Il tennis come crescita personale e avventura, come capacità di trarre il meglio da ogni sfumatura, prima che semplice vittoria o sconfitta. Questa è la visione di Riccardo Piatti, uno che qualcosa, in questo sport, l’ha vista. Celebre per aver portato sui grandi palcoscenici Jannik Sinner, di averlo scortato come riserva alle ATP Finals, ha seguito tra gli altri anche Djokovic, Gasquet, Sharapova, Ljubicic. E ancora oggi, in un periodo in cui non bazzica più direttamente sul circuito, non lascia spazio a compromessi nelle proprie dichiarazioni, come dimostra un’intervista rilasciata a Lorenzo Ercoli del Corriere dello Sport. “Non capisco le polemiche su chi giochi in Davis“, commenta Piatti in merito ai recenti avvenimenti del tennis azzurro, “l’importante è andare avanti. Mi fanno ridere anche le parole degli ex che non possono mettersi nei panni di chi gioca ai ritmi del tennis odierno, dove c’è meno tempo per migliorare e più rischio di infortuni“.
Polemiche sterili anche perché, come rimarca il 64enne di Como, le frecce all’arco tricolore non sono poche: “Come abbiamo visto negli ultimi due anni l’Italia ha tanti cambi e un grande potenziale, a prescindere da chi giochi. L’importante è che la squadra vada avanti e vinca, una volta toccherà ad uno ed una volta ad un altro. Per me è chiaro che questi ragazzi siano tutti italiani, tutti patriottici e che rispettino la maglia azzurra. Gli atleti si trovano davanti situazioni non sempre semplici. I vecchi giocatori non giocavano con i ritmi frenetici di oggi, non hanno neanche l’abilità di porsi certe problematiche“.
Questo è certamente dovuto anche a un calendario decisamente più impegnativo rispetto a 25/30 anni fa: “Negli anni ’90 partecipavano anche a 30 tornei, ora se ne giocano meno ma nell’arco di quasi dodici mesi. Le pause erano importanti perché un giocatore a fine ottobre smetteva e sapeva che per due mesi non avrebbe pensato al tennis. Adesso è più difficile perché bisogna trovare questi momenti durante la stagione, ma se uno va in vacanza dopo Wimbledon nella testa ha già gli US Open“.
“Sinner e Alcaraz hanno saltato la Davis perché pensano alla loro sopravvivenza“, puntualizza Piatti a proposito delle rumorose rinunce alla nazionale dei due giovanotti, ricondotte alla trasferta asiatica da molti, “non perché pensano all’Asia, è una cosa ben diversa. Ci saranno momenti della carriera dove si sentiranno pronti per giocare la Davis e altri dove non lo saranno. L’Italia per me non deve avere paura perché ha una squadra con tanti giocatori“. E, rimanendo sull’ambito dei talenti del domani, non manca il suo pensiero sulle critiche che piovono sui vari Sinner, Rune, Alcaraz e altri giovani in rampa di lancio al minimo passo falso: “Chi boccia un giocatore lo fa più per ignoranza che per altro. Chi conosce la costruzione di un giocatore è consapevole delle tappe necessarie. Quando seguivo Djokovic, ricordo un Australian Open dove sia lui che Murray persero al primo turno. Li attaccarono dicendo che non ci fossero dei ricambi validi, ma direi che a posteriori entrambi sono stati ottimi ricambi“.
Parole di esperienza, di chi da decenni vive costantemente il tennis e tanti ne ha visti passare, tanti cadere, tanti emergere. In una posizione, quella di coach, che è in evoluzione costante, così come tutto il movimento tennistico. E non può mancare, a chiudere, il parere di Piatti proprio su questo aspetto: “Essendo l’allenatore prendo io le decisioni tecniche, tattiche e strategiche finché non si è più d’accordo e le strade si devono separare. Naturalmente c’è un dialogo, ma se un giocatore mi paga è per sentire ciò che io penso e in linea di massima seguirmi. Nella mia carriera ho portato al Masters Ljubicic, Raonic, Gasquet e Sinner per un totale di sei partecipazioni. Condurre un tennista in top 10 vuol dire conoscere un certo percorso e per questo mi sento sicuro“.