le federazioni più ricche – l’Italia è fra queste come quelle che sono proprietarie di Slam o Masters 1000 – possono investire per allargare sempre di più la base, ma la Davis la giocano 170 Paesi e 160 fanno fatica a tirar su un giocatore, due giocatori.
Allestire squadre da 6 o 7 tennisti di buon livello teleguardabile per la stragrande maggioranza dei Paesi è dura, durissima, impossibile.
Ma la stessa ATP dovrebbe avere tutto l’interesse – anziché combattere la Davis come hanno tentato di fare anni fa con la creazione del doppione ATP Cup – a creare più “posti di lavoro” e introiti per singolaristi e doppisti.
Avremo modo di riparlarne. Dal 24 al 26 ci sono le elezioni dell’ITF e vedremo se David Haggerty verrà rieletto o prevarrà l’opposizione filo…tedesca (per la quale è schierata l’Italia).
Nel secondo caso è più facile che qualche riforma passi. Anche se alla base ci vogliono, più che le federazioni, i soldi degli sponsor e delle tv.
Intanto rallegriamoci per lo scampato pericolo. E chissà che a Malaga (21-26 novembre), quando la Davis verrà messa in palio e l’Italia sarà fra le squadre favorite, non venga annunciata qualche grossa novità e qualche importante modifica.
La Davis ha bisogno di una nuova cera che le restituisca il prestigio che aveva. E che ha in buona parte purtroppo perso. Fra i giocatori che la disertano, fra i media, fra gli addetti ai lavori che non hanno a cuore la tradizione del nostro sport.