L’ultimo incontro giocato da Matteo Berrettini rimane quello di secondo turno contro Arthur Rinderknech allo US Open, quando l’ex numero 6 del mondo si lesionò un legamento della caviglia e fu costretto al ritiro sotto di un set e un break. Avremmo dovuto rivederlo all’opera in quel di Stoccolma, ma la settimana scorsa è arrivata la notizia del forfait al BNP Paribas Nordic Open, così le sue più recenti apparizioni rimangono quelle sulla panchina azzurra sostenere i compagni in Coppa Davis e alla settimana della moda di Milano.
A Flushing Meadows è stato l’undicesimo infortunio in tre anni per Matteo, il quarto nel 2023. Il problema al polpaccio destro ad Acapulco a inizio marzo (ritiro nei quarti contro Rune) ha indubbiamente influito sulle sue prestazioni successive: sconfitte all’esordio a Indian Wells e Miami, separate da un deludente quarto di finale a Phoenix. È poi toccato agli addominali a Monte Carlo (forfait prima del match con Rune) che lo hanno tenuto fuori due mesi, fino al rientro chiaramente precoce a Stoccarda. Di nuovo addominali, dunque, la causa della rinuncia all’ATP 500 del Queen’s.
Una stagione indiscutibilmente infelice, ma non del tutto priva di soddisfazioni quando il nostro è stato in grado di giocare in buone condizioni fisiche. Come i tre successi nei primi tre incontri in United Cup, tra cui quelli con Ruud e Hurkacz (a cui sono seguite le sconfitte “tirate” con Tsitsipas, poi finalista a Melbourne, e Fritz). E gli ottavi a Wimbledon – insperati a dir poco, dopo quella sconfitta sull’erba tedesca con Sonego –, battendo anche de Minaur e Zverev prima di strappare un set al futuro campione Alcaraz.
Il ventisettenne romano sembrava proprio sul punto di ritrovarsi in vista dell’ultima parte di stagione e, per quanto le (dichiarate) preferite superfici dure siano dietro a erba e terra per percentuali di vittorie, pareva lecito attendersi un paio di zampate. Invece, la caviglia si è messa (letteralmente) di traverso e il bilancio ATP recita 12 vittorie e 11 sconfitte. Bilancio finale?
Perché viene naturale domandarsi quando tornerà a disputare un torneo, il Berretto, considerando anche la sua attuale classifica di n. 63 ATP (è oltre il 60° posto dal lunedì successivo allo Slam newyorchese) che non gli garantisce l’ammissione diretta a tutti i tornei, anzi.
Nella mattinata di giovedì è arrivata la conferma del forfait di Matteo dall’ATP 500 di Vienna, che succede a quello dal 250 di Stoccolma. La settimana successiva, a partire quindi dal 30 ottobre, sarà la volta dell’ultimo Masters 1000 dell’anno, Parigi-Bercy. Lì torna valido il discorso sulla classifica per cui Matteo è troppo indietro per entrare direttamente nel tabellone principale e non risulta iscritto nella lista degli alternate.
Resta poi lo slot che conclude la regular season con gli ATP 250 di Metz e Sofia. Piccola parentesi, una settimana dopo che il nome della capitale bulgara era trapelato in sostituzione di Tel Aviv, l’ATP ne ha dato conferma ufficiale. Nell’entry list francese, Berrettini è al momento fuori di otto posti; è invece il quinto in attesa a Sofia. Considerato il forfait da Vienna, non pare troppo sensato aspettarsi che rientri solo l’ultima settimana della stagione, anche nel caso riuscisse ad accedere direttamente a uno dei due main draw e a maggior ragione se fosse costretto alle qualificazioni.
Ci vengono in mente solo un paio di (deboli) motivi per giocare Metz o Sofia. Questa settimana a Matteo escono i 150 punti della finale di Napoli di un anno fa persa contro Lorenzo Musetti (ultimo incontro di singolare giocato, un problema al piede era comparso in semifinale) e potrebbe voler tentare di limitare i danni, vale a dire le circa 25 posizioni in meno che avrà lunedì prossimo. Sembra però poco verosimile, soprattutto senza il rischio concreto di uscire dal “taglio” dell’Australian Open.
Inoltre, un mese fa dichiarava che “il pensiero di poter giocare a Malaga è una motivazione in più”, implicitamente ponendosi come obiettivo le Finali di Coppa Davis. Quindi, potrebbe andare per esempio a Sofia come test per non arrivare completamente digiuno in Andalusia. Un’altra ipotesi davvero forzata per motivi anche tra loro… contraddittori. Innanzitutto, non avrebbe senso schierare un giocatore che è rimasto fuori per mezza stagione, compresi gli ultimi due mesi, tranne che per quegli eventuali, pochissimi match novembrini. D’altronde è anche vero che alle Finali del 2022 Filippo Volandri lo aveva fatto scendere in campo totalmente fuori condizione – insomma, inutile prepararsi, giochi lo stesso. Ovviamente il capitano non ripeterà l’errore che è costato l’accesso in finale e per cui è stato ampiamente criticato. Lasciando da parte l’ironia, quest’anno l’Italia può contare anche su quel Matteo Arnaldi che ha salvato la squadra dopo lo 0-3 con i canadesi.
In conclusione, la possibilità che Matteo rientri nel Tour solo in Australia ci appare tutt’altro che remota e, nel caso, una scelta largamente condivisibile. Se poi dovesse smentirci a suon di martellate (sul campo), saremmo i primi a rallegrarcene.