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Durante l’era Meiji, quella di Kawasaki fu la terra su cui, per la prima volta nella storia del Giappone, un treno avanzò inesorabile verso la modernità. Un considerevole numero di anni dopo, non troppo distante dal luogo in cui Shintaro Mochizuki, classe 2003, è nato e cresciuto, il torneo di Tokyo ospita la storia di un vero propheta in patria.
Dal 2020, anno del suo approdo al mondo del professionismo, Shintaro ha provato otto volte a vincere una partita sul circuito maggiore. Qualche mese fa, si è addirittura qualificato per il main draw di Wimbledon, il suo primo slam in carriera. Era destino che dovesse fallire tutte e otto le volte, e invece trovare la gloria, da wild card, nella capitale dell’Impero.
Mentiremmo se dicessimo che la carriera del giapponese è stata fin qui avara di soddisfazioni. A livello juniores, perlomeno, il curriculum del ragazzo è di primissimo livello. Il 2019 è stato l’anno della consacrazione: una semifinale al Roland Garros, qualche settimana dopo il trionfo a Wimbledon; insieme ad esso, il numero uno del mondo; e a concludere in bellezza l’annata, il successo collettivo in Coppa Davis Junior.
Fra Covid e aspettative, l’inizio da pro è stato fin da subito in salita: ancora all’inizio di questo, Shintaro rimaneva impantanato nella terra rossa di Tenerife, sconfitto prima dal nostro Arnaldi, e poi da Passaro, in due tornei organizzati consecutivamente nella città argentina. Ad essi è seguito però il primo successo challenger, proprio in Italia, a Barletta. Per aggiudicarsi il titolo, Mochizuki ha eliminato l’argentino Rodriguez Taverna in due set.
L’Argentina, non c’è dubbio, ricopre un ruolo simbolico importante in queste prime fasi della sua carriera: albiceleste era anche Thomas Martin Etcheverry, l’avversario di primo turno a Tokyo. Shintaro ha fatto il suo ingresso nel tabellone con una wild card, e ha ripagato organizzatori e pubblico con un’ottima prestazione, seguita dalle lacrime finali: è la prima vittoria in un main draw. Shintaro ha un best ranking di 197, che da lunedì diverrà (almeno) 129.
Niente a che vedere col numero dieci ATP, Taylor Fritz. Eppure l’americano, numero uno del seeding e campione in carica a Tokyo, si è fatto rimontare dal giovane giapponese in dramatic fashion, come dicono gli anglofoni. L’uomo di Santa Fe ha vinto 6-0 il primo parziale; poi, ha subito la rimonta del suo avversario, che fra instancabili rincorse e qualche spettacolarità ha chiuso al tiebreak del terzo. E la storia non finisce qui: Shintaro ha vinto anche il suo match di quarti di finale, contro l’australiano Alexei Popyrin. Ormai, il Centrale di Tokyo lo accoglie in campo con un boato, gioisce, trema e si emoziona con lui. “È incredibile. Le mie aspettative erano di venire qui e provare a vincere un match. Non posso credere di averne vinti tre. (Con Karatsev) sarà una partita su ritmi sostenuti, lui sa colpire forte e io dovrò ancora una volta correre molto. Ma sarò pronto”.
Per un exploit così inaspettato di un giapponese a Tokyo bisogna forse tornare indietro al 2006 e a quel Suzuki che mise in seria difficoltà il Roger Federer migliore di sempre. E mentre la luce abbagliante di Kei Nishikori si spegne lentamente ma inesorabilmente, il Sol Levante accoglie un nuovo, interessante prospetto: la semifinale con Karatsev è una bella chance per salire al volo sul treno (di Kawasaki) della gloria.